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Cubo nero firenze
Matteo Chelli (Facebook)

Al posto dello storico Teatro Comunale di Firenze, oggi sorge un edificio residenziale che sta facendo parlare di sé, e non in bene. Si tratta infatti di un volume cubico bianco e nero, che stona con l’estetica del resto della città, diventando in pochi giorni un caso urbanistico che spacca l’opinione pubblica. Tra chi grida all’orrore e chi difende la regolarità del progetto, ecco cosa sta accadendo. 

Dallo storico teatro al “cubo” residenziale

Il Teatro Comunale, inaugurato nel 1862 e per decenni fulcro della vita musicale fiorentina, chiuse definitivamente nel 2014, con il trasferimento delle attività al nuovo Teatro del Maggio. Dopo anni di abbandono e tentativi di vendita andati a vuoto, nel 2013 Palazzo Vecchio cedette l’immobile alla Cassa Depositi e Prestiti per 23 milioni di euro. Nel 2019 subentrò Hines, colosso immobiliare internazionale, che insieme a Blue Noble ha promosso un ambizioso progetto di riqualificazione.

Firmato dallo studio Vittorio Grassi Architects, il complesso – ribattezzato Teatro Luxury Apartments – conta ora 156 appartamenti di fascia alta destinati soprattutto ad affitti brevi e medi. La gestione sarà affidata a Starhotels, che lo inserirà nella propria collezione di residenze esclusive. Oltre alle abitazioni, il progetto include concierge, centro benessere, palestra, spazi coworking, aree per bambini, ristoranti e un parcheggio sotterraneo da 170 posti. Non mancano obiettivi di sostenibilità, con la certificazione ambientale LEED Gold in corso di conseguimento, e la creazione di una nuova piazza pubblica.

Perché il cubo nero di Firenze non piace

A incendiare il dibattito non è tanto la destinazione d’uso, quanto l’impatto estetico del nuovo edificio. Definito dai critici “scatolone nero-bianco”, questo si presenta come un blocco geometrico dalle linee nette e dalle ampie superfici vetrate scure, giudicate fuori contesto rispetto all’architettura storica dei lungarni. La soprintendente Antonella Ranaldi aveva già espresso dubbi, sostenendo che sarebbero stati preferibili materiali più tradizionali.

Le foto della nuova costruzione, circolate in massa sui social, hanno suscitato commenti impietosi: “ecomostro”, “ferita aperta”, “pugno nell’occhio”. A colpire, in particolare, è lo scarto fra i rendering iniziali, più chiari e articolati, e il risultato finale, percepito come più imponente e pesante.

Un progetto regolare?

Da Palazzo Vecchio si ribadisce che “tutto è avvenuto secondo legge”. Il progetto ha ricevuto i via libera della Soprintendenza, della Regione Toscana, della Commissione paesaggio del Comune e della Commissione paesaggistica interistituzionale. A consentire la realizzazione nella forma attuale sono state soprattutto le varianti approvate in corso d’opera, che hanno modificato altezza e cromie rispetto al piano originario del 2018–2019.

Un punto delicato riguarda il vincolo Unesco che tutela il centro storico e le rive dell’Arno. Formalmente, secondo i tecnici, l’edificio non lo viola. Ma la percezione pubblica proprio non è d’accordo.

Politica e opposizioni all’attacco

Il fatto è diventato anche un caso politico. Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi e oggi consigliere comunale del centrodestra, ha definito la nuova costruzione “una ferita aperta e sanguinante nel tessuto urbano”. Anche Fratelli d’Italia, con i consiglieri Chelli e Sirello, ha accusato l’amministrazione di “trincerarsi dietro pareri tecnici favorevoli”.

La Lista Schmidt ha rincarato la dose: “È scioccante constatare l’ignoranza della legge e delle procedure da parte di chi gestisce la città. La responsabilità politica è tutta del Comune, della Città Metropolitana e della Regione Toscana, che hanno avuto la maggioranza nelle commissioni decisionali”.

Il cubo nero di Firenze, che ne pensano gli esperti

Il fronte critico non si limita alla politica. Antonio Natali, ex direttore degli Uffizi, ha paragonato l’edificio a “una cappa di camino che toglie il respiro a tutto il resto”. L’architetta Fulvia Zeuli, già funzionaria della Soprintendenza, ha liquidato il progetto come “una soluzione pessima”.

Al contrario, l’amministrazione comunale – per voce della sindaca e dell’assessora Biti – difende i procedimenti seguiti, sottolineando la correttezza degli iter autorizzativi. “Non penso che bisogna ragionare tanto di giudizi personali, ma dei percorsi che sono stati fatti”, ha commentato la prima cittadina, invitando per il futuro a promuovere processi di partecipazione più ampi come nel caso dell’ex caserma Lupi di Toscana.

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