È sicuramente destinata a far discutere una recente sentenza della Ctr Lazio. Secondo i giudici tributari di secondo grado, il proprietario di una casa piccola deve pagare più tasse di una abitazione grande situata nello stesso quartiere. La ragione? Oggi un immobile di modeste dimensioni si vende più facilmente di uno più grande.
Ma vediamo la questione con ordine. Tutto nasce dall'abitudine del Fisco di ricontrollare le rendite catastali degli immobili, "riclassandoli" a seconda delle mutate condizioni del mercato. Una volta aggiornate le rendite, il contribuente si troverà a pagare più tasse, visto che le aliquote tengono conto anche di tali dati. E' il caso delle famose case comprate in periferia che dopo tanti anni si ritrovano al centro della città per la naturale espansione urbanistica.
Più volte tanto la Cassazione che la stessa Agenzia delle Entrate ha raccomandato agli uffici ispettivi di non limitarsi a fare indagini a tavolino sulla base delle mappe satellitari o delle quotazioni Omi, ma di verificare le effettive condizioni degli immobili.
La sentenza della Ctr del Lazio da una parte ribadisce l'importanza di tener conto di fattori quali la qualità urbana del contesto nel quale l'immobile è inserito, la qualita ambientale della zona di mercato in cui l'unità è ubicata, le caratteristiche edilizie del fabbricato, la presenza di infrastrutture e di servizi vari. Dall'altra parte, introduce un principio che sicuramente farà discutere: la minore superficie non è un elemento "dirimente" rispetto alla valutazione, considerando la zona e "la maggiore appetibilità degli immobili di minore consistenza sotto il profilo della commercializzazione". Ciò detto in soldoni significa che avere un appartamento piccolo rende il proprietario più ricco, in proporzione, del proprietario di un appartamento grande.
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