
Eletto senatore a vita nel 2013, Renzo Piano ha deciso di destinare il suo stipendio da parlamentare alla creazione di un gruppo di lavoro formato da giovani architetti, con lo scopo di elaborare progetti di “rammendo” per le periferie della città. Nel 2015 questi giovani talenti si sono occupati del Giambellino, quartiere popolare di Milano. A guidarli Marco Ermentini, collaboratore dell’archistar e creatore dell'architettura timida, intervistato da idealista news.
Cos’è e com’è nato il progetto G124?
Il progetto prende il nome dalla stanza di Renzo Piano a Palazzo Giustiniani. Eletto a fine 2013 senatore a vita, Piano ha deciso di continuare a fare quello che ha sempre fatto, ovvero l’architetto, occupandosi di un tema importante, ma troppo spesso dimenticato: quello delle periferie. Ha riunito allora una quindicina di collaboratori e colleghi per impostare un progetto di lavoro. L’idea che ne è nata è stata quella di selezionare ogni anno quattro o sei architetti per occuparsi delle perifie di una o più città, con il coordinamento di diversi tutor. Nel 2015 siamo stati scelti come tutor io e Ottavio Di Base.
Come vengono selezionati i giovani architetti?
La selezione viene fatta in maniera anonima, attraverso una ricerca di lavoro pubblicata su un sito specializzato, senza citare né Renzo Piano, né il progetto G124. Quest’anno da 400 curriculum selezionati, sono uscite fuori 4 persone, ognuna con una competenza specifica. Una ragazza ad esempio si occupa più di pianificazione urbanística, un altro di costruzioni, mentre gli altri di restaturo e riqualificazione energetica. Questi giovani architetti sono pagati da Renzo Piano con il suo stipendio da senatore.
Come lavora il gruppo G124?
Ogni anno i ragazzi, coordinati dai diversi tutor, si occupano della periferia della città. Nel 2014 il gruppo di lavoro ha lavoro nelle periferie di Torino, Roma e Catania, mentre lo scorso anno è stata la volta del quartiere milanese del Giambellino.
Ci parli di questo progetto. Perché proprio il Giambellino e non un altro quartiere?
A Milano ci sono 12 quartieri periferici, ma questo è in assoluto quello più problematico. È un quartiere di edilizia popolare che risale al ’39 ed è degradato sia dal punto di vista edilizio che delle persone che ci vivono. E noi abbiamo scelto di andare lì dove ci sono i problemi, convinti che le periferie hanno le potenzialità di diventare belle e vivibili.
Si tratta di caseggiati che in 70 anni non hanno subito nessun intervento di ristrutturazione, anche se si tratta di begli edifici, costruiti bene, dove è possibile agire con piccoli interventi di rammendo, senza dover demolire.
Come si è svolto il lavoro?
Prima di tutto bisogna dire che non si tratta di un progetto fatto a tavolino, sceso dall’alto, ma abbiamo iniziato un percorso che parte dal basso. I ragazzi hanno vissuto in questo quartiere o nelle immediate vicinanze per circa un anno per capire quali fossero le reali esigenze delle persone che ci abitano. Quello che ne è scaturito è una progetto di ricucitura, di rammendo, con l’ampliamento del mercato e dei cortili. Una piccola parte è già stata realizzata, buttando giù un muro, e ampliando il mercato verso Sud, grazie all’investimento dello stesso Renzo Piano e del Comune.
Quale sarà la prossima fase?
Ê importante sottolineare che il nostro non è un progetto esecutivo, ma una semplice proposta, delle idee la cui fase operativa passa ora in mano delle associazioni cittadine e del Comune, magari attraverso l’indizione di un concorso tra giovani architetti. L’idea è quella di mettere in piedi tanti piccoli cantieri, e non un unico grande cantiere. Non a caso la nostra teoría è quella delle piccola cose, dei piccoli rammendi.
Non a caso lei è l’autore della cosiddetta “architettura timida” e del famoso farmaco “la timidina”
Effettivamente. L’architettura timida è una risposta all’esagerazione insita nella mia professione, perché noi architetti, spinti dal desiderio di voler lasciare il segno, molto spesso esageriamo. L’architettura timida è la volontà di riscoprire questo carattere timido, che non è un difetto, ma una virtù. La timidezza ci fa scoprire i nostri limiti e ci fa capire l’importanza di intervenire leggermente, in punta di piedi.
Immagini del quartiere Giambellino, a Milano















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