Nel 2023, secondo Istat, il tasso di occupazione tra i 15–64enni in Italia è salito al 61,5 %, in aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al 2022. Contemporaneamente, il tasso di disoccupazione è sceso dal 8,2 % al 7,8 % (-0,4 punti) e il tasso di inattività (sempre nella fascia 15–64 anni) è calato da 34,5 % a 33,3 % (-1,2 punti).
L’aumento dell’occupazione è risultato particolarmente marcato per le famiglie delle fasce di reddito più basse: nel primo quinto di reddito, il tasso di occupazione è cresciuto di +2,7 punti; nel secondo e terzo quinto la crescita è stata di +2,1 punti. Questo indica che il recupero del mercato del lavoro ha avuto un impatto rilevante tra i più vulnerabili economicamente.
Guardando alla distribuzione geografica, tutte le macro-aree mostrano miglioramenti: al Mezzogiorno il tasso di occupazione nel 2023 è risultato 48,2 %, comunque in crescita rispetto al 2022; segnali di miglioramento anche per Nord-est e Centro. Spiccano aumenti forti nel Nord-est per il quinto più povero (+5,6 punti) e al Centro (+3,9 punti).
Per i giovani 25–34 anni l’occupazione ha raggiunto il 68,1 % nel 2023, +2 punti rispetto all’anno precedente; l’incremento arriva fino a +5 punti per i giovani appartenenti al quinto di reddito più basso. Anche per la fascia 55–64 anni si osserva un aumento di +2,3 punti, con punte più alte per alcune classi di reddito.
Permangono però forti disparità: la differenza di genere è marcata soprattutto nelle fasce di reddito più basso — per esempio, nel secondo quinto di reddito gli uomini hanno un tasso di occupazione del 66,2 %, contro il 38,7 % delle donne. Anche il livello di istruzione gioca un ruolo cruciale: fra chi ha titolo universitario il tasso di occupazione è sensibilmente più alto rispetto a chi ha istruzione minima, sia nei quinti bassi che in quelli alti.
Dal punto di vista del tipo di lavoro, nel 2023 la quota di dipendenti a tempo indeterminato è aumentata: nel quinto più ricco arriva al 57,3 %. Al contrario, i lavoratori a termine e gli autonomi senza dipendenti sono più presenti nelle classi reddituali intermedie o basse, segnalando una certa polarizzazione nelle modalità contrattuali.
Infine, secondo l’analisi integrata di Istat — che combina dati sulle retribuzioni familiari con quelli occupazionali — il miglioramento nel 2023 conferma un recupero del mercato del lavoro dopo la crisi causata dalla pandemia, ma evidenzia chiaramente disuguaglianze persistenti legate a reddito, genere, istruzione e area geografica.
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