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Lo scorso 30 settembre è scaduto il termine entro il quale il governo poteva decidere se rinnovare il regime di pensione anticipata per le donne tramite l’Opzione donna. Entro tale data, infatti, l’esecutivo deve trasmettere alle Camere una relazione basata sul monitoraggio effettuato dall’Inps relativo agli oneri previdenziali da sostenere per finanziare la misura. La questione al momento è irrisolta.

Si parla molto di una proroga dell’Opzione donna fino al 31 dicembre 2018. Ma si attendono ancora novità. Gli aspetti fondamentali del tema sono quello anagrafico e quello economico.

Da un punto di vista anagrafico, se la proroga dell’Opzione donna non ci sarà, in base alla normativa vigente, sarebbero penalizzate le lavoratrici donne nate negli anni 1957/1958 e più precisamente nell’ultimo trimestre, le quali non potrebbero avere accesso al pensionamento anticipato previsto con Opzione donna per mancanza dei requisiti richiesti.

Per queste lavoratrici l’ostacolo starebbe nell’allungamento dei termini di aspettativa di vita delle donne italiane. I tre mesi in più di età anagrafica richiesti dall’Inps per l’adeguamento dell’aspettativa di vita, rappresentano un problema.

Da un punto di vista economico, per il finanziamento dell’Opzione donna la legge di Stabilità 2016 ha previsto lo stanziamento di 160 milioni di euro per l’anno 2016 e 49 milioni per l’anno 2017. In merito alle risorse per finanziare la proroga dell’Opzione donna, la legge di Stabilità ha stabilito che “qualora dall’attività di monitoraggio dovesse risultare, in particolare, un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa, con successivo provvedimento legislativo verrà disposto l’utilizzo delle risorse non utilizzate per la prosecuzione della sperimentazione o per interventi con finalità analoghe”.

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