Le spese per il riscaldamento centralizzato sono divise tra quota fissa e quota volontaria: ecco un calcolo d'esempio
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Ripartizione delle spese del riscaldamento centralizzato
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Per le famiglie che si trovano a dover gestire i costi della vita in condominio, un esempio di ripartizione delle spese per il riscaldamento centralizzato può essere di certo utile. Tra bollette spesso incomprensibili, e fitte discussioni tra vicini in sede di assemblea condominiale, non è infatti semplice capire come i dovuti oneri siano stati suddivisi fra i condomini.

In linea generale, le spese di riscaldamento prevedono una quota fissa - ovvero identica fra tutti i condomini - e una invece variabile, ovviamente relativa ai consumi di ogni singola unità abitativa. Tuttavia, vi possono essere anche configurazioni diverse: di seguito, tutte le informazioni utili.

Come vengono calcolate le spese di riscaldamento condominiale

Non si può dire che il riscaldamento centralizzato non rappresenti uno degli impianti più comuni in ambito condominiale. Tramite questa configurazione, una sorgente centrale - come ad esempio una caldaia a condensazione o, nelle installazioni più recenti, una pompa di calore - provvede a riscaldare tutte le unità immobiliari presenti nello stabile. Così facendo, si può approfittare di un sistema di riscaldamento efficiente e i relativi consumi possono essere condivisi fra tutti i condomini. Ma come si calcola, e come viene suddivisa, questa spesa?

La normativa di riferimento per la suddivisione della spesa

Innanzitutto, per comprendere come le spese di riscaldamento possano essere suddivise fra tutti i condomini, è necessario comprendere le disposizioni delle normative vigenti.

Il riferimento principale è il D.Lgs 102/2014, modificato dal D.Lgs. 73/2020, che rende obbligatoria l’installazione dei contabilizzatori di calore in presenza di un impianto centralizzato, salvo impossibilità tecnica o non convenienza economica certificate. Questa normativa recepisce la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica e definisce i criteri di suddivisione della spesa. Nel dettaglio, i costi relativi al riscaldamento centralizzato devono essere suddivisi in due quote:

  • il prelievo involontario, ovvero la dispersione di calore dell’impianto;
  • il prelievo volontario, cioè i consumi effettivi di ogni unità immobiliare.
Riscaldamento centralizzato
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La normativa UNI 10200:2018 definisce, invece, i criteri tecnici di suddivisione della spesa. Quest’ultima prevede che la quota fissa sia calcolata in base alle dispersioni dell’impianto, suggerendo una quota variabile tra il 50 e il 70%, salvo diversa decisione dell’assemblea condominiale. La proporzione può essere modificata con la maggioranza degli intervenuti e almeno 333 millesimi in seconda convocazione, in caso di decisioni ordinarie, o di 500 millesimi se le modifiche sono sostanziali. Di norma, la quota fissa non dovrebbe scendere sotto il 30%, fatta eccezione per deroghe motivate.

Qual è la quota fissa per le spese di riscaldamento condominiale

Come accennato, la normativa in vigore sulla suddivisione delle spese del riscaldamento centralizzato con contacalorie, prevede la separazione in quote volontarie e involontarie dei consumi. Ma qual è la porzione fissa da prendere in considerazione?

In linea generale, la quota fissa sui costi di riscaldamento è quella relativa ai prelievi involontari, come spiegato in precedenza. Per sua natura, l’impianto centralizzato disperde una certa porzione del calore e, inoltre, le varie unità immobiliari godono anche del calore generato dagli appartamenti contigui o, ancora, posizionati ai piani superiori e inferiori. 

Ipotizzando che un condominio abbia optato per una quota fissa del 30% sulla spesa totale di riscaldamento, questa sarà suddivisa:

  • fra tutte le unità immobiliari, compresi gli appartamenti non collegati all’impianto centralizzato, poiché comunque godono delle dispersioni di calore provenienti dall’impianto comune;
  • in base ai millesimi di proprietà, così come previsto dall’articolo 1123 del Codice Civile, o ai millesimi di riscaldamento se precedentemente stabiliti.

La ripartizione della quota volontaria del riscaldamento centralizzato

La quota volontaria si riferisce invece ai consumi effettivi di una singola unità immobiliare, in base alle misurazioni registrate dai contabilizzatori di calore. Si tratta quindi di una porzione decisamente variabile delle spese di riscaldamento, che può essere influenzata:

  • dalle dimensioni e dal numero di termosifoni presenti in ogni appartamento;
  • dalla temperatura impostata per gli ambienti domestici;
  • dagli orari di effettiva accensione del sistema di riscaldamento.

Ipotizzando che il condominio abbia stabilito una quota di consumi volontari pari al 70% sull’importo totale speso, questa sarà suddivisa:

  • fra tutti i condomini che si avvalgono del riscaldamento centralizzato, escludendo invece coloro che hanno optato per sistemi autonomi, i quali si dovranno far carico solo della quota fissa;
  • in base ai consumi registrati dai contabilizzatori di calore.

