
Per i lavoratori che hanno sottoscritto un finanziamento immobiliare, o progettano di richiederlo a breve, le modifiche occupazionali non devono essere sottovalutate. Ad esempio, la banca può procedere alla revoca del mutuo per cambio di lavoro? In linea generale, questa condizione non è sufficiente per determinare la chiusura dell’accordo, a meno che non determini un grave inadempimento contrattuale o, ancora, una riduzione delle garanzie offerte.
Per contro, un recente cambio di lavoro può influire sulla richiesta di un nuovo finanziamento, per questo è utile avvalersi di strumenti online per trovare il mutuo migliore per le proprie esigenze.
Quando la banca può revocare il mutuo
In primo luogo, è utile comprendere quali siano i casi che permettono alla banca di annullare un finanziamento. Il processo di revoca del mutuo è regolato da precise disposizioni, in particolare dall’articolo 40 del D.Lgs. 385/1993, ovvero il Testo Unico Bancario. Nel dettaglio, l’articolo specifica che l’istituto di credito ha il diritto di risolvere il contratto:
- in caso di mancato pagamento delle rate;
- per pagamenti in ritardo di almeno sette rate, anche non consecutive, tra i 30 e i 180 giorni dalla scadenza;
- in presenza di singole rate insolute oltre a 180 giorni dalla scadenza, indipendentemente dallo stato dei precedenti pagamenti.
Vi sono però altre casistiche, che permettono di procedere alla revoca del contratto di finanziamento. Più nel dettaglio:
- quando sono previste clausole risolutive all’interno del contratto, sottoscritte sia dal mutuatario che dall’istituto di credito, ai sensi dell’articolo 1456 del Codice Civile. Ad esempio, il contratto può prevedere il diritto di risoluzione in presenza di dichiarazioni false o mendaci: se il mutuatario omette di possedere altri immobili, allo scopo di ottenere un finanziamento agevolato, la banca può far valere la clausola risolutiva;
- quando si verificano inadempienze gravi, come il mancato rispetto delle condizioni sottoscritte relative alle garanzie ipotecarie. È il caso di un mutuatario che autonomamente annulla l’assicurazione sull’immobile, accettata dalla banca come garanzia per il finanziamento;
- quando il mutuo è già stato classificato “in sofferenza”, ad esempio per irregolarità nei pagamenti del mutuatario, e si evidenziano degli elementi di insolvenza irreversibile.
Appare quindi evidente che, continuando a corrispondere le rate ed evitando ritardi continuativi nel tempo, il semplice cambio di lavoro non è una condizione sufficiente per vedersi revocato il mutuo. È bene però sapere che, in base all’articolo 1186 del Codice Civile, la revoca può comportare la perdita del beneficio: la banca può esigere l’immediato pagamento dell’intero debito.
L’opposizione alla revoca del mutuo
Qualora la banca decidesse di procedere alla risoluzione del contratto, il mutuatario ha comunque facoltà di opposizione alla revoca del mutuo, in base a quanto previsto dagli articoli 1453 e 1456 del Codice Civile. Può inviare una contestazione alla banca, ad esempio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC, e, se necessario, avviare un’azione legale.

È però necessario dimostrare delle motivazione valide per l’opposizione, quali:
- l’assenza di inadempimenti gravi che giustificano la revoca, come ad esempio il corretto pagamento delle rate o, ancora, ritardi sotto le soglie precedentemente elencate;
- la presenza di vizi procedurali, come ad esempio irregolarità nella comunicazione.
A questo scopo, è utile avvalersi di un avvocato specializzato o di un’associazione dei consumatori per valutare l’effettiva fondatezza della revoca.
Le conseguenze sul mutuo delle modifiche occupazionali
Definiti in quali casi la banca possa procedere alla revoca del contratto, è necessario chiedersi quali siano le effettive conseguenze delle modifiche occupazionali. In altre parole, come influisce un cambio di lavoro su un mutuo già esistente?
Cosa succede se cambio lavoro con il mutuo
Come già spiegato, se si cambia lavoro con un mutuo in corso, la banca non ha il diritto immediato di revocare il finanziamento, purché si continui a corrispondere regolarmente le rate. Nonostante questo, bisogna prendere in considerazione anche l’eventualità di controlli dopo la delibera del mutuo. La banca deve infatti verificare che la nuova posizione lavorativa:
- garantisca la continuità delle condizioni di affidabilità creditizia;
- non comporti una significativa riduzione del reddito, che potrebbe alterare la capacità di rimborso.
Anche in questi casi, la revoca del mutuo non è una conseguenza immediata. È infatti più probabile che l’istituto di credito proponga una rinegoziazione del piano d’ammortamento, per renderlo compatibile con la nuova situazione reddituale del mutuatario.
