I gatti possono essere lasciati liberi, ma il proprietario risponde civilmente e penalmente del disturbo o dei danni arrecati.
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Gatto che gira liberamente in condominio
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I gatti possono girare liberamente, anche con il rischio di sconfinare nella proprietà altrui? È di certo una domanda comune fra gli appassionati di felini, soprattutto quando l’animale domestico prende l’abitudine di esplorare il giardino altrui o, ancora, di gironzolare per tutti i piani del proprio condominio. Come ci si deve comportare, anche in vista di possibili diatribe di vicinato?

In linea generale, non si può impedire ai proprietari di gatti di lasciare liberi i loro animali domestici, anche perché vi sono delle precise tutele previste a livello normativo. La Legge 281/91, ad esempio, riconosce la natura sostanzialmente libera di questa specie. Ancora, non si può vietare di accudire felini - e altri animali domestici - in condominio - nemmeno se il divieto ai gatti è inserito nel regolamento - così come previsto dalla Legge 220/2012. Allo stesso tempo, però, i proprietari sono ovviamente responsabili dei danni che i loro felini potrebbero causare alla proprietà altrui.

I gatti possono vivere liberi?

Prima di entrare nelle questioni relative alla gestione dei rapporti di vicinato o condominiali, è innanzitutto necessario rispondere a una precisa domanda: i gatti possono vivere liberi? A fornire una prima risposta, seppur limitatamente alle colonie feline, è la già citata Legge 281/91.

Colonia felina
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La normativa nasce per la gestione dei felini che da sempre vivono all’aperto, come ad esempio i gatti randagi o quelli appartenenti alle colonie feline, ma ribadisce un principio importante: la libertà di questa specie deve essere salvaguardata. Infatti:
 

  • non si può maltrattare o infastidire i gatti che vivono in libertà;
  • le colonie feline sono tutelate dalla legge;
  • la gestione dei gatti in libertà, limitatamente a colonie e randagi, spetta sia alle autorità sanitarie che ad enti e associazioni di protezione.

La legge riconosce la natura etologica del gatto, come animale sia indipendente che territoriale, per questo non può essere allontanato dagli habitat che frequenta, come ad esempio giardini condominiali o privati. Come già accennato, le norme si riferiscono a randagi e colonie feline, ma possono essere estese ai gatti domestici: di conseguenza, non è possibile maltrattare o allontanare un felino di proprietà che si aggira all’aperto.

Vicini che si lamentano del gatto

Per quanto la libertà dei gatti sia tutelata, ben diversa è la loro gestione da parte dei proprietari e i conseguenti rapporti di vicinato. Può infatti succedere che il felino domestico, lasciato libero di gironzolare negli spazi comuni o di proprietà altrui, arrechi disturbo o, ancora, sia la causa di piccoli o grandi danni. Come ci si deve comportare, in questi casi?

Quali sono gli obblighi dei proprietari di gatti

Innanzitutto, è utile chiedersi quali siano gli obblighi di accudimento a cui i proprietari di gatti sono soggetti. Partendo da un importante presupposto: non vi è nessuna legge che vieta ai proprietari di far uscire l’animale di casa. 

In linea generale, chi accudisce un gatto domestico deve accertarsi che:

  • l’animale sia correttamente gestito, in base alle caratteristiche della sua specie, e non sottoposto ad abusi e maltrattamenti. Questi ultimi sono puniti dall’articolo 544 del Codice Penale, con una multa da 5.000 a 30.000 euro o con la reclusione fino a 18 mesi;
  • il gatto sia sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie e il proprietario custodisca il libretto sanitario fornito dal veterinario;
  • il felino non arrechi disturbo o procuri danni sia ad altre persone che alle loro proprietà, di cui risponde lo stesso proprietario sia in sede civile che penale.

Proprio poiché il proprietario è responsabile del comportamento dell’animale, può essere utile apprendere utili consigli per evitare che il gatto scappi, rimanendo in aree per lui consone.

Ma i gatti vanno denunciati? L’obbligo di registrazione dei felini - ovvero, di dotarli di apposito microchip di riconoscimento - non è presente a livello nazionale, come invece accade per i cani. Tuttavia, alcune Regioni hanno introdotto questa necessità ormai da qualche anno: in Lombardia, ad esempio, prevede l’obbligo per tutti i gatti nati o acquisiti dal primo gennaio 2020.

Cosa si rischia se i vicini si lamentano del gatto

Per quanto non vi siano divieti a far uscire il gatto di casa, non è da escludere la possibilità di ricevere lamentele dai vicini. L’animale potrebbe ad esempio introdursi nel giardino altrui, lasciando le proprie deiezioni, rovinando piante ornamentali, distruggendo oggetti o, più semplicemente, infastidendo i dirimpettai con la sua presenza. Si pensi al proprietario di cani, che potrebbero agitarsi per la presenza del felino, oppure i soggetti allergici al pelo del quadrupede. Come gestire queste situazioni?

