Il caro affitti di Milano è ormai diventato proverbiale. Se prima vivere nella “capitale del Nord” era quasi un sogno, ora è diventato di moda definirlo un miraggio per pochi. Appartamenti che possono arrivare a costare anche 900 euro al mese e che pochi davvero possono permettersi sono diventati un problema di immagine, oltre che di equità sociale. Problema che l’amministrazione meneghina ha deciso di risolvere chiedendo per Milano ciò che avviene a Firenze e a Venezia, ovvero la limitazione degli affitti turistici per aumentare l’’offerta abitativa sulla città e calmierare, di conseguenza i prezzi. Ma è davvero questo il problema? Aigab, l’associazione dei property manager che gestiscono affitti brevi in tutta Italia, non è d’accordo, ed ecco perché.
Affitti brevi a Milano: la proposta di Maran
La proposta è stata lanciata dall’assessore Pierfrancesco Maran durante il Forum dell’Abitare: limitare l’offerta di alloggi in locazione turistica temporanea a Milano, per aumentare l’offerta abitativa e calmierare il caro affitti. L’idea è quella di rendere la vita un po’ più facile ad alcune categorie di affittuari, gli studenti in primis, che possono trovarsi in difficoltà qualora debbano pagare oltre 600 euro di affitto al mese per una stanza per poter avere il privilegio di studiare all’ombra della Madonnina. L’offerta di campus e studentati su Milano è infatti assolutamente insufficiente a coprire tutta la domanda abitativa dei giovani universitari.
Stesso problema anche per i lavoratori, dal momento che molti di essi arrivano a pagare anche il 40 per cento del proprio stipendio mensile per l’affitto di una casa a Milano. Una situazione che certo non invoglia. Anche se va detto che non il problema non è tanto quello del caro affitti, quanto dell’immobilità degli stipendi, che rende il potere di acquisto degli affittuari estremamente debole.
Affitti brevi, il guadagno per lo Stato e per l’indotto
La proposta di limitare gli affitti turistici a Milano non è percepita come la soluzione al problema del caro locazioni, ed è stata criticata dai property manager riuniti sotto la sigla di Aigab. Milano, nota l’Associazione, affronta e investe da tempo sull’emergenza abitativa, con edilizia convenzionata, studentati, coliving, senior housing. Non si comprende quindi perché andare a colpire un settore che è fonte di sviluppo economico (e di introiti per lo Stato) e che solo marginalmente contribuisce al problema abitativo.
“Come AIGAB su Milano stimiamo prenotazioni per il 2023 pari a 350 milioni di euro, - spiega l’associazione, - di cui 171 milioni (52%) vanno ai singoli proprietari degli immobili (per lo più proprietari di una singola casa, nella maggior parte dei casi abitata fino a poco tempo prima dai proprietari stessi, spesso ereditata, sempre più frequentemente comprata come investimento) mentre il 19,5%, grazie anche al lavoro dei property manager professionali, va direttamente nelle casse dello Stato (17 milioni al Comune come imposta di soggiorno, 36 milioni in cedolare secca, 14,6 milioni in IVA su commissioni alle OTA)”.
Senza contare il riflesso sull’indotto: il settore, secondo Aigab, darà alloggio a circa 2 milioni di visitatori, per 6 milioni di presenze, pari a circa 990 mila prenotazioni. Per ognuna di queste prenotazioni, i gestori professionali si avvalgono di società specializzate per le pulizie che impiegano personale, ci sono corse in taxi, colazioni nei bar, ristoranti, musei, concerti, shopping. “Se è vero il dato ISTAT che ogni turista spende 4 euro per ogni euro speso nel soggiorno, - calcola Aigab, - l’indotto complessivo degli affitti brevi su Milano è di circa 1,7miliardi, il 17% dell’incidenza totale degli affitti brevi in Italia”.
Un patrimonio a cui l’economia italiana e l’erario dovrebbero rinunciare in nome di una misura che, osserva Aigab, è stata sì adottata da diversi Paesi europei, ma per stessa ammissione dell’Ue è stata poco efficace quando applicata, è rimasta inapplicata in molti casi e in altri è stata dichiarata addirittura illegittima e incostituzionale.
Caro affitti a Milano, perché gli affitti turistici non sono il problema
La proposta di Maran è stata formulata senza aver prima aperto alcun tavolo di confronto con gli imprenditori che gestiscono gli affitti brevi, per avere una migliore comprensione del problema. Bisogna infatti considerare che, oltre ai numerosi – probabilmente la maggioranza – appartamenti offerti in locazione da privati, non sempre in modalità chiara al fisco, esistono realtà importanti di property manager che affrontano questo business in maniera professionale e a norma di legge. E che ai loro occhi le cose stanno diversamente da come le vede la politica.
“Gli alloggi promossi on line a Milano con finalità di affitti brevi sono soltanto l’1,6% delle case esistenti in città, - evidenzia infatti Aigab. - Possibile che quell’1,6% di case online, per il 95% di proprietà di singoli proprietari che li gestiscono in modo diretto o li affidano a gestori professionali, siano il problema? Possibile che improvvisamente Milano possa essere paragonata a Venezia che ha tutt’altre problematiche ed emergenze?”.
Gli affitti brevi a Milano, secondo Aigab, non sono determinanti per il caro affitti almeno per due ragioni: prima di tutto sono un fenomeno “piccolo”, se confrontato con affitti tradizionali (15 mila unità sul breve a Milano contro 183 mila sul tradizionale), ma anche con il totale delle seconde case a Milano. Quest’ultimo dato è coerente con il dato nazionale, che vede un rapporto di 1:10 tra seconde case date in locazione breve e seconde case sfitte. In secondo luogo, il valore medio mensile dell'affitto breve è circa 1.900 euro (dati AirDnA) contro i 1.890 euro circa degli affitti lunghi, ipotizzando un appartamento medio da 90 metri quadri, senza considerare le spese del proprietario che, di conseguenza, guadagna molto meno (mediamente) con un affitto breve rispetto all’affitto tradizionale.
La vera domanda che dovrebbe farsi il Comune quindi, secondo Aigab, è: perché ci sono quasi centomila case sfitte a Milano? Perché i milanesi non si fidano ad affittare a lungo termine? Perché il pubblico non ha il denaro e non è in grado di gestire in modo efficiente il proprio patrimonio immobiliare? Probabilmente la soluzione al problema del caro affitti passa da queste questioni.
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