La cassa integrazione non è una condizione sufficiente per negare un mutuo, purché vi sia una sufficiente stabilità reddituale.
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Mutuo in cassa integrazione
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Per chi vuole coronare il sogno di acquistare un immobile, pur trovandosi in un periodo di difficoltà lavorativa, è più che lecito domandarsi se sia possibile chiedere un mutuo in cassa integrazione. In linea generale, un periodo di stop lavorativo supportato da un ammortizzatore sociale - come proprio la cassa integrazione -  non è una condizione sufficiente per negare l’erogazione di un finanziamento. Tuttavia, molto dipende dalle condizioni offerte dalla banca: per questo, è utile procedere preventivamente per trovare il mutuo migliore per le proprie esigenze.

Si può chiedere un mutuo in cassa integrazione

Così come già accennato in apertura, di per sé la condizione di cassa integrazione non è ostativa all’ottenimento di un mutuo. Questo perché, a differenza di un periodo di disoccupazione, un cassaintegrato potrebbe comunque dimostrare una certa stabilità reddituale. Tuttavia, l’effettiva approvazione di un prestito immobiliare potrebbe essere più difficile del normale, poiché ovviamente l’istituto di credito dovrà eseguire verifiche di fattibilità maggiori.

I fattori che influenzano l’approvazione del mutuo

Ma come ottenere un mutuo in cassa integrazione? Sebbene questa condizione non sia sufficiente per negare l’approvazione di un mutuo, la banca potrebbe condurre verifiche di fattibilità più certosine, così come già spiegato.

Innanzitutto, a influenzare maggiormente l’erogazione del mutuo è il tipo di cassa integrazione a cui si è sottoposti:

  • la cassa integrazione ordinaria (CIGO), spesso legata a situazioni temporanee di crisi aziendale, non è generalmente vista come estremamente negativa ai fini dell’ottenimento del finanziamento. Le probabilità che il dipendente torni al più presto al lavoro, con una piena retribuzione, sono infatti mediamente favorevoli;
  • la cassa integrazione straordinaria (CIGS), invece, potrebbe essere legata a problemi strutturali dell’azienda per cui si lavora e, di conseguenza, potrebbe aumentare il rischio d’insolvenza per la banca, qualora il richiedente perdesse definitivamente la propria occupazione.
Documenti per il mutuo in cassa integrazione
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Fatta questa considerazione, l’istituto di credito provvederà a eseguire delle ulteriori verifiche, come ad esempio:

  • la situazione reddituale e patrimoniale del richiedente, che anche in cassa integrazione dovrà avere fondi sufficienti per pagare il mutuo. Generalmente, le banche prevedono che le rate non superino il 30-35% del reddito mensile, in questo caso calcolato in base alle entrate effettive da cassa integrazione e non allo stipendio pieno in condizioni normali;
  • l’affidabilità creditizia dello stesso richiedente, il quale si troverà in una posizione migliore in assenza di altri finanziamenti in corso o senza debiti pregressi insoluti;
  • l’eventuale presenza di garanzie aggiuntive, come un immobile ipotecabile, un’assicurazione oppure un garante, che potrebbero far fronte a periodi lavorativi complessi permettendo comunque il pagamento delle rate.

In più, la banca potrebbe valutare la solidità dell’azienda, per comprendere se quella della cassa integrazione sia soltanto una necessità temporanea o, al contrario, preludio a un possibile licenziamento. Naturalmente, come qualsiasi altra richiesta di finanziamento, verranno anche verificate le condizioni dell’immobile e l’effettiva compatibilità tra l’importo richiesto e il valore dello stesso immobile.

Ancora, chi si trova in una condizione di cassa integrazione ha maggiori possibilità se dispone di fondi pregressi da investire nell’acquisto dell’immobile: più si riduce il Loan To Value - ovvero il rapporto tra il valore dell’immobile e l’importo richiesto - maggiori sono le possibilità di approvazione.

Le alternative al mutuo in cassa integrazione

Una delle domande più rivolte a commercialisti e consulenti finanziari, da coloro che si trovano in situazioni lavorative complesse, è di certo: “se sono in cassa integrazione, posso ottenere un prestito?”. Come già visto, la risposta a questa domanda è positiva, tuttavia vi potrebbe essere un’alternativa non presa in debita considerazione dal lavoratore.

