
Con il protrarsi della guerra in Ucraina alcuni prodotti alimentari subiranno rincari e alcuni potranno essere perfino meno presenti sugli scaffali dei supermercati. Le opinioni di Federdistribuzione, Assoutenti e del Cai- Consorzi Agrari d’Italia sui possibili aumenti dei prezzi di pane e pasta.
Come abbiamo potuto notare, facendo la spesa, i prezzi soprattutto di alcuni prodotti, sono aumentati già da tempo. A confermarlo nei giorni scorsi è arrivato l’aggiornamento Istat sui prezzi al dettaglio. L’inflazione ha ripreso a correre e per ora non ci sono segnali che possa rallentare nel breve termine.
Che cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi? Indicativamente per la pasta, che per noi italiani rappresenta alimento base, le associazioni dei consumatori prevedono un incremento del 30 per cento.
I produttori hanno infatti già comunicato alle catene della grande distribuzione che devono prepararsi a una nuova ondata di aumenti dei prezzi di alcuni tipi di pasta, delle farine, del pane e dei prodotti di pasticceria. Quanto potrebbe essere l’incidenza sui prezzi a scaffale? Ci ha risposto Carlo Alberto Buttarelli, Direttore Ufficio Studi e Relazioni di Filiera di Federdistribuzione, l’associazione che rappresenta le principali insegne della grande distribuzione attive nel nostro Paese.
Qual è la principale causa dell’aumento dei prezzi?
L’incertezza alla base dell’inflazione crescente di questi mesi, legata soprattutto all’aumento dei beni energetici, è alimentata dal rapido evolversi della situazione in Ucraina,con il rischio concreto di possibili ulteriori aumenti del costo dell’energia nelle prossime settimane. A questo si aggiunge inoltre l’impennata dei prezzi di molte materie prime, che ha caratterizzato il mercato internazionale negli ultimi mesi, guidato dalla crescente domanda che si è registrata in molti Paesi dopo l’uscita dalle fasi più acute della crisi pandemica.
Quali sono le iniziative che la Gdo potrebbe mettere in campo per contenere i prezzi?
AB: Le aziende della distribuzione stanno cercando di contenere gli aumenti, anche assorbendo in parte i maggiori costi, a tutela del potere di acquisto delle famiglie, agendo anche con responsabilità nei confronti delle filiere produttive più fragili del made in Italy. Gli sforzi messi in campo finora non saranno però a lungo sostenibili, in considerazione del fatto che anche sulle aziende della distribuzione grava il caro energia, con costi praticamente raddoppiati: è necessario, pertanto, l’intervento delle istituzioni per garantire la sostenibilità di tutto il sistema.
Temete un effetto accaparramento dei beni di prima necessità? Quanto è concreto il rischio che manchino alcuni prodotti e perché?
Al momento non prevediamo alcun problema di approvvigionamento e di continuità di servizio che, ricordiamo, non è mai mancato nemmeno nella fase più acuta della pandemia. Certamente però, occorre mantenere alto il livello di attenzione. Nei giorni scorsi, la protesta degli autotrasportatori ha messo in evidenza la necessità di intervenire a livello sistemico davanti ai problemi che si stanno registrando sui costi dell’energia e delle materie prime. Occorre evitare che gli impatti economici derivanti dalle tensioni sul mercato si scarichino su singoli comparti, con conseguenze che potrebbero mettere a repentaglio la filiera nel suo complesso.
Associazione dei consumatori: la pasta aumenterà del 30 per cento
Le associazioni di difesa dei diritti dei consumatori sono concordi: sono a rischio i prezzi di pasta, pane, dolci, benzina e non solo.
Mentre il mondo della grande distribuzione in questo momento non si sbilancia nel formulare ipotesi di rincari “a scaffale”, Furio Truzzi, presidente di Assoutenti, lo fa senza mezzi termini.
Di quanto sarà l’aumento dei prezzi a scaffale?
“Il rischio concreto è che nel breve periodo i listini di alcuni prodotti di largo consumo, anche a causa di speculazioni sempre in agguato, possano subire in Italia fortissimi rialzi, a partire dalla pasta che potrebbe rincarare del 30%, mentre pane, dolciumi e prodotti derivati dal grano rischiano di salire di un ulteriore 10-15 per cento. Per questo noi chiediamo al Governo di varare lo stato di emergenza prezzi e adottare misure speciali in grado di contenere la crescita dei listini al dettaglio, considerato che la fiammata dell’inflazione produrrà una forte contrazione dei consumi da parte delle famiglie e un danno per l’economia nazionale. È necessario ricorrere ai prezzi amministrati per un paniere di beni indispensabili di cui le famiglie non possono fare a meno, a partire dai prodotti alimentari”.
