A Milano un operaio può permettersi solo una casa di 12 metri quadri. La cifra impressiona, ma è il riscontro oggettivo della ricerca promossa dal Consorzio Cooperative Lavoratori e svolta da Massimo Bricocoli e Marco Peverini del Politecnico di Milano: l’Osservatorio Casa Abbordabile. Dati che vanno presi in attenta considerazione dall’amministrazione pubblica del capoluogo lombardo che, se si pone come faro urbanistico d’Italia e come modello di città europea, dovrebbe fare in modo che tale modello non finisca per collassare. Il dibattito svoltosi a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, in presenza degli assessori Maran e Tancredi come di esponenti di Assolombarda, nonché dei curatori dell’Osservatorio, hanno messo in luce i problemi che si frappongono tra Milano e il suo essere città che accoglie e cresce, rischiando di diventare città che esclude.
Cosa significa casa abbordabile
Il focus del rapporto, da cui oggettivamente si deduce un problema che non è solo questione di numeri ma ha importanti riflessi sociali, è il rapporto tra costo del metro quadro (sia in affitto che in vendita) a Milano e reddito percepito dai suoi abitanti. Definita “abbordabile” la casa le cui spese (tra rata del mutuo o canone di affitto e altre spese di mantenimenti) non eccedono il 30 per cento del reddito – criterio adottato convenzionalmente per stabilire se una spesa sia sostenibile o meno- l’Osservatorio stila la lista di quanti metri quadri si possano permettere gli abitanti di Milano, a seconda del mestiere svolto e della zona in cui desiderano abitare. Scoprendo che tali metri quadri sono talmente pochi che non è da stupirsi se i professionisti milanesi sceglieranno, come già stanno facendo, di allontanarsi dalla città, svuotandola di quel tessuto economico e sociale che è il segreto della grandezza del Capoluogo. Perché il problema non è più appannaggio solo dei lavoratori tradizionalmente meno retribuiti, ma anche di professionisti qualificati, cosiddetti key workers, quali infermieri, medici, insegnanti, che scoprono sempre maggiori difficoltà a restare a vivere a Milano.
Case a Milano, edilizia residenziale pubblica insufficiente
“Da un lato, - si legge nella ricerca, - si assiste al fenomeno preoccupante di chi va in crisi con i pagamenti: secondo i dati rilasciati dall’Ufficio centrale di Statistica del Ministero dell’Interno, nei sette anni dal 2015 al 2022 nel comune di Milano sono stati emessi provvedimenti di sfratto di 10.040 nuclei familiari (in media circa 1.255 l’anno), l’87% dei quali per morosità”. Un fenomeno che si argina con l’edilizia residenziale pubblica, ovvero con l’offerta di alloggi a prezzi abbordabili sia in termini di case “popolari”, sia in termini di housing sociale, pensato per chi non ha i requisiti di indigenza per chiedere un alloggio popolare ma allo stesso tempo non percepisce un reddito abbastanza alto da permettersi i prezzi di mercato.
Tuttavia, secondo l’osservatorio, è un dato di fatto la riduzione progressiva del numero di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Dal 2015 al 2021 nel comune di Milano sono stati richiesti permessi di costruire da enti pubblici per soli 196 alloggi, pari all’1,1% del totale dei permessi richiesti. Allo stesso tempo, lo stock di alloggi pubblici nel comune di Milano si è ridotto di circa 25.000 alloggi, considerando l’attuale consistenza di circa 59.000 alloggi. L’offerta di alloggi pubblici (il numero di alloggi pubblici messi a disposizione) è quindi largamente inferiore alla domanda espressa: nel 2022 sono state presentate domande da 36.946 nuclei familiari a fronte di 1.523 alloggi messi in avviso e di 1.297 alloggi assegnati, di cui 322 a nuclei “indigenti". Si tratta di numeri largamente inferiori alla effettiva domanda di alloggi – per non parlare del bisogno, che include nuclei e individui in precarietà abitativa che non sono in condizione di fare domanda per l’alloggio pubblico.
Comprare o affittare casa a Milano, valori in crescita
Per quanto riguarda in generale il mercato immobiliare milanese, i nuovi contratti di locazione annualmente registrati crescono da 40.165 nel 2015 a 55.830 nel 2021, ma è una crescita prevalentemente legata a contratti transitori (da uno a tre anni) e con una quota molto bassa dei contratti a canone concordato e agevolato studenti. I nuovi contratti, inoltre, si caratterizzano per una significativa crescita dei canoni di locazione. Il canone medio registrato da OMI è cresciuto da 129,6€/mq annuo nel 2015 a 173,4€/mq annuo nel 2022 (+33,8%).
