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Il Bollettino economico della Banca centrale europea parla chiaro. L’Italia non brilla all’interno dell’Eurozona. Da quando esiste la moneta unica, non c'è stata una crescita convergente tra i 12 Paesi dell’Eurozona e il nostro Paese ha fatto registrare il risultato peggiore.

Nel Bollettino economico della Bce si legge: “La convergenza reale fra le economie dell’area dell’euro dopo l’introduzione della moneta unica è stata scarsa, nonostante le aspettative iniziali di un’accelerazione del processo catalizzata dall’euro. Non esiste una relazione chiara fra i livelli del Pil pro capite relativo nel 1999 e la loro crescita relativa fra il 1999 e il 2014. Di fatto, se si considera il periodo nel suo insieme, esistono alcuni riscontri di una divergenza tra i Paesi che hanno adottato per primi la moneta unica in quanto nell’arco di 15 anni diverse economie con redditi relativamente bassi hanno mantenuto (Spagna e Portogallo) o persino accresciuto (Grecia) il divario di reddito rispetto alla media. Inoltre l’Italia, inizialmente un Paese a più alto reddito, ha registrato i risultati peggiori e questo suggerisce una divergenza sostanziale rispetto al gruppo con redditi elevati. Se la crisi che ha fatto seguito al tracollo di Lehman Brothers può in parte spiegare la divergenza osservata in questi Paesi, anche fattori più profondi hanno svolto un ruolo”.

Ma il Bollettino non contiene solo commenti negativi. Qualche segnale positivo proveniente dall’Eurozona c’è. In particolare, il documento sottolinea: Nel primo trimestre del 2015 la crescita trimestrale del Pil reale dell’area dell’euro si è confermata allo 0,4 per cento. L’espansione è stata sostenuta dalla domanda interna, attraverso i cospicui contributi dei consumi privati e adesso anche degli investimenti. I risultati delle ultime indagini congiunturali, fino a giugno, restano coerenti con il procedere di una crescita moderata nel secondo trimestre. In prospettiva, è atteso un ulteriore ampliamento della ripresa economica. La domanda interna dovrebbe essere sorretta dalle misure di politica monetaria della Bce e dal favorevole impatto sulle condizioni finanziarie, nonché dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali. Inoltre, i bassi prezzi del petrolio dovrebbero continuare a sostenere il reddito disponibile reale delle famiglie e la redditività delle imprese, e quindi i consumi privati e gli investimenti. In aggiunta, la domanda di esportazioni dell’area dell’euro dovrebbe beneficiare della maggiore competitività di prezzo”.

Per quanto riguarda l’inflazione, il Bollettino spiega: L’inflazione ha raggiunto il livello minimo agli inizi dell’anno, tornando in territorio positivo negli ultimi mesi. In giugno ha mostrato una lieve riduzione, portandosi allo 0,2 per cento dallo 0,3 di maggio. Secondo le informazioni disponibili e i prezzi correnti dei contratti future sul greggio, l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo Iapc dovrebbe rimanere bassa nei prossimi mesi per poi aumentare sul finire dell’anno, in parte per gli effetti base connessi al calo delle quotazioni petrolifere al termine del 2014. Nel 2016 e nel 2017 l’inflazione dovrebbe aumentare ancora, sostenuta dall’atteso recupero dell’economia, dall’impatto del deprezzamento dell’euro e dall’ipotesi, incorporata nei contratti future, di un lieve rincaro del greggio nei prossimi anni”.

Si afferma, infine, che “nella riunione del 16 luglio, sulla base della consueta analisi economica e monetaria e in linea con le indicazioni prospettiche (forward guidance), il Consiglio direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della Bce. Per quanto concerne le misure non convenzionali di politica monetaria, i programmi di acquisto di attività continuano a procedere in modo regolare. Il Consiglio direttivo ha inoltre ribadito la precedente valutazione sull’esigenza di mantenere una stabile il corso della politica monetaria, in cui la piena attuazione di tutte le misure di politica monetaria fornirà il necessario sostegno all’economia dell’area dell’euro e determinerà un ritorno durevole dell’inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine”.

E ancora: “Il Consiglio direttivo continuerà a seguire con attenzione la situazione dei mercati finanziari, nonché le potenziali implicazioni per l’orientamento di politica monetaria e per le prospettive sulla stabilità dei prezzi. Se alcuni fattori dovessero indurre un inasprimento ingiustificato della politica monetaria o se le prospettive per la stabilità dei prezzi dovessero mutare in modo sostanziale, il Consiglio direttivo reagirebbe ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell’ambito del proprio mandato”.

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