Alcune grandi imprese hanno dichiarato che con la guerra in corso non sarà per loro possibile utilizzare il grano di cui hanno bisogno per la produzione. Esiste un rischio concreto di mancanza di alcuni prodotti sugli scaffali della Gdo tra cui pasta, pane confezionato, crackers, grissini (sostitutivi del pane)?
“Purtroppo il rischio è assai concreto. Già in queste ore stiamo assistendo a imprese costrette a interrompere le attività produttive a causa della carenza di materie prime importate da Russia e Ucraina. Per capire quanto sia imminente il pericolo di una riduzione delle forniture di alcuni prodotti presso negozi e supermercati, basta pensare che l’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per alimentare il bestiame. L’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20%, e l’Italia importa da Russia e Ucraina quasi 200 mila tonnellate di grano tenero. Se dovesse perdurare la crisi in atto, entro la prossima Pasqua potrebbero registrarsi seri problemi con le scorte di alcune materie prime alimentari e, conseguentemente, carenze di beni presso i negozi”.
Secondo lei esiste un rischio di accaparramento di questi beni? In particolare di pasta?
"Al momento non si registra alcuna corsa all’acquisto, anche perché attualmente non si segnalano cali delle forniture negli esercizi commerciali. Temiamo però che nei prossimi giorni le notizie preoccupanti che giungono dal conflitto possano impattare sul piano psicologico e modificare le abitudini dei consumatori, portandoli a fare incetta di beni alimentari, situazione che darebbe vita a nuove speculazioni e ulteriori rincari dei listini al dettaglio”.
Quali consigli possiamo dare ai consumatori per gestire questa impennata dei prezzi?
“In questo momento la corsa dei prezzi al dettaglio è causata principalmente dal caro-bollette, dal caro-benzina e dalla crisi delle materie prime iniziata ben prima della guerra in Ucraina. A tali fattori si aggiungeranno presto nuovi rialzi dei listini determinati dal conflitto in atto. Il nostro consiglio ai consumatori è di non farsi prendere dal panico, acquistare solo il necessario prestando particolare attenzione ai prezzi, scegliendo gli esercizi che consentono i maggiori risparmi e cambiando le proprie abitudini di acquisto, dirottando le proprie scelte verso marche alternative e più economiche. Scegliere prodotti di stagione e lasciare su banchi e scaffali frutta e verdura i cui listini risultano eccessivamente rincarati. Indispensabile poi lasciare a casa l’auto: se dobbiamo uscire, meglio muoversi con i mezzi pubblici o regalarsi una sana passeggiata a piedi, in modo da abbattere la spesa per i rifornimenti di carburante”.
Di quanto stanno aumentando le materie prime
Per capire che cosa sta succedendo occorre fare un passo indietro. Secondo un’analisi Coldiretti, l’Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti e il 44% di grano duro necessario per la pasta. A questi si aggiungono il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 73% del fabbisogno nazionale.
La prima settimana di guerra in Ucraina ha portato ad un aumento dei costi dei prodotti agricoli pari al 13% per il grano tenero e al 29% per il mais a livello mondiale.
Per il CAI – Consorzi Agrari d’Italia, che elabora le sue stime sulla base dei dati del Matif di Parigi (la borsa merci di riferimento internazionale insieme a Chicago), alla vigilia dell’attacco russo, il grano tenero era passato da 274 euro a tonnellata a 310 euro a tonnellata (+13%) mentre il mais era passato da 247 euro a tonnellata a 320 euro (29%).
Il prezzo dei prodotti agricoli strettamente dipendenti dalle importazioni da Russia e Ucraina, come appunto mais e grano tenero, è quindi destinato a salire ulteriormente, come ha ribadito a Idealista.it Andrea Pasini, Dirigente Settore Cereali di Consorzi Agrari d’Italia (CAI), la più grande piattaforma per il collocamento delle produzioni agricole nazionali.
“Il costo della pasta, che si produce con il grano duro, non dovrebbe risentire al momento di particolari rialzi causati dal rincaro delle materie prime, a differenza di pane, biscotti o farine, prodotti derivati da grano tenero, che potrebbero risentire della guerra. Occorre ricordare però che il costo del grano tenero incide solo per il 10% sul prezzo del pane, che risente invece fortemente dei rincari di energia, carburante, imballaggi, trasporti”.
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