"Casa, dolce casa". Non esiste espressione migliore per esprimere il sentimento che proviamo per le nostre quattro mura ogni volta che torniamo da un viaggio, da una giornata di lavoro o da una serata fuori. Una sensazione di sicurezza che a volte ci fa sentire al riparo da qualsiasi problema
È difficile ricordare ciò che si è provato quando si è vista per la prima volta la propria casa e forse è qualcosa di cui neppure ci si è accorti, eppure queste emozioni probabilmente ci condizionano per sempre. Cosa succede, dunque, se la nuova casa in cui si va ad abitare ricorda la vecchia?
A porsi domande come queste è stato il gruppo di ricerca dell'università di waterloo (canada), che ha voluto investigare cosa accade nel nostro cervello quando ci troviamo in un determinato luogo. Il team, guidato dal neuroscienziato colin ellard, ha analizzato cosa si prova quando si sceglie e si acquista una nuova casa
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno radunato alcune persone in una palestra vuota dando loro degli occhiali in 3d grazie ai quali poter immergersi in tre diverse potenziali case. Ognuno degli edifici evocava una serie di emozioni molto diverse tra loro
Il primo ambiente, opera del noto architetto frank lloyd wright, era caratterizzato da una sala con camino, camere con soffitti bassi e colori caldi. Tutti elementi che davano una sensazione di sicurezza, comfort e calore. Il secondo ambiente, curato da sarah susanka, era caratterizzato da uno spazio allestito in modo tale che ogni cosa potesse inserirsi alla perfezione in 60 m2. Anche qui susanka aveva utilizzato materiali naturali, come il legno e la pietra. Il terzo ambiente riprendeva la tipica residenza statunitense: l'abitazione in stile "cookie-cutter"
Quando i soggetti in esame mostravano interesse, i ricercatori chiedevano loro quale tipo di sensazione provassero. E in taluni casi le risposte sono state davvero sorprendenti. Ellard ha spiegato: "quando abbiamo domandato in quale parte della case avrebbero voluto fare una determinata cosa, la maggior parte dei partecipanti alla ricerca ha indicato piccoli spazi per prendere decisioni e luoghi aperti per le attività sociali"
E tra le tre diverse opzioni, il 70% degli intervistati non ha esitato ad indicare come prediletta la casa "cookie-cutter". La maggior parte ha spiegato che si trattava della casa più accessibile economicamente, mentre un 12% sostenenva che rappresentava quella che meglio rispecchiava il proprio stile di vita
Lo studio è ancora in corso, ma ellard ipotizza che si possa ottenere lo stesso risultato registrato con un altro esperimento, nel quale al posto delle case sono state prese in considerazione scenari capaci di sucitare determinate emozioni
La psicologia ambientale
In uno dei suoi articoli, ellard ha raccontato cosa gli è successo quando ha visto per la prima volta la casa dove vive oggi. Ha deciso di prenderla subito, ricordando i momenti vissuti nelle altre case e senza pensare troppo ai problemi legati al mutuo. Trascorsi due anni, ha voluto visitare tutte le case in cui aveva vissuto e si è reso conto di quanto erano simili - se non uguali - alla sua prima casa
Questa storia ricalca alla perfezione uno dei campi di studio più curiosi dell'architettura: la psicologia ambientale. Sono diversi gli studi in cui neurologi e architetti hanno verificato che l'ambiente nel quale viviamo influenza il nostro comportamento e il modo in cui prendiamo le nostre decisioni
Al giorno d'oggi ci sono architetti che si consultano con psicologi per realizzare nuovi edifici in base alle emozioni del cliente. È possibile che al momento di scegliere la propria casa ognuno opti per l'abitazione che più di ogni altra rimanda a un passato felice, facendo riemergere piacevoli ricordi. Succede così che quella - e proprio quella - diventa la "casa, dolce casa"
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