
Una meta particolare, situata tra i colli del veronese, che parla delle radici dell’Italia ma, a suo modo, anche di storia universale. E’ l’Ossario di Custoza, monumento commemorativo situato appunto nella omonima frazione di Sommacampagna (VR), teatro delle battaglie del 1848 e 1866 combattute durante la prima e la terza guerra di indipendenza italiana. Per appassionati di storia patria e non solo, una gita alternativa per il ponte di Ognissanti.
L’Ossario di Custoza: storia del monumento
L’Ossario di Custoza, monumento commemorativo costruito per ricordare i caduti delle battaglie di Custoza, si trova sul colle Belvedere. La vista è mozzafiato: ci troviamo sulla prima della serie di colline che separa la pianura Padana dal veronese e domina il paesaggio, punto strategico per gli scontri militari, di cui ancora pare di sentire l’eco. L’Ossario fu eretto nel 1879, su iniziativa di Don Gaetano Pivatelli, parroco di Custoza, che desiderava dare una sepoltura dignitosa ai resti dei soldati italiani e austriaci morti in battaglia.

Un’idea che, partendo da eventi all’epoca esaltati in quanto precursori dell’unità nazionale, guardava fraternamente anche oltre i confini, stabilendo un legame anche con quelli che erano i nemici, e che come tale venne accolta con favore; approvarono infatti il progetto sia le autorità locali che l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, nonostante fosse direttamente interessato dalla perdita dei territori del Lombardo-Veneto, e il monumento fu così finanziato grazie a donazioni e contributi da tutta Italia e dall’Austria.

La struttura
“Nemici in vita, morte li adeguò, pietà li raccolse”: è il motto che accoglie il visitatore che entra nel monumento e che riassume il senso del fare memoria di quel luogo in questo modo particolare, un ossario, di cui si trova l’analogo in un altro vicino luogo di battaglie per l’indipendenza italiana, San Martino della Battaglia. La torre ottagonale di Custoza è alta circa 38 metri, costruita in stile neogotico. All'interno, una cripta raccoglie i resti di circa 2.000 soldati, sia italiani che austriaci, perlopiù non identificati.

Ma, a differenza che nell’ossario di San Martino, che espone i teschi e le ossa in modo più distante dallo spettatore, a Custoza l’impatto con ciò che resta dei volti dei soldati è immediato: scesi nella cripta i sorrisi ormai spenti dei combattenti sono davanti al visitatore come libri su uno scaffale, e le loro ossa sono accatastate davanti ai suoi occhi in una sequenza indistinta, che - a parte pochi ufficiali dal nome noto – non dà nome né nazionalità a nessuno dei resti umani. I quali, ormai spogli dalle contingenze della vita, rivelano solo la sostanziale uguaglianza di tutti i popoli, nemici o amici che siano.

Il messaggio e il ricordo
L’Ossario di Custoza è diventato un simbolo di memoria e riconciliazione, ricordando l’alto costo umano delle guerre di indipendenza e l’aspirazione alla pace. Ogni anno, viene visitato da numerosi turisti, storici e appassionati, ed è sede di commemorazioni per onorare i soldati caduti e il sacrificio umano di entrambi gli schieramenti.

Le battaglie di Custoza furono peraltro due scontri militari particolarmente tragici e segnati da altrettante sconfitte, nel 1848 dell’esercito piemontese e nel 1866 di quello italiano, sconfitte che comunque non pregiudicarono il risultato finale che portò all’unificazione dei territori italiani, con l’apporto fondamentale dell’esercito francese nel primo caso e di quello prussiano nel secondo, a dimostrazione di come questi eventi all’apparenza di portata locale siano invece stati cruciali anche oltre i confini italiani.









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