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Legge 104, l’abuso dei permessi può portare al licenziamento?
Fernando Prado da Pixabay

Spesso ci si chiede se l’abuso dei permessi per legge 104 può portare al licenziamento. Facciamo un po’ di chiarezza e scopriamo anche in quali casi il datore di lavoro può effettuare controlli sui propri dipendenti anche lontano dall’ufficio e dall’orario di lavoro.

Legge 104

La legge 104, del febbraio 1992, è stata introdotta per assicurare adeguato sostegno, sia all’individuo disabile, sia ai familiari che in molti casi sono chiamati a prendersi cura di loro. Interviene in ogni ambito, dalla famiglia al mondo del lavoro, dai trasporti alle infrastrutture e ancora dall’ambito sanitario a quello sportivo, passando per il fondamentale ambito dell’istruzione e della ricerca scolastica e universitaria.

Permessi legge 104

I permessi per legge 104 stabiliscono che si possa accedere a permesso di astenersi dal lavoro che sia retribuito sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta e coperto anche ai fini pensionistici da contribuzione figurativa. Possono usufruire dei permessi legge 104 sia i disabili che i familiari del disabile in situazione di gravità o i parenti fino al secondo grado.

Abuso legge 104

Innanzitutto, è bene chiarire quali attività sono consentite e quali configurano un abuso dei permessi per legge 104 da parte del lavoratore dipendente. Anche se, come è ovvio, durante i giorni di permesso dal lavoro bisogna dedicarsi alla cura del familiare, non è richiesta prestazione lungo tutto l’arco della giornata.

La giurisprudenza ha ritenuto compatibile con i permessi 104 lo svolgimento di commissioni personali di breve durata e di carattere essenziale. Ma, in ogni caso, la legge impone che quando si fruisce di un permesso per legge 104, il lavoratore debba impiegare gran parte della giornata ad assistere il disabile, soprattutto nelle ore in cui il dipendente avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa.

È ritenuto abuso del permesso per legge 104, quindi, svolgere un secondo lavoro, rimanere a casa per riposarsi, andare al mare, fare attività sportiva ecc., mentre è consentito svolgere alcune commissioni personali di breve durata come ad esempio fare la spesa, andare in farmacia o accompagnare i figli a scuola.

Per la giurisprudenza il dipendente che, con i suoi comportamenti, metta in atto un abuso del permesso per legge 104 viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Inps, vero erogatore della retribuzione nei giorni di assenza dal lavoro.

L’abuso dei permessi per legge 104 può comportare il licenziamento per giusta causa. Secondo la Cassazione, infatti, tale comportamento del dipendente lede irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro dando origine a un valido motivo per interrompere in tronco il rapporto di lavoro. Basta, pertanto, anche un solo episodio per giustificare il licenziamento, non essendo necessario un comportamento reiterato.

Non solo, l’abuso dei permessi per legge 104 è, di fatto, una truffa ai danni dell’Inps, considerato che le giornate di permesso vengono comunque retribuite (la paga viene anticipata dal datore di lavoro che poi la recupera dall’Inps). Si tratta di un reato procedibile d’ufficio, per cui non è necessaria la segnalazione dell’azienda.

Come è previsto per i giorni di malattia, anche per i permessi 104, il datore di lavoro può eseguire controlli sui dipendenti tramite investigatori privati anche al di fuori dell’orario di lavoro e nelle ore dedicate al riposo, senza timore che ciò integri una lesione della privacy.

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