Nell’anno del Giubileo, nella Città Eterna, vale la pena riscoprire alcune perle più o meno nascoste. Una di queste è la Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio. Nota anche come la chiesa dei capolavori, è celebre per la statua della Madonna del Parto. Ma non solo. È infatti meta di turisti e pellegrini provenienti da tutto il mondo che desiderano ammirare il ritratto della Madonna di Loreto del Caravaggio e il Profeta Isaia di Raffaello. idealista/news ve la mostra assieme all’architetto Alessandro Mascherucci e alla restauratrice Chiara Scioscia Santoro della Soprintendenza Speciale di Roma.
La genesi della Basilica
La Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio si trova proprio al centro dell'Ansa barocca di Roma fra piazza Navona e piazza del Pantheon, ed è una delle principali basiliche romane, sia per la vetustà della sua costruzione che per il novero delle opere d'arte che contiene. Come ci spiega Alessandro Mascherucci, architetto della Soprintendenza Speciale di Roma, “le soluzioni architettoniche presenti nella Basilica sono il frutto di vicende che difficilmente potrebbero considerarsi unitarie”.
L'inizio della sua costruzione, infatti, risale al 1296, mentre il suo completamento “avviene allo scorcio del Quattrocento, grazie alla munificenza del cardinale Joseph de Ville, importantissimo prelato della corte pontificia che, con importanti elargizioni in denaro, porta a conclusione la fabbrica fra il 1479 e il 1481”.

“In seguito, fra il 1854 e il 1866, fu portata a termine la decorazione dell'interno della Chiesa ad opera dell'importante pittore Pietro Gagliardi, ultimo erede di una scuola romana che si occupò anche della decorazione di altre importanti chiese della città da San Rocco all'oratorio del Caravita a Santa Maria sopra Minerva – spiega Mascherucci - il ciclo pittorico commissionato da Pio IX, che è stato recentemente restaurato dalla Soprintendenza speciale di Roma, raffigura in 14 riquadri altrettanti episodi della vita della Vergine, culminando con il dogma dell'Immacolata Concezione proclamato proprio in quegli anni da Pio IX”.

Le opere all’interno
Passando in rassegna le principali opere che si possono ammirare all’interno della Basilica “Particolare importanza riveste la statua della Madonna del Parto. Già dal suo nome possiamo immaginare di quale culto fosse oggetto la statua. Infatti – spiega Alessandro Mascherucci - nella tradizione romana, alla statua si affidavano le giovani partorienti per auspicare un buon parto. L'importanza della devozione portò Pio VII Chiaramonte a elevare la chiesa al titolo di basilica”.

Pellegrini e turisti di tutto il mondo giungono nella Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio per ammirare diverse opere, ma tra tutte spicca certamente la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. Per questo, abbiamo chiesto ad Alessandro Mascherucci di presentarcela: “È collocata nella prima cappella a sinistra, detta Cappella Cavalletti. in realtà si tratta di una Madonna di Loreto e presenta tutti i caratteri peculiari della rivoluzione caravaggesca, dalle tenebre allo stentato realismo della povertà degli adoratori della Vergine, che in realtà sono i committenti, fino a raffinate citazioni del colorismo veneto”.

“In un ipotetico elenco delle dei capolavori dell'arte presenti in Sant'Agostino – sottolinea Mascherucci - non possiamo dimenticare l'affresco di Raffaello Sanzio che rappresenta il profeta Isaia, collocato in uno dei pilastri della navata centrale che, inizialmente, era racchiuso all'interno di un altare, più tardi smantellato e recentemente restituito nel suo aspetto originario grazie alla munificenza di un importante mecenate americano”.
Nel dettaglio, “l'affresco di Raffaello rappresenta il profeta Isaia e ai suoi piedi è stata ricollocata la statua di Andrea Sansovino, rappresentante Sant'Anna col Bambino e la Vergine. Tale altare fu commissionato nel 1510 dall'importante prelato Gorizia, che volle istituire una ricorrenza per celebrare Sant'Anna, che prevedeva l'affissione sotto la statua da parte degli intellettuali e dei poeti presenti nella corte pontificia, di sonetti e poesie dedicati alla Vergine”.