È regola di buon senso controllare sempre il comportamento del felino fuori casa, scusandosi preventivamente con i vicini per l’eventuale disturbo e premurandosi di pagare i danni eventualmente causati. Se la questione non viene gestita bonariamente, si rischia infatti di:

  • subire una causa civile dai vicini, con una richiesta di risarcimento;
  • essere soggetti a una multa fino a 309 euro, per deturpamento o imbrattamento della proprietà altrui, come previsto dall’articolo 639 del Codice Civile;
  • essere soggetti a un’azione risarcitoria se il gatto, con il suo miagolio continuo, supera la soglia di normale tollerabilità del rumore, come previsto dall’articolo 844 del Codice Civile;
  • imbattersi, addirittura, nel reato di atti persecutori - stalking - come previsto dall’articolo 612 bis del Codice Penale, se il fastidio arrecato dal gatto è continuativo nel tempo.

Su quest'ultimo punto, si è espressa di recente una sentenza della Corte di Cassazione, la 25097/2019: è responsabile del reato di atti persecutori il proprietario che, a conoscenza dei disagi causati dal proprio gatto ai vicini, continua a liberarli senza preoccuparsi non arrechino ulteriori danni.

È quindi necessario trovare un buon compromesso tra le necessità dell’animale e i diritti dei vicini, che non possono essere violati.

Gatti in condominio: cosa sapere

La gestione del gatto può essere addirittura più complessa se si vive in condominio dove, per ovvia vicinanza delle singole unità immobiliari, il gironzolare dell’animale potrebbe causare disagi frequenti. Cosa fare, in questi casi?

Cosa dice la legge sui gatti in condominio?

Innanzitutto, è necessario ribadire che il regolamento condominiale non può vietare l’accudimento di animali domestici - compresi, quindi, anche i gatti - all’interno del condominio. Lo prevede la Riforma del Condominio del 2012, ovvero la già citata Legge 220/2012, che rende nulle eventuali norme approvate dall’assemblea.

Gatto sulle scale condominiali
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L’unico caso ammesso di divieto è quello della locazione: il proprietario di un’unità immobiliare in condominio può vietare al suo affittuario di accudire quadrupedi, tanto che l’eventuale inadempimento può portare allo sfratto del locatario con animali.

Il proprietario del felino è però tenuto:

  • ad accertarsi che il gatto non disturbi la quiete del condominio;
  • a evitare che l’animale comprometta l’igiene dello stabile;
  • a controllare il felino affinché non arrechi danni alle parti comuni o, come previsto dall’articolo 1102 del Codice Civile, impedisca ad altri di servirsene;
  • a evitare che il gatto procuri danni alla proprietà privata degli altri condomini.

Anche in questo caso, non vi è nessuna legge che impedisce al proprietario di lasciare girare liberamente il gatto negli spazi comuni condominiali, ma ne risponde civilmente e penalmente per i disagi eventualmente comportati agli altri residenti.

Quali sono i rischi in condominio

I rischi principali della scorretta gestione del gatto in condominio sono molto simili a quelli già elencati: si potrebbe essere soggetti a richieste di risarcimento, multe o, addirittura, incappare in veri e propri reati.

I problemi più frequenti negli stabili condominiali sono rappresentati da:

  • il rumore molesto causato dal felino, oltre la soglia di tollerabilità del già citato articolo 844 del Codice Civile, a cui si aggiunge la possibilità di incappare nel reato di disturbo alla quiete pubblica, come da articolo 659 del Codice Penale;
  • il deterioramento delle condizioni igieniche degli spazi comuni, come ad esempio in caso di deiezioni;
  • danni causati alle parti comuni o alla proprietà altrui: un caso frequente è quello del gatto che si lima le unghie sulla porta dei vicini, rovinandola.

È possibile dar da mangiare ai gatti randagi in condominio?

Un caso frequente di litigi condominiali è rappresentato dal residente che, mosso da compassione, decide di fornire cibo e acqua a uno o più gatti randagi, autonomamente sopraggiunti nel giardino o negli spazi condominiali. Ma è possibile dar da mangiare ai felini randagi in condominio?

Nessuna legge vieta di dar da mangiare ai gatti randagi, tuttavia è necessario adottare tutte le misure necessarie affinché questo comportamento non arrechi danni agli spazi comuni o agli altri residenti. Ancora, è necessario ribadire che le colonie feline sono tutelate dalla legge, come visto nei precedenti paragrafi, ma ad occuparsene devono essere gli enti locali o le associazioni preposte. Di conseguenza, in caso un gruppo di gatti si stabilisse in condominio, è necessario allertare le autorità competenti affinché possano prendersene cura.

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