Per quanto riguarda le compravendite, dal 2015 c’è una ripresa con numeri superiori alla fase pre-crisi finanziaria che vede una crescita significativa del mercato delle compravendite nel comune centrale. Di questi acquisti è significativo segnalare che ben il 40 per cento avvengono senza ausilio di mutuo, impiegando quindi un capitale proprio o di famiglia.
Per quanto riguarda invece le nuove costruzioni, dal 2015 al 2021 sono stati emessi permessi di costruire per 17.607 alloggi raggiungendo nel 2019 il picco decennale con 3.451 permessi rilasciati in un anno. Nel periodo, ben l’89,9% dei permessi di costruire per alloggi a Milano di sono stati emessi in favore di soggetti privati e solo 1.577 fanno capo a cooperative di abitazione (9,0%), mentre, come si diceva, solo 196, pari all’1,1% del totale dei permessi rilasciati, è a favore di Enti Pubblici ed è essenzialmente da riferire ad alcune operazioni di demolizione-ricostruzione e ad alcuni interventi di ampliamento del patrimonio già esistente.
Sul fronte della retribuzione, si scopre che il 70 per cento dei milanesi possiede la propria casa, in linea con la media nazionale, ma a livello di redditi percepiti parliamo di un 57% dei contribuenti milanesi che dichiara un reddito lordo inferiore a 26.000€ l’anno e di un 34% che dichiara un reddito lordo addirittura inferiore a 15.000 € l’anno. Nel periodo 2015-2021, la retribuzione media dei milanesi è cresciuta dell’8,46%, ma per i lavoratori con qualifica più bassa (operai) la crescita è stata solo del 3,11%.Numeri ben lontani dall’essere al passo con l’aumento dei prezzi delle case; nel periodo 2015-2021 i prezzi medi delle abitazioni sono infatti cresciuti del 41%, gli affitti medi del 22%, mentre il reddito medio è cresciuto del 12% e la retribuzione media del 13% (con una tendenza ad una polarizzazione crescente).
Questione abitativa a Milano: quali soluzioni dalla pubblica amministrazione
Quanto sopra dipinge un quadro allarmante per molti aspetti, poiché, se è vero che fuori dal centro città e per le famiglie con più di un reddito la situazione potrebbe essere meno grave, per gran parte della popolazione milanese il problema di potersi permettere una casa “decente” resta, e va di pari passo con il fenomeno delle “case da incubo” a prezzi stellari, proposte a studenti e giovani lavoratori, ma non solo.
Il rischio è che Milano, da città storicamente inclusiva, diventi una città che prende più di quel che dà, “sfruttando” il lavoro delle persone per poi mandarle via quando si tratta di abitare, creando una esclusività legata ai costi insostenibili della vita. Uno scenario che non va bene nemmeno al tessuto industriale, secondo Emanuela Curtoni di Assolombarda, in quanto alla crescita economica serve stabilità, e una situazione potenzialmente esplosiva dal punto di vista sociale come la polarizzazione dei redditi e, di conseguenza, delle possibilità abitative non è per nulla auspicabile.
Gli assessori Pierfrancesco Maran e Giancarlo Tancredi, dal canto loro, portano il punto di vista dell’amministrazione pubblica, estremamente preoccupata da questa situazione. “Se rispetto a dieci anni fa gli under 35 a Milano sono aumentati del 15 per cento, mentre fuori Milano la quota è rimasta praticamente invariata, significa che la voglia di vivere in città c’è da parte dei giovani”, segnala Maran. “Il punto è che esiste un gap importante tra domanda abitativa e offerta, e che l’offerta abitativa deve essere tale da permettere di ospitare i giovani non solo durante il loro periodo formativo, ma anche successivamente”. In questo senso vanno le misure del Comune, dalla limitazione alla locazione turistica per liberare abitazioni residenziali all’alleanza tra costruttori e pubblica amministrazione. “E’ positivo che gli affitti siano stati inclusi tra i fringe benefit detraibili, - commenta Maran, - ma si potrebbe fare molto di più, ad esempio con un fondo per il sostegno all’abitare. Vedremo a cosa condurrà il Piano Casa annunciato dal Governo, ma non possiamo aspettare le decisioni del Governo per agire, dobbiamo intanto fare quello che possiamo con le nostre risorse”.
Quel che la pubblica amministrazione meneghina pensa di realizzare va nella direzione dell’aumento della quota di edilizia residenziale pubblica nelle aree di nuova costruzione. “Su 6-7mila permessi a costruire annui a Milano, destinare il 10 per cento all’ERP è del tutto insufficiente”, segnala Tancredi. “Ma anche le capacità costruttive purtroppo sono limitate. Occorre quindi incrementare le costruzioni almeno a 1500-2000 alloggi annui per rispondere al fabbisogno abitativo. Nelle aree immobiliari da ristrutturare di proprietà del Comune, la quota di Erp potrà salire invece anche al 50 per cento”.
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