Una condizione critica è però rappresentata dal cambio di lavoro prima del rogito: se il mutuo è già stato approvato, ma il rogito non è ancora avvenuto, la banca potrebbe decidere di riesaminare la pratica. Questo perché la nuova posizione lavorativa potrebbe essere meno stabile, o redditizia, di conseguenza potrebbero servire garanzie aggiuntive o, ancora, l’istituto di credito potrebbe revocare la delibera.
Appare perciò evidente che lasciare il lavoro con un mutuo in corso richieda un’attenta pianificazione. Se a ridosso del rogito, è meglio attendere dopo la delibera prima di passare a una nuova occupazione. Invece, se la volontà di cambiar lavoro è successiva alla delibera stessa, è utile prendere in considerazione tutte le opzioni a propria disposizione: ad esempio, si può pensare a una surroga del mutuo, per approfittare di istituti di credito che offrono condizioni più flessibili per rispondere alle più disparate esigenze occupazionali.
Cosa succede al mio mutuo se perdo il lavoro
Quali sono invece le conseguenze, se il mutuatario perde il lavoro con un finanziamento in corso? Anche in questo caso, molto dipende dalla capacità di sostenere le rate, nonostante la condizione di disoccupazione.
Ad esempio, se si verifica un licenziamento dopo la delibera del mutuo, la banca potrebbe decidere di monitorare la situazione nel tempo, attraverso delle verifiche creditizie. Di norma, se le rate continuano a essere pagate - approfittando dei propri risparmi oppure dell’indennità di disoccupazione - non vi sono le condizioni minime per una revoca, così come già visto in base all’articolo 40 del Testo Unico Bancario.
Richiedere un mutuo dopo aver cambiato lavoro
Oltre alle conseguenze su un finanziamento già esistente, è utile indagare anche quanto il cambio di lavoro influenzi la richiesta di un mutuo. Bisogna infatti considerare che una nuova occupazione, soprattutto se iniziata relativamente da poco, potrebbe non garantire quella stabilità reddituale che le banche desiderano per poter accordare il finanziamento. Gli istituti di credito valutano infatti positivamente la continuità occupazionale.
I requisiti necessari dopo il cambio di lavoro
Per richiedere un mutuo dopo un cambio di lavoro, è necessario verificare di essere in possesso dei requisiti di affidabilità creditizia che, di solito, gli istituti di credito desiderano per poter approvare il finanziamento.

Innanzitutto, la banca valuta la tipologia di contratto: i lavori a tempo indeterminato sono preferiti, perché meno rischiosi nel tempo, mentre quelli a termine o autonomi potrebbero richiedere garanzie aggiuntive, come un garante, un cointestatario o un’assicurazione. Dopodiché, gli istituti di credito valutano:
- la continuità reddituale, ovvero la stabilità delle entrate nel tempo nonostante il cambio di lavoro;
- l’entità del reddito, perché solitamente non vengono concessi mutui se la rata pesa più del 30-35% sulle entrate mensili;
- l’assenza di debiti, protesti o finanziamenti insoluti in corso, in base anche a specifici database, come quelli del CRIF;
- la presenza di eventuali garanzie, come già accennato, che potrebbero ridurre il rischio di insolvenza;
- un Loan To Value, cioè il rapporto tra l’importo richiesto e il valore dell’immobile, non superiore all’80%, se non in casi specifici;
- le condizioni dell’immobile, che dovrà essere allineato al valore emerso dalla perizia e conforme dal punto di vista edilizio e urbanistico.
Quanti mesi di lavoro servono per chiedere un mutuo
Proprio in merito alla continuità reddituale, da quanto tempo lavorare per ottenere un mutuo? Non vi sono specifici riferimenti, poiché molto dipende dalla posizione lavorativa, dal reddito complessivo garantito e dalla tipologia di contratto. Nonostante ogni banca possa applicare condizione diverse, in linea generale:
- il periodo di prova - di solito, tra i 60 e 180 giorni - non è considerato sufficiente dalle banche. In questo lasso di tempo, infatti, la probabilità che la posizione lavorativa non venga confermata è elevata;
- per i contratti a tempo indeterminato, il minimo sufficiente è in media di 6-12 mesi escluso il periodo di prova;
- per i contratti determinati, o per i lavoratori autonomi, potrebbero essere necessari anche dai 12 ai 36 mesi.
Data la varietà delle prassi bancarie, il consiglio è quello di chiedere un parere preliminare al proprio istituto di credito e, ancora, valutare le condizioni di più banche diverse. In ogni caso, più è esteso il periodo lavorativo, maggiori sono le probabilità di vedersi approvare il mutuo.
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