È la cessione del quinto, un prestito personale per dipendenti con contratto a tempo indeterminato, dove le rate sono trattenute direttamente dallo stipendio, per un massimo del 20% del netto. È un’opzione che può essere considerata per ottenere liquidità, ma è generalmente più accessibile dopo il rientro al lavoro effettivo o se la banca ritiene stabile la situazione lavorativa, poiché la trattenuta avviene appunto sullo stipendio, che in cassa integrazione rimane comunque ridotto. Inoltre, un limite è legato alla durata:

  • la cessione del quinto è prevista per prestiti generalmente tra 24 e 120 mesi, quindi fra due e dieci anni;
  • la durata media è generalmente dettata dall’importo richiesto, dal reddito del richiedente e dall’età massima al momento del saldo finale.

Cosa fare se si è già titolari di un mutuo

Per coloro che invece hanno già acceso un finanziamento immobiliare, e si sono ritrovati loro malgrado in cassa integrazione, una soluzione valida è rappresentata dalla rinegoziazione del mutuo con la propria banca, al fine di ottenere condizioni più sostenibili. In alternativa, si può valutare la surroga del mutuo: si potrà così trasferire il finanziamento a un istituto di credito che prevede condizioni migliori, anche se questa opzione potrebbe essere più complessa in cassa integrazione, poiché sempre soggetta a valutazione creditizia da parte della banca di approdo.

Ancora, si può valutare anche la sospensione del mutuo per cassa integrazione. Il Fondo di Solidarietà per i Mutui per l’Acquisto della Prima Casa gestito dal Consap - noto anche come Fondo Gasparrini - permette di sospendere l’intera rata per un massimo complessivo di 18 mesi, anche in più tranche, in presenza di gravi motivazioni, come l’ingresso in cassa integrazione per almeno 30 giorni consecutivi. La richiesta va presentata alla banca con moduli ufficiali Consap.

Sospensione del mutuo in cassa integrazione
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Per accedere al Fondo Gasparrini, è però necessario soddisfare alcuni requisiti:

  • il mutuo deve essere per la prima casa, purché non di lusso: sono quindi esclude le categorie catastali A1, A8 e A9;
  • il capitale residuo del mutuo non deve essere superiore a 250.000 euro;
  • il mutuo non deve essere in mora o con ritardi superiori a 90 giorni;
  • in alcuni casi, l’ISEE del nucleo familiare non deve essere superiore a 30.000 annui.

Quando non viene concesso il mutuo in cassa integrazione

Eppure, può anche succedere che il mutuo non venga comunque concesso in cassa integrazione. Quali sono le condizioni che portano a una mancata erogazione da parte della banca? Di solito, gli istituto di credito rifiutano la richiesta di mutuo quando: 

  • viene rilevata un’instabilità lavorativa, ad esempio perché il richiedente si trova in cassa integrazione straordinaria o, ancora, presenta un reddito discontinuo. Ciò aumenta la probabilità di insolvenza da parte dell’istituto di credito, anche per la possibilità che lo stesso lavoratore venga licenziato;
  • l’importo richiesto comporta una rata non sostenibile da parte del lavoratore in cassa integrazione, perché maggiore al 30/35% del suo stipendio. Come già spiegato, l’istituto di credito valuta lo stipendio da cassa integrazione per effettuare questo calcolo, non l’importo in normali condizioni lavorative;
  • non sono presenti garanzie sufficienti, oltre all’ipoteca sullo stesso immobile, e quindi non si potrà approfittare di tutele aggiuntive per scongiurare l’insolvenza;
  • se il richiedente è segnalato come cattivo pagatore nei database come il CRIF, ad esempio per ritardi nei pagamenti superiori a 120 giorni o per il mancato pagamento di almeno 4 rate mensili, indipendentemente dalla sua condizione lavorativa.

È infine utile sapere che, nelle situazioni di richiesta del mutuo e cambio di lavoro a seguito di un periodo di cassa integrazione, le banche potrebbero richiedere un periodo di stabilità lavorativa - generalmente, 6-12 mesi dall’avvio del nuovo impiego - prima di approvare il finanziamento. Per questo, è sempre utile informarsi preventivamente presso l’istituto di credito prescelto.

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