Di lui ricorderemo il bazooka e il “whatever it takes”. Chi è stato, cosa farà ora e cosa lascia in eredità Mario Draghi, presidente uscente della Banca Centrale Europea, che presto lascerà il comando dell’Eurotower a Christine Lagarde.
Consiglio direttivo Bce, misure confermate
L’ultimo consiglio direttivo della Bce non doveva introdurre particolari novità: i tassi sono rimasti invariati (tasso Bce allo 0%, tasso sui depositi a -0,5%), così come il nuovo piano di quantitative easing introdotto nella precedente riunione (20 miliardi mensili), insieme alla risoluzione di prendere tutte le misure necessarie a far risalire l’inflazione per portarla all’auspicato livello del 2% e per far ripartire l’economia europea. Linea, questa, che la nuova governatrice dell’Eurotower, Christine Lagarde, promette di mantenere.
Mario Draghi, chi è e cosa ha fatto
La riunione del 24 ottobre doveva invece servire a dare il saluto a Mario Draghi, dopo otto anni di mandato in cui si è imposto come uomo di polso e coraggio nel mantenere a galla l’economia europea nel periodo più difficile della crisi post-2008 con decisione ma con grande capacità di mantenere il completo accordo all’interno del consiglio direttivo, che ha sempre approvato con larghissima maggioranza ogni misura che ha portato la sua firma. Il tutto nella assoluta convinzione che l’intervento della Bce sia determinante per spingere l’economia dell’Eurozona ma anche per stimolare le politiche dei singoli governi, alle quali Draghi si è sempre raccomandato senza mai indulgere a favoritismi di sorta.
Prima di assumere la guida della Banca Centrale Europea, il 1° novembre 2011, Draghi era stato direttore esecutivo della Banca Mondiale, Direttore generale del Tesoro italiano, vicepresidente di Goldman Sachs per l'Europa e governatore della Banca d'Italia: posizioni di assoluto rilievo che già gli erano valse il soprannome di Super Mario.
Taglio dei tassi, LTRO e QE
Solo 72 ore dopo il suo ingresso alla Bce, le prime misure: il 3 novembre 2011 fu annunciato il taglio dei tassi di interesse dall’1,5 all’1,25% mentre i tassi sui depositi scesero dallo 0,75 allo 0,5% inaugurando una stagione di ribassi che ancora non si è conclusa. A ciò si aggiunse, dopo un ulteriore taglio dei tassi solo un mese dopo, l’annuncio della prima operazione di rifinanziamento a lungo termine a tassi agevolati nota come LTRO, che consentì alle economie europee di rifinanziarsi con un tasso di interesse dell’1% e che si è ripetuta per tre volte in otto anni, proseguendo ora trimestralmente, come da programma, fino al marzo 2021.
Ma la misura più imponente, il vero e proprio bazooka, Mario Draghi l’ha inaugurata il 26 luglio 2012 con le sue celebri parole: “Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough”. Il discorso si riferiva all’eccessivo tasso di interesse sulle obbligazioni di Stato in particolare dei Paesi periferici, che impedivano a tali economie di ripartire mettendo a rischio la tenuta dell’intero sistema dell’Euro. Per questa ragione fu la stessa Bce a farsi acquirente dei titoli di Stato, inaugurando il “Quantitative Easing”, un programma di acquisto obbligazionario che ha iniettato miliardi nel sistema economico europeo costituendo un inedito strumento di sostegno per l’economia.
Inoltre, dal 2014 i tassi sui depositi bancari sono in territorio negativo (ovvero impongono alle banche costi per tenere i fondi stoccati presso la Bce invece che reinvestirli) mentre dal marzo 2016 i tassi di interesse principali sono fermi allo 0%; il tutto ancora per favorire gli investimenti in economia reale e la tenuta della moneta unica anche di fronte ai contraccolpi della crisi e della recessione globale. Il che è la reale eredità di Mario Draghi, nonostante l’obbiettivo di riavvicinare l’inflazione strutturale al 2% non sia stato comunque raggiunto.
La Bce dopo Draghi: cosa accadrà secondo gli esperti
Cosa accadrà, quindi, allo scadere del mandato di Mario Draghi e con l’avvento di Christine Lagarde?