Ma non è tutto, perché altre opere di altissimo livello sono presenti anche nella Cappella Bongiovanni, “dove Giovanni Lanfranco ottenne una delle sue prime commissioni che gli garantirono il successivo successo in altre opere, in altri cantieri romani”.
Gli interventi di restauro
Diverse opere sono state restaurate recentemente a cura della Soprintendenza e anche con l'apporto di sponsor privati. Gli interventi sono stati dall’Architetto Alessandro Mascherecci inseme alle colleghe della Soprintendenza Speciale di Roma Chiara Sciascia Santoro (restauratrice) e Ilaria Sgarbi (storica dell'arte). E che altro possiamo dire? I lavori in corso?

Per conoscere i dettagli degli interventi di restauro, idealista/news ha raccolto la testimonianza di Chiara Sciascia Santoro, restauratrice della Soprintendenza Speciale di Roma: “Per quanto riguarda la Madonna del Parto, il restauro si è reso assolutamente necessario perché tutto il gruppo scultoreo aveva assunto una colorazione bruno arancio, che praticamente faceva perdere la tridimensionalità”.

Questo cambio di colorazione era dovuto proprio all’abitudine secolare di toccare questa Madonna, talmente tanto che nello scorso secolo si è resa necessaria addirittura la sostituzione del piede che si era completamente consunto ed è stato infatti rivestito con una lamina d'argento.
I lavori di restauro sono stati svolti in accordo con il l'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) grazie a un intervento definito “biocompatibile”. Ma cosa significa? “Innanzitutto, sono state fatte una serie di indagini dei prelievi per vedere il tipo di materia presente e delle prove colorimetriche per vedere prima, durante e dopo il restauro come cambiava la risposta dell'intervento. Dopodiché sono venuti i biologi dell'ENEA e hanno testato su queste materie, che sono risultate essere materie proteiche prodotti proteici”.

La biopulitura in questione è stata effettuata, infatti, con l’impiego di veri e propri batteri, che hanno letteralmente mangiato in modo selettivo sostanze di differente natura, senza intaccare il marmo. Il team dell’ENEA, come a Spiegato Chiara Sciascia Santoro: “Ha fatto una selezione tra 540 batteri e ne isolati quattro che erano in grado di mangiare le sostanze che le indagini diagnostiche avevano rilevato e definito”.
“Il restauro è stato molto lungo e anche abbastanza complesso – spiega la restauratrice della Soprintendenza Speciale di Roma - perché si è svolta una fase di intervento con la metodologia tradizionale che consiste nel rimuovere un primo strato con dei prodotti solventi idonei. In un secondo momento si è proceduto con la biopulitura dell'ENEA, che ha introdotto all'interno di piastre questi batteri che erano stati “affamati” in laboratorio, per poi essere inseriti in una sorta di gel. Questo gel è stato applicato sulla superficie per il tempo necessario per far mangiare loro esattamente quello che interessa, per questo nell'ambito della conservazione e del restauro sono ottimali, perché ovviamente vanno a intaccare solamente quello che il restauratore vuole rimuovere e non la materia dell’opera, che rimane perfettamente integra”.

Il risultato è stato ottimo, “perché tutto il gruppo scultoreo ha ripreso il tono originale, forse leggermente più giallo, del bellissimo blocco di marmo di Carrara, tra l'altro scolpito da Jacopo Tatti in una sola fase, non è stato generato da un assemblamento di più parti, ma in una sola in una sola fase”.
A essere restaurato di recente è stato anche un importante affresco, ovvero quello che ritrae il Profeta Isaia ad opera di Raffaello. “Il nostro intervento è partito dall'indagine che ci permette di conoscere i fenomeni di degrado che interessano la superficie e li abbiamo rimossi con una estrazione di queste efflorescenze saline che a questo punto speriamo non si ripresentino più. È importante sottolineare che ogni intervento di restauro dovrebbe sempre essere preceduto da un'attenta indagine conoscitiva, non solo della parte storica ma anche per quanto concerne la parte diagnostica”.

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