Cosa accade se il condominio non ha i contabilizzatori

Può però capitare che, nonostante l’obbligo, il condominio non si sia dotato dei contabilizzatori: infatti, il D.Lgs. 73/2020 ne prevede l’esenzione in caso di impossibilità tecnica certificata nel procedere all’installazione o, ancora, qualora non fossero economicamente convenienti. Di conseguenza, come si procede alla ripartizione? In genere:

  • la spesa non viene divisa in quota fissa e quota volontaria, poiché quest’ultima non è quantificabile;
  • l’intera somma viene ripartita in base ai millesimi, sempre in base all’articolo 1123 del Codice Civile.

Un esempio pratico e numerico della ripartizione delle spese

Dopo aver analizzato la normativa di riferimento e le modalità di ripartizione delle spese per il riscaldamento centralizzato, è utile avvalersi di un esempio pratico e numerico, per comprendere al meglio la suddivisione dei costi.

Contabilizzatore nel riscaldamento centralizzato
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Si ipotizzi che un piccolo condominio, composto da cinque unità immobiliari, abbia speso in un anno 6.000 euro per il riscaldamento, optando per una suddivisione al 30% per la quota fissa e al 70% per quella variabile. In base ai millesimi di proprietà e ai consumi volontari, emerge la situazione riportata in tabella:

AppartamentoMillesimiUnità di consumo
A250150
B230130
C200100
D18090
E14070

Per dividere la spesa per ogni unità, per la quota fissa bisogna avvalersi della formula di calcolo in millesimi del riscaldamento:

  • (spesa totale) x (% quota fissa) / 100, nel caso in oggetto quindi 6.000x30/100, cioè 1.800 euro di spesa involontaria totale;
  • il totale della quota fissa sarà poi da dividere a seconda dei millesimi di ogni appartamento.

Per la quota variabile, invece:

  • (spesa totale) x (% quota variabile) / 100, nell’esempio perciò 6.000x70/100, pari a 4.200 euro di spesa volontaria totale;
  • (spesa volontaria totale) / (unità di consumo totali), per ottenere il costo di una singola unità di consumo. Nell’esempio presentato, si avrà 4.200/540, pari a 7,78 di costo unitario;
  • (costo unitario) x (unità di consumo), infine, per conoscere la quota variabile di ogni appartamento.

Di conseguenza, la spesa per il riscaldamento centralizzato per il condominio riportato in esempio, sarà pari ai valori in tabella:

AppartamentoQuota fissa (30%)Quota variabile (70%)Totale
A450 euro1.167 euro1.617 euro
B414 euro1.011,40 euro1.425,4 euro
C360 euro778 euro1.138 euro
D324 euro700,20 euro1.024 euro
E251 euro544,60 euro796,60 euro

Come già spiegato, la quota fissa e la quota di consumi volontari possono variare a seconda delle decisioni dell’assemblea condominiale, la proporzione del 30% e del 70% riportata è solo a scopo d’esempio. 

Come contestare le spese di riscaldamento

Comprese le modalità di calcolo e di suddivisione, come si può procedere per contestare le spese di riscaldamento, in caso non si ritenessero corrette le somme assegnate? In linea generale, si può procedere per:

  • errori di calcolo, come nel caso della non corretta lettura dei contabilizzatori, l’errata attribuzione dei millesimi o di sbagliate proporzioni tra quota fissa e variabile;
  • mancata conformità normativa, con una ripartizione che non risponde ai criteri della UNI 10200:2018 o alle disposizioni da regolamento condominiale;
  • mancata trasparenza, con bollette poco chiare o dati incompleti forniti dall’amministratore.

Il primo passaggio prevede di inoltrare una richiesta scritta, via PEC o raccomandata, all’amministratore, spiegando i dettagli degli errori rilevati. Lo stesso amministratore dovrà rispondere in un tempo ragionevole, secondo quando definito dall’articolo 1130 del Codice Civile.

Dopodiché, se il problema non può essere risolto autonomamente dall’amministratore, la questione dovrà essere discussa in assemblea, ad esempio per correggere una ripartizione errata. Per le decisioni ordinarie, servirà la maggioranza degli intervenuti in seconda convocazione, purché rappresentino almeno i 333 millesimi dello stabile, come previsto dall’articolo 1136 del Codice Civile. Se si tratta di modifiche rilevanti, dovrà essere rappresentata almeno la metà dei millesimi. 

Se il disaccordo persiste, prima di poter intentare una causa legale al condominio, bisognerà procedere con la mediazione obbligatoria, come previsto dal D.Lgs. 28/2010. Se anche questa opzione dovesse fallire, è possibile impugnare la delibera assembleare davanti al Tribunale, entro 30 giorni dalla sua adozione.

Poiché la procedura può essere complessa e onerosa, si consiglia di chiedere preventivamente al proprio legale di fiducia.

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