L'indennità di malattia può essere pagata dall'INPS, dal datore del lavoro o addirittura non corrisposta: ecco per quali ragioni.
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Chi paga la malattia: INPS o datore di lavoro
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Chi paga la malattia: l’INPS o il datore di lavoro? È una delle domande che, con una certa frequenza, i lavoratori si pongono per capire chi debba corrispondere la relativa indennità. In linea generale, è il datore di lavoro ad anticipare la malattia, ricevendo poi un rimborso da parte dell’INPS. Di norma, l’istituto previdenziale si occupa di erogare un’indennità per le giornate feriali comprese nel periodo di malattia, escluse però le domeniche e le festività nazionali. Tuttavia, una porzione dell’indennità potrebbe rimanere a carico del datore, a seconda degli accordi sottoscritti dal contratto collettivo.


Chi paga la malattia, il datore di lavoro o l’INPS

Così come previsto dall’articolo 2110 del Codice Civile, il lavoratore ha diritto non solo a mantenere il suo posto di lavoro in caso di malattia, ma anche a ottenere un congruo trattamento economico durante la sua assenza. Ma chi paga la malattia del lavoratore privato, il datore di lavoro oppure l’INPS?

Non è immediato rispondere a questa domanda, poiché vi possono essere diverse configurazioni, a seconda della tipologia di lavoro e dell’eventuale contratto collettivo presente. Di norma, ci possono essere tre situazioni differenti:

  • il pagamento a carico dell’INPS;
  • il pagamento a carico del datore di lavoro;
  • il pagamento da entrambi.

Quando la malattia viene pagata direttamente dall’INPS

In caso di necessità da parte di un lavoratore dipendente, l’INPS interviene direttamente con l’indennità di malattia, così come previsto dalla Legge 88/1989 che dai successivi interventi normativi, come il Decreto Legislativo 151/2001. 

Malattia del lavoratore
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L’INPS si occupa di specifiche categorie di lavoratori, come ad esempio:

  • operai dell’industria;
  • impiegati agricoli;
  • apprendisti;
  • lavoratori dello spettacolo, in presenza di precisi requisiti.

Ma come viene pagata la malattia? In linea generale, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale riconosce una Retribuzione Media Giornaliera (RMG), sulla base dei compensi percepiti dal lavoratore. I primi tre giorni di malattia, detti periodo di carenza, non sono coperti dall’INPS. In questo periodo, la retribuzione è solitamente a carico del datore di lavoro, come stabilito da quasi tutti i Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro (CCNL). Dal quarto giorno, l’INPS invece garantisce:

  • il 50% della RMG, dal quarto al ventesimo giorno;
  • il 66,66% della RMG, dal giorno 21 al giorno 180.

È innanzitutto necessario sapere che, superati i 180 giorni, l’INPS non eroga più l’indennità di malattia. Nonostante questo, il lavoratore potrebbe mantenere il diritto alla conservazione del posto del lavoro, se non è stato superato il periodo di comporto stabilito dal CCNL. In caso di superamento, il datore di lavoro può eventualmente procedere al licenziamento. Dopodiché, sorge una più che legittima domanda: la retribuzione non viene pagata per intero?

La malattia viene pagata al 100% solo in determinate condizioni. Come si è già spiegato, l’INPS provvede a rimborsare una quota della retribuzione del lavoratori, pari appunto al 50% o al 66,66% della Retribuzione Media Giornaliera. Tuttavia, alcuni contratti collettivi prevedono l’obbligo di integrazione da parte del datore di lavoro, che dovrà quindi coprire la porzione residua non gestita direttamente dall’INPS. In molti casi, ciò può essere sufficiente per raggiungere la completezza della retribuzione originaria.

Quando la malattia viene pagata direttamente dal datore di lavoro

In alcuni casi, e sempre in relazione ai contratti collettivi sottoscritti, l’indennità non viene corrisposta dall’INPS ma direttamente dal datore di lavoro. Ad esempio, in caso di malattia degli impiegati dell’industria, chi paga?

L’esempio degli impiegati del settore industriale è quello a cui si ricorre più di frequente, per spiegare queste specifiche casistiche. In virtù dei contratti collettivi speciali - ad esempio, per il settore manifatturiero, energetico o delle costruzioni - la malattia è spesso a completo carico del datore di lavoro, senza alcun intervento da parte dell’INPS. 

Quando la malattia non viene pagata

Naturalmente, è utile anche ricordare l’esistenza di una lunga schiera di lavoratori che, per diverse ragioni, non vengono gestiti direttamente dall’INPS o, ancora, non hanno diritto al riconoscimento dell’indennità di malattia. 

Sono normalmente esclusi dalla copertura INPS:

  • i lavoratori iscritti a casse previdenziali diverse dall’INPS;
  • dirigenti, fatta eccezione per diverse disposizioni contrattuali;
  • lavoratori autonomi, fatta eccezione per coloro che sono iscritti alla Gestione Separata dell’INPS che, in alcuni casi, potrebbero aver diritto a un’indennità specifica.

Proprio per i lavoratori, è necessario ricordare che - a meno di specifiche e rare disponibilità da parte della Gestione Separata di appartenenza - la malattia non è retribuita né dal datore di lavoro, cioè il committente o il cliente, né dall’Istituto di Previdenza.

Quanto costa al datore di lavoro la malattia del dipendente

Dopo aver visto chi paga, in caso di malattia, tra datore di lavoro e INPS, è utile anche domandarsi quanto costi allo stesso datore l’eventuale indennità da riconoscere al dipendente. 

Spese mediche e indennità di malattia
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Fatta eccezione per quei casi in cui è proprio il datore di lavoro a farsi carico di tutti i costi, come per i già citati impiegati del settore industriale, di norma bisogna considerare:

  • i primi tre giorni del periodo di carenza, sempre a carico del datore;
  • l’eventuale onere di integrazione, se previsto, attraverso il quale il datore di lavoro copre la porzione residua non coperta dall’INPS;
  • gli obblighi contributivi, poiché non vengono interrotti durante il periodo di assenza del dipendente;
  • costi di gestione amministrativi e organizzativi della malattia.

A titolo esemplificativo, per un dipendente con RMG di 50 euro - all’incirca 1.500 euro al mese - e una malattia che si protrae per 30 giorni lavorativi:

  • l'INPS eroga, dal quarto al ventesimo giorno, il 50% della RMG, quindi circa 425 euro;
  • dal giorno 21 al giorno 30, invece, l’INPS eroga il 66,66% della RMG, quindi circa 333 euro;
  • il datore di lavoro si fa carico dei primi tre giorni e, ipotizzando un onere integrativo fino al 100% stabilito dal CCNL, la porzione non coperta dall’INPS, per un totale di 742 euro circa.

Come facile intuire, non è possibile fornire riferimenti più precisi, poiché molto dipende dal tipo di contratto sottoscritto e dalla situazione personale dello stesso lavoratore, ad esempio se appartenente a categorie protette.

Chi rimborsa la malattia al datore di lavoro

Ma chi provvedere a rimborsare la malattia al datore di lavoro, nei casi in cui gli oneri non sono interamente a suo carico? Di norma, quando è necessario versare un’indennità di questo tipo al lavoratore:

  • il datore versa in anticipo la retribuzione prevista per legge allo stesso dipendente;
  • l’INPS procede al rimborso verso il datore di lavoro, in base alle quote di propria competenza.

Di conseguenza, il datore di lavoro non riceverà mai il rimborso dell’intero costo sostenuto per l’indennità di malattia, bensì solo la percentuale di competenza dell’INPS. La porzione rimanente rimarrà comunque a suo carico.

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