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Il Pnrr è la risposta europea al problema economico seguito alla pandemia post-covid, ma quale impatto potrà avere sull’Italia, date le sue differenze territoriali? Istat ha prodotto uno studio che fotografa le principali dieci differenze territoriali del nostro Paese, immaginando quali potranno essere gli effetti del Pnrr sui diversi aspetti dell’economia italiana.

Le differenze territoriali in Italia

L’analisi di Istat conferma la persistenza di divari strutturali di vario genere e livello, anche molto ampi; di rado si apprezzano processi di convergenza significativi col resto del Paese. Le differenze interne – anche infra-regionali – sono molteplici, e tendono a delineare contesti più o meno critici che talvolta ricalcano criteri di perifericità geografica (distanza dal Centro-Nord), e in altri casi di marginalità territoriale (cosiddette “aree interne”). Nell’insieme sembra emergere una difficile sostenibilità dei divari, per l’impatto inedito sulla struttura demografica della società meridionale, che appare sempre più fragile nelle prospettive future. Ecco nel dettaglio le principali differenze territoriali italiane.

Pil pro-capite

Da oltre un ventennio il “PIL pro-capite” nel Mezzogiorno si aggira intorno al 55-58% del Centro-Nord; nel 2021 il PIL reale è di circa 18mila euro (33mila nel Centro-Nord). Tutto il Mezzogiorno si colloca sotto la media nazionale: la Regione di coda (Calabria) ha un Pil pro-capite pari al 39,5% della migliore (Trentino Alto Adige).

Livello di istruzione

Il livello d’istruzione nel Mezzogiorno conferma una grave arretratezza: migliora nelle giovani generazioni ma lo svantaggio è ancora molto ampio. Nel 2020, un terzo (32,8%) dei meridionali in età 25-49 anni (24,5% nel Centro-Nord) ha concluso al più la terza media; il 22,6% (27,6% nel Centro-Nord) ha un titolo terziario.

Occupazione giovanile

La condizione lavorativa vede fortemente penalizzati i giovani meridionali. Dal 2000 in poi si registrano abbastanza stabilmente circa 3 occupati ogni 10 in meno nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord (25-34 anni). Tranne rare eccezioni, l’intero Mezzogiorno presenta tassi di occupazione giovanile molto inferiori alla media.

Emigrazione giovanile

Ne scaturisce una preoccupante ripresa dell’emigrazione di massa. Nel 2020, Sud e Isole hanno perso ben 42 giovani residenti (25-34 anni) ogni 100 movimenti anagrafici nei flussi interni extra-regionali (+ 22 nel Centro-Nord) e 56 su 100 in quelli esteri (49 nel Centro-Nord). Il fenomeno è accentuato nelle province con bassa occupazione e nelle cosiddette “aree interne”.

Digital divide

Nell’ultimo ventennio il processo di digitalizzazione è stato molto rapido, ma il Mezzogiorno non ha ancora recuperato il gap di partenza: il 60% circa dei residenti ha opportunità ridotte di accesso alla Banda ultra-larga, e circa 1 su 5 (17,3%) vive in contesti molto distanti da questo standard (4,2% nel Centro-Nord).

Reti idriche

L’obsolescenza delle reti idriche è un fattore critico data la sempre più grave siccità che interessa il Paese. Nel Meridione spesso si registrano perdite per circa la metà dell’acqua per uso civile. Livelli di inefficienza superiori alla media caratterizzano tre quarti delle province del Mezzogiorno (1/4 nel Centro-Nord).

Reti ferroviarie

Il Mezzogiorno presenta una dotazione di infrastrutture di trasporto visibilmente inferiore alle altre ripartizioni. La densità della rete ferroviaria è nettamente più bassa, soprattutto nell’alta velocità (0,15 Km ogni 100 Km2 di superficie; 0,8 al Nord; 0,56 al Centro). Negli ultimi decenni l’ampliamento è stato molto modesto (+0,3% contro +7,1% del Centro-Nord) mentre è aumentato il gap qualitativo (58,2% di rete elettrificata; 79,3% del Centro-Nord).

Competenze degli studenti

Nel Mezzogiorno, gli outcome dell’istruzione sono notevolmente peggiori: le competenze degli studenti risultano più basse in tutte le discipline e il gap aumenta nei diversi gradi d’istruzione. Nel 2021-‘22 il 42,7% degli studenti meridionali di V superiore presenta competenze “molto deboli” in matematica (28,3% in Italia; 15% nel Nord-Est) e solo il 6,7% si colloca a un livello “molto buono” (14,9% in Italia; 22,6% nel Nord-Est).

Servizi per l’infanzia

I servizi per l’infanzia sono cruciali per la crescita del bambino e per l’occupabilità delle donne con figli. L’offerta di questi servizi è in crescita su tutto il territorio nazionale, ma i gap restano significativi. Due terzi dei bambini (0-3 anni) nel Mezzogiorno vive in contesti con livelli di offerta inferiori agli standard nazionali e il 17,8% in zone con una dotazione molto bassa o nulla (5,3% nel Centro-Nord);

Servizi sanitari

Divari territoriali rilevanti caratterizzano l’efficienza, appropriatezza e qualità dei servizi sanitari. Nel Mezzogiorno – soprattutto in alcune regioni coinvolte dai Piani di Rientro (6 su 7 in questa ripartizione) - la contrazione della spesa pubblica ha inciso negativamente sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Permane una diffusa “emigrazione sanitaria”: i ricoveri extra-regionali sono il 9,6% di quelli interni (6,2% nel CentroNord). In oltre 1 Provincia su 5 (21,1%; 7,2% nel Centro-Nord) tale mobilità sanitaria è molto intensa.

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