L’ultimo capitolo della Brexit deve ancora essere scritto. E il finale è tutt’altro che scontato. La parola chiave è “no deal”, lo spettro che in questi giorni aleggia su Londra. Ecco che significa e le conseguenze.
Cos’è il no deal
Il no deal, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza un accordo formale sui termini del ritiro e il futuro dei rapporti bilaterali, potrebbe portare delle conseguenze catastrofiche anche oltre i confini di Sua Maestà.
L’opzione del no deal sarebbe l’opzione peggiore per la Brexit, soprattutto per quanto accadrebbe alle dogane e ai confini dei Paesi. Dal 29 marzo, infatti, in caso di mancato accordo con l’Ue il Regno Unito diventerebbe a tutti gli effetti una nazione terza rispetto al blocco dell’Unione a cui andrebbero applicati i controlli, le ispezioni, le richieste di bolli e la burocrazia che ne consegue.
Le conseguenze del no deal
Ma le conseguenze del no deal potrebbero allargare le sfere d’influenza della Brexit su vastissima scala sia dentro che fuori i confini britannici. Anche, e soprattutto, di ordine pratico. Ad esempio, aumenterebbero i costi per i servizi di telefonia mobile, cambierebbero i permessi per guidare fuori dai confini nazionali potrebbero essere congelati i permessi di soggiorno.
Ma non è tutto, perché le analisi che provengono da più fonti concordano nel prevedere un crollo della sterlina e conseguentemente anche del mercato immobiliare, oltre all’aumento della disoccupazione. Non sono dello stesso avviso i Tories, per i quali una Brexit senza no deal sarebbe un’opzione migliore rispetto all’attuale accordo raggiunto con l’Ue.
Nel frattempo, la premier britannica Theresa May a breve dovrebbe incontrare il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker per ovviare il meccanismo vincolante di salvaguardia del confine aperto in Irlanda che Westminster contesta.
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