Quando un inquilino è moroso, può essere soggetto a una procedura di sfratto, che segue una serie di passaggi stabiliti dalla legge. Lo sfratto non è immediato e può comportare l'ottenimento del cosiddetto termine di grazia, che consiste in un lasso di tempo, normalmente non superiore a 90 giorni, che il giudice può concedere a un conduttore moroso per dargli la possibilità di sanare il proprio debito con il proprietario di casa. In questo caso la procedura di sfratto viene evitata attraverso il pagamento, in sede giudiziale, di quanto dovuto. Questa possibilità è contenuta nell’articolo 55 della legge sull’equo canone numero 392/1978. La norma prevede che, una volta ricevuta l’intimazione di sfratto per morosità, il conduttore inadempiente possa versare alla prima udienza l’importo corrispondente ai canoni scaduti e non pagati.
Come funziona il termine di grazia
Il termine di grazia può essere riconosciuto dal giudice in presenza di comprovate condizioni di difficoltà dell'inquilino, impossibilitato a pagare il canone previsto dal contratto di locazione dell'immobile. Come dicevamo, non può essere superiore a 90 giorni e permette di evitare lo sfratto sanando il debito. Proprio per verificare l’esatto adempimento dell’obbligazione, il giudice fissa un’udienza in una data successiva di non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine. Se viene accertato che la morosità persiste, in conseguenza del mancato pagamento o del pagamento parziale del canone dovuto, lo sfratto viene convalidato all’udienza successiva e si passa, così, alla fase dell’esecuzione del rilascio dell’immobile. Per non subire la convalida dello sfratto l'inquilino deve versare in fase di giudizio una somma comprensiva dei canoni scaduti alla data della ricezione dell’intimazione di sfratto, degli oneri accessori (come le spese condominiali) scaduti alla data della ricezione dell’intimazione di sfratto, degli interessi legali e delle spese di giudizio liquidate in udienza. Solo il versamento integrale di tutte queste somme, entro il termine fissato dal giudice, impedisce la convalida dello sfratto e la risoluzione del contratto.
Quando si può chiedere il termine di grazia?
Il termine di grazia può essere concesso solo in caso di morosità in relazione a contratti di locazione di immobili per uso abitativo. A ribadirlo è l’ordinanza numero 28502/2018 della Corte di Cassazione. In questo caso è il giudice a riconoscerlo, solo qualora ritenga ci siano comprovate difficoltà economiche indipendenti dalla volontà del conduttore. L’articolo 55 della legge sull’equo canone prevede anche la possibilità di ottenere un termine di grazia più lungo, pari a 120 giorni. In questo caso il conduttore deve dimostrare che il mancato pagamento dei canoni, protrattosi per un massimo di due mesi, sia da imputare:
- alle sue precarie condizioni economiche
- che queste siano insorte dopo la stipula del contratto
- che discendano da malattia
- che discendano da disoccupazione
- che derivino da gravi e comprovate condizioni di difficoltà
Se tutte queste condizioni ricorrono, il termine di grazia può essere chiesto per quattro volte nell’arco di quattro anni. Ma cosa succede nel caso delle locazioni commerciali? Come dicevamo, il termine di grazia non è previsto. Trova, invece, applicazione la regola generale prevista dagli articoli 1.453 e seguenti del Codice civile, in forza dei quali il pagamento in corso di causa da parte del conduttore moroso dei canoni arretrati non preclude la possibilità per il giudice, qualora ne ricorrano i presupposti, di dichiarare la risoluzione del contratto e il rilascio dell’immobile.
E sei il termine di grazia non viene rispettato?
Come dicevamo, il termine di grazia può interrompere la procedura di sfratto per morosità. Diversa dal caso della finita locazione. Ma solo nel caso in cui l'inquilino paghi in sede di giudizio non solo i canoni arretrati, ma anche una serie di spese accessorie. E che lo faccia entro il termine perentorio stabilito dal giudice. Può però accadere che il conduttore non rispetti il termine di grazia. Che succede in questo caso? Se allo scadere del termine fissato dal giudice l'inquilino moroso non versa quanto dovuto, lo stesso giudice convalida lo sfratto. In questo caso non solo viene emessa l'ordinanza di convalida dello sfratto, ma anche un decreto ingiuntivo esecutivo. Ma serve sempre un avvocato per avviare la richiesta del termine di grazia al giudice? La risposta è negativa, perché non è necessaria per forza la presenza di un legale. Occorre però essere in grado di giustificare correttamente davanti al giudice il proprio stato di difficoltà. Per questo un avvocato è comunque consigliato, anche se non obbligatorio.
Si può fare opposizione dopo la richiesta del termine di grazia?
Secondo la Corte di Cassazione, l'inquilino che chiede il termine di grazia manifesta in modo implicito la volontà di sanare il proprio debito e di pagare quanto dovuto al proprietario dell'immobile. Questa situazione, secondo la Suprema Corte, è incompatibile con la possibilità di opporsi alla convalida dello sfratto. Per questa ragione, una volta richiesto il termine di grazia l'opposizione allo sfratto non può più essere proposta. Il termine di grazia è, insomma, una tacita ammissione del debito. Per questo il giudice, davanti a questa duplice domanda da parte del conduttore, deve rigettare l’opposizione e confermare il debito, concedendo comunque all’affittuario i 90 giorni richiesti.
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