La riforma delle pensioni 2023 non può più aspettare. O meglio, non potrebbe più aspettare. Il condizionale è d’obbligo viste le emergenze che si trova a dover fronteggiare il governo Draghi. L’Inps, tuttavia, nel consueto rapporto annuale sul sistema previdenziale italiano ha formulato delle proposte per il superamento della legge Fornero. Ecco le ultime notizie al riguardo.
Fermo restando lo scenario attuale, e quindi in assenza di una riforma delle pensioni, nel 2023 si potrebbe accedere alla pensione anticipata (proprio come accade già oggi) tramite l’opzione contributiva, riservata a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996.
Si tratta di una misura per la pensione anticipata che permette di uscire dal mondo del lavoro a 64 anni e con 20 anni di contributi, ma solo nei casi in cui l’assegno risulti pari o superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale. La proposta dell’Inps, contenuta nel rapporto annuale, è quella di scendere a 2,2 volte tale importo, in modo tale da ampliarne la platea dei beneficiari.
Secondo le ultime notizie sulla riforma delle pensioni, l’Inps suggerirebbe al governo anche di inserire ulteriori misure per consentire l’accesso alla pensione anticipata anche a chi rientra nel calcolo misto dell’assegno pensionistico perché ha iniziato a lavorare prima del 1º gennaio 1996.
La prima ipotesi, infatti, prevedrebbe un’uscita dal mondo del lavoro a 64 anni e con almeno 35 anni di contributi, a condizione di aver maturato un importo della pensione pari almeno a 2,2 volte l’importo dell’assegno sociale (circa 1.030 euro mensili). Importo che, tuttavia, bisognerà raggiungere con il ricalcolo della pensione interamente con il metodo contributivo.
La seconda ipotesi formulata dall’Inps, invece, riguarda l’uscita a 64 anni di età e 35 di contributi, sempre a patto che l’assegno pensionistico risulti pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale, ma accettando un ricalcolo della quota retributiva della pensione (ridotta di un fattore “pari al rapporto tra il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età di uscita e il coefficiente relativo all’età della vecchiaia”).
Cosa significa? Per ogni anno di anticipo di uscita dal lavoro scatterebbe un taglio del 3% della quota retributiva. Considerando che l’anticipo sarebbe di tre anni (si uscirebbe a 64 anni invece che a 67) si configurerebbe un taglio del 9%.
Ma c’è anche una terza via. Ovvero la pensione anticipata a 63 anni di età con 20 anni di contributi, con una parte di pensione calcolata con il contributivo almeno superiore a 1,2 volte l’assegno sociale (quindi circa 562 euro). Una volta raggiunta la pensione, il contribuente percepirebbe solo la quota contributiva della pensione, mentre l’altra, calcolata secondo le regole dettate dal retributivo, verrebbe liquidata al raggiungimento dei 67 anni.
Per Ape sociale e opzione donna, infine, dovrebbe scattare quasi sicuramente la proroga anche per il 2023.
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