Il decreto del governo sui rimborsi delle pensioni, in seguito alla sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco della perequazione deciso nel 2011 dal governo Monti, ha stabilito che venga restituito il 12% di quanto effettivamente perso dai pensionati. Questo vuol dire che la fascia di pensionati con assegni tra 1.500 e 2.000 euro (quindi tra le tre e le quattro volte il minimo) riceverà i due terzi circa delle risorse. Non sono previsti risarcimento agli assegni oltre i 3mila euro lordi.
I dati sono stati forniti, nel corso di un’audizione, dall’Ufficio parlamentare di bilancio presieduto da Giuseppe Pisauro. Si ricorda che il totale delle risorse messe a disposizione dal governo è pari a 2,2 miliardi, cifra che deriva in gran parte dal “tesoretto” contenuto nel Def.
Secondo quanto fatto sapere dall’Ufficio parlamentare di bilancio, se si fosse deciso di dare i rimborsi a tutti, la fascia più bassa avrebbe ottenuto solo il 34% delle risorse, contro il 67% attuale. Pisauro ha poi sottolineato che il 70% dei pensionati non è coinvolta dal decreto perché ha redditi inferiori a tre volte il minimo e quindi nel 2012-2013 ha avuto la perequazione.
Secondo le elaborazioni dell’Upb su dati Inps, i pensionati con assegni da tre a quattro volte il minimo, invece di perdere il 4,8% medio annuo perdono il 3,8%; quelli con importi da quattro a cinque volte il minimo invece di perdere il 4,9% subiscono una perdita del 4,4%; quelli da cinque a sei volte il minimo invece di perdere il 4,9% perdono il 4,7%; mentre per assegni oltre sei volte il minimo la perdita resta pari al 4,5%. In quest’ultimo caso, infatti, non è prevista alcuna restituzione. Questo significa che alle pensioni da tre a quattro volte viene restituito l’1% di quanto tolto; da quattro a cinque volte il minimo lo 0,5%; da cinque a sei lo 0,3% e oltre sei volte il minimo nulla.
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