Secondo Marco Ermentini, architetto e tutor del progetto G124 di Renzo Piano, non ci sono dubbi: il futuro delle nostre società è nelle periferie, dove nei prossimi anni vivranno sempre più persone. Nel corso di immonext 2018 - il forum sul mercato immobiliare organizzato a Milano da idealista – Ermentini ha parlato delle cinque direttrici che devono guidare il lavoro degli architetti nelle periferie: cura, rammendo, bellezza, luogo e "Timidina".
Rammendo
Ermentini ha sottolineato: “Abbiamo bisogno di partire dal basso, di partire dalla ricucitura. Se saremo capaci di rammendare i luoghi, saremo capaci forse anche di ricucire il rapporto tra le persone”. Aggiungendo: “Il problema grosso delle periferie, ma anche delle nostre città, è che non c’è più l’effetto di comunità. Quindi è necessario saper rammendare, saper riparare. Abbiamo bisogno di una grossa riparazione della nostra società. Il rammendo è una vecchia pratica, ma vuol dire partire dal basso, ripensare le cose facendo piccoli interventi diffusi, non grandi interventi”. “L’altra cosa importante è che si deve cercare di abolire le separazioni, tra la teoria e la pratica, tra le persone anziane e le persone giovani, tra gli enti che governano i territori, tra i proprietari e gli inquilini, tra le varie categorie di persone, tra le etnie delle persone. Abbiamo queste separazioni spaventose che creano tantissimi problemi”.
La bellezza
“Le periferie non sono fotogeniche. Ma nelle periferie esiste la bellezza, solo che è nascosta, bisogna scoprirla. Nelle periferie c’è la vita. L’architettura deve essere capace di mettere in connessione le persone, deve essere capace di connettere le cose. Con piccoli cantieri, con piccoli interventi, è possibile”.
Il luogo
“Nel momento in cui il virtuale è sempre più pervasivo – ha spiegato Ermentini – abbiamo sempre più bisogno di luoghi veri. L’architettura deve servire a creare luoghi veri, che sono luoghi di connessione, luoghi importanti. Possono essere piccole piazze, piccoli bar, un piccolo mercato, ma la connessione tra le persone è importante”.
Timidina
L’architetto, infine, ha parlato del suo particolare invento“Timidina”: “E’ uno strano finto farmaco che ho inventato un po’ di anni fa. Un finto farmaco che serve a dire agli architetti che si deve intervenire con piccole cose, non con grandi lavori. Non si risolve il problema delle periferie demolendo, bisogna trasformare. Abbiamo bisogno tutti di ‘Timidina’, soprattutto noi architetti, ma l’importante è che l’architettura riesca a connettere le persone e tornare a fare quello che ha sempre fatto”.
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