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Un buon lavoro, non ancora finito. Questo, in sintesi, il pensiero dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, dopo il protocollo siglato con il governo sulle pensioni, al termine di un tavolo che non riguarda solo la manovra in arrivo, ma il prossimo triennio. Per i sindacati “i 6 miliardi non sono ancora abbastanza”, ma vengono considerati un buon inizio per mettere fine alla penalizzazione di cui sono stati oggetto, affermano, i pensionati negli ultimi anni.

Confermata la sperimentazione biennale dell'Anticipo pensionistico (Ape): chi ha compiuto almeno 63 anni, dunque dista non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento per vecchiaia, potrà lasciare il lavoro anticipatamente su base volontaria. Ciò potrà avvenire solo se l'assegno maturato non sia inferiore a una cifra ancora da stabilire. L'Ape sarà esente da imposte ed erogata in 12 mensilità.

Ancora non è chiaro di quanto verranno tagliati gli assegni per i lavoratori che dovessero scegliere questo strumento. Alcuni calcoli, comprensivi di interessi e assicurazione per il caso di premorienza (per non intaccare i diritti degli eredi), prevedono una decurtazione che potrebbe arrivare al 25 per cento. Si è parlato di un taglio del 6% per ogni anno di anticipo, ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, ha affermato che le percentuali reali saranno più basse di quel che si legge in questi giorni.

Non è definita nemmeno la platea di coloro che potranno accedere all'Ape agevolata. Dovrebbe essere riservata a disoccupati senza ammortizzatori sociali, coloro che hanno esigenze di cura familiare e chi ha svolto lavori pesanti. In questi casi, il protocollo siglato prevede “trasferimenti monetari diretti volti a garantire un reddito ponte interamente a carico dello Stato per un ammontare prefissato”. Ovvero non ci saranno costi per i fruitori.

Infine ci potrà essere anche un accordo tra lavoratori e imprese, perché queste ultime si accollino i costi dell'Ape, versando all’Inps una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro. Il governo si è impegnato anche a definire strumenti fiscali che agevolino l'uscita anticipata per chi abbia un piano di previdenza complementare.

Verrà estesa la quattordicesima a chi ha un reddito personale (complessivo, non solo da pensioni) compreso tra 1,5 e 2 volte il minimo (vale a dire tra 750 e 1.000 euro al mese circa). L'assegno (che viene erogato a luglio e attualmente varia tra i 336 e i 504 a seconda degli anni di contributi versati) sarà aumentato del 30% circa anche per chi lo percepisce già.

Tra le altre misure sulle quali è stato trovato l'accordo, c'è la possibilità di cumulare gratuitamente i periodi di versamenti contributivi presso diverse gestioni, l'equiparazione della no-tax area tra pensionati e lavoratori dipendenti, la semplificazione dell'uscita dal lavoro per chi ha svolto mansioni usuranti (in sette degli ultimi dieci anni, non sarà più necessario che lo abbia fatto anche nell'ultimo).

Se hanno svolto attività faticose o sono disoccupati senza ammortizzatori, inoltre, potranno andare in pensione i “precoci”, categoria nella quale rientrano coloro che hanno 41 anni di contributi, uno dei quali almeno versato (anche non continuativamente) prima di averne compiuti 19.

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