“Nonostante la pubblicazione delle minute dell’ultima riunione abbiano confermato come la decisione di ridurre il Deposity Facility Rate a -0,50%, introducendo nel contempo un nuovo round di QE al ritmo di 20 miliardi di acquisti al mese a partire dalla prossima settimana. sia stata presa a maggioranza, - commenta Vincent Mivelaz, analista di Swissquote - sembrerebbe che un terzo dei diciannove membri, inclusi i banchieri centrali di Francia e Germania che rappresentano i due maggiori Paesi dell’area Euro, abbiano espresso la loro contrarietà. L’ingrossarsi delle file degli oppositori alla politica perseguita dalla Bce di Draghi, la cui legittimità rischia di venire messa in discussione dalla pubblica opinione e dalla politica dei singoli Paesi rappresenta certamente un viatico faticoso per la moneta unica”.
Occorre infatti non dimenticare che, nonostante le decisioni sempre prese all’unanimità, le critiche alla politica di Mario Draghi non si sono risparmiate, soprattutto da parte di Germania, Austria e Francia. Non è quindi escluso che in un prossimo futuro Christine Lagarde possa decidere di mettere fine ad una politica monetaria tanto accomodante, con la spiegazione che questa non sia ormai più determinante per sostenere l’economia
“Sebbene la previsione della fine della politica di stimoli da parte della banca centrale dovrebbe essere un elemento a supporto di un rafforzamento dell’euro, - prosegue Mivelaz, - un ulteriore puntello potrebbe arrivare dall’accelerazione dello stimolo fiscale all’interno del blocco. Pur tuttavia, tale misura sembrerebbe già partire zoppa ad una prima considerazione, considerate le ultime reazioni negative della Commissione al nuovo deficit di bilancio al 2,20% presentato dal Governo italiano e al piano di riduzione fiscale da 9 miliardi avanzato in Francia. Ad ogni qual modo, crediamo che l’entrata in scena di Christine Lagarde possa convincere gli altri leader europei ad adottare politiche più rilassate riguardo le regole di spesa corrente. Sebbene poi ulteriori misure di allentamento monetario non possano essere escluse del tutto, specie guardando il dato inflattivo di settembre (0,80%) ai minimi degli ultimi tre anni e la monotonia dello scenario sullo scacchiere commerciale internazionale, riteniamo che la BCE non avrà molto da offrire”.
“Il pacchetto di misure annunciato a settembre dovrebbe rendere più facili i primi mesi di Christine Lagarde alla guida dell’Istituto, osserva Mohammed Kazmi, portfolio manager e macro strategist di Union Bancaire Privée. - A nostro avviso è improbabile un sell off significativo dei Bund nel breve termine, nonostante i rendimenti negativi, dato che qualsiasi svolta da falco appare lontana e che il nuovo ciclo di acquisti di asset non è ancora iniziato. La politica monetaria sta facendo quello che può per sostenere la crescita. L’economia tedesca però ha davvero bisogno di uno stimolo fiscale adesso. La buona notizia è che c’è un margine di manovra con un debito basso, un surplus fiscale, rendimenti negativi pagati sui prestiti e una popolazione che appare più favorevole alla spesa, soprattutto per i progetti verdi. La domanda è se ci vorrà uno shock di crescita maggiore per innescare uno stimolo più grande. Sull’Italia, invece, le preoccupazioni dell’Ue per la Legge di Bilancio dovrebbero essere molto meno un focus di mercato rispetto al governo precedente”.
“Come previsto, Mario Draghi ha usato il suo ultimo meeting in qualità di presidente della BCE per reiterare l'esigenza di politiche monetarie accomodanti, come quelle annunciate a settembre, al fine di assicurare che l'inflazione possa aggirarsi intorno al target del 2%, - è il commento di Goldman Sachs -. Inoltre continua a richiedere che la politica fiscale giochi un ruolo più attivo nel supportare la crescita, messaggio riportato anche dai policy-maker durante i meeting autunnali del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, con la politica monetaria che viene ritenuta sempre più spesso sufficiente per affrontare le sfide legate alla crescita, come per esempio il protezionismo commerciale. A nostro avviso, la BCE non taglierà nuovamente i tassi nel breve termine; tuttavia riteniamo che la politica monetaria dell’Eurozona sarà accomodante ancora per molto”.
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