Sul fronte della contribuzione previdenziale obbligatoria, l’Italia risulta al top tra i Paese Ocse, con il 33% della retribuzione dei lavoratori dipendenti. Secondo il Rapporto Ocse “Pensions Outlook 2016”, è elevata la contribuzione del datore di lavoro (23,81%), mentre quella del lavoratore (9,19%) è in linea con Germania e Francia.
Nel dettaglio, in Germania si paga il 19% di contributi, diviso equamente (9,5%) tra lavoratore e impresa; in Francia si versa il 24,89%, ma il 10,65% è a carico del lavoratore.
L’Ocse, però, ha evidenziato dei rischi per le pensioni future. L’allarme arriva da “invecchiamento della popolazione, crisi finanziaria ed economica, oltre all’attuale contesto di bassa crescita e bassi tassi di interesse”.
Per scongiurare il pericolo, la soluzione di lungo periodo è pagare contributi più consistenti e per periodi più lunghi. Secondo l’Ocse, “il lavoro futuro e la discussione politica si devono concentrare su come raggiungere entrambi” gli obiettivi.
L’invito a politica e governi è quello di impegnarsi perché le informazioni ai cittadini siano le più vaste e complete possibili, sul pilastro pubblico della previdenza e su quello integrativo, perché possano scegliere consapevolmente sul proprio futuro una volta usciti dal mondo del lavoro.
Il Rapporto ha evidenziato che sono sempre più consistenti gli asset dei fondi pensione privati. Dal 2000 al 2015 il numero di Paesi nell’area Ocse con una quota di asset superiore al 50% è salito da 10 a 15. In 7 Paesi questa quota è superiore al 100%. A guidare la classifica c’è la Danimarca dove questi asset rappresentano il 207% del Pil. In Italia l'incidenza è passata dal 2,6 all’8,7% del Pil.
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