
L’economia sommersa vale 210 miliardi di euro. Lo dicono gli ultimi dati Istat sul “nero”, e va detto che si tratta di aggiornamenti al 2016. L’economia non dichiarata vale ben il 12,4% del Pil.
Secondo i dati Istat, il valore aggiunto del “nero” ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro, mentre quello connesso alle attività illegali (incluso l’indotto) a circa 18 miliardi, con un aumento di 0,8 miliardi, riconducibile alla dinamica dei prezzi relativi al traffico di stupefacenti. Il dato positivo, benché fermo a due anni fa, è quello delle stime dell’incidenza della componente non osservata dell’economia sul Pil, che si conferma al ribasso dopo il picco del 2014. Si registra infatti un calo di 0,2 punti percentuali dopo quello di mezzo punto del 2015.
Affitti in nero, calano nel 2016
Com’è composta l’economia sommersa? Nel 2016 la percentuale più significativa, ovvero il 45,5%, è risultata essere l’evasione non totale degli introiti, quindi una “sottodichiarazione”. Il dato mostra comunque un -0,6% rispetto al 2015. Il restante 37,2% del valore aggiunto è invece legato al lavoro nero, rimasto praticamente costante rispetto all’anno prima quando contava per il 37,3%. Nell’8,8% dei casi si parla invece di affitti irregolari o di mance, che nel 2015 pesavano per il 9,6%. Sale la componente delle attività illegali: se nel 2015 si parlava di un 8,2%, nel 2016 siamo all’8,8%.
L’incidenza maggiore del sommerso si rileva nei servizi (33,3%), in commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (23,7%) e nelle costruzioni (22,7%). Anche la sola sottodichiarazione pesa allo stesso modo sugli stessi settori: 16,3% nei servizi professionali, 12,4% nel commercio, trasporti, alloggio e ristorazione e 11,9% nelle costruzioni. Per quanto riguarda il manifatturiero, l’incidenza è elevata nella produzione di beni alimentari e di consumo (7,5%) e più contenuta nella produzione di beni di investimento (2,3%).
Colf in nero e badanti tra i lavoratori irregolari
Focalizzandosi sul lavoro irregolare, il suo impiego pesa soprattutto nei servizi alle persone (con un peso del 22,8% nel 2016) ed è rappresentato soprattutto dal lavoro domestico. Al secondo posto si piazzano i lavoratori in nero dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (16,4%). In totale si contano, nel 2016, 3,7 milioni di lavoratori in nero, in prevalenza dipendenti (2 milioni 632 mila). Rispetto al 2015 si nota un leggero calo (rispettivamente -23 mila e -19 mila unità), come anche nel tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (Ula) non regolari sul totale. Nel 2016 l’Ula è pari al 15,6% mentre nel 2015 era del 15,9%.
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