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#10yearschallenge: com’è cambiato il mercato immobiliare secondo gli esperti
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A dieci anni dall’inizio della crisi che ha coinvolto anche il mercato immobiliare, vediamo cosa è cambiato, secondo gli esperti, nella nostra #10yearschallenge

#10yearschallenge: com’è cambiato il mercato immobiliare secondo gli esperti
idealista/news

Nel 2008, dopo anni di espansione del mercato e all’alba della crisi, i prezzi degli immobili erano in calo del 6,2%, mentre le compravendite residenziali erano poco più di 684 mila. I tempi medi di vendita erano si 131 giorni. Dal punto di vista delle locazioni la domanda era in aumento a causa della stretta creditizia che ostacolava l’acquisto. I canoni erano stabili data l’abbondanza dell’offerta immobiliare.

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Tecnocasa

Dieci anni dopo, nel 2018, i prezzi sono attesi in aumento tra 1% e +3%, mentre le compravendite sono attese tra 570 e 580 mila transazioni. I tempi medi di vendita si sono solo leggermente allungati, a 134 giorni. Quanto alle locazioni, la domanda è sempre sostenuta ma a causa di fattori nuovi quali i trasferimenti per lavoro o per studio e per gli affitti brevi. I canoni dono in aumento anche a causa della riduzione di offerta generata dal fenomeno degli short rent.

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Guardando indietro a dieci anni fa, stava per iniziare una crisi di cui non avevamo percezione. Ad oggi, con la crisi ormai alle spalle, vediamo alcune zone che hanno recuperato meglio di altre – penso a Milano – mentre altrove l’Italia è ancora febbricitante. In genere tuttavia i segnali sono buoni. Abbiamo lasciato alle spalle il peggio: ora aspettiamo il meglio.

In dieci anni il mercato si è ridotto fino a dimezzarsi, solo da qualche anno vediamo una risalita. Notiamo poi anche dinamiche che un decennio fa non esistevano affatto:  l’affitto ad esempio oggi è preponderante, se è vero che le locazioni hanno superato le compravendite, con 700 mila contratti nel 2018. La locazione breve, turistica e non, è diventata un tema importante, con almeno un milione di case offerte. Dare valore agli immobili con l’affitto ha creato una economia tutta nuova: quella delle ristrutturazioni, della messa a norma, e poi l’uso dei canali web e dei portali multicanale. L’approccio al real estate è cambiato, sono nate nuove professioni, servizi di property management, ed esigenze – ad esempio il coworking – che hanno fatto virare il mercato in una direzione inimmaginabile nel 2008.

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Dieci anni fa non solo il mercato immobiliare si trovava al culmine di una fase espansiva, ma anche in un contesto di tensione finanziaria molto più rilevante rispetto ad oggi. Oggi, al contrario, il settore è in fase di crescita dopo anni di crisi, mentre il contesto non è quello di una situazione potenzialmente disastrosa come allora. Quindi, decisamente,  il quadro oggi è più rassicurante rispetto al 2008.

Il settore immobiliare si trova oggi in una situazione di partenza molto meno florida che nel 2008 (quando si era all’indomani degli ottimi risultati del 2007), quindi vediamo dinamiche più contenute, c on possibilità di caduta molto inferiori, e quindi una situazione senz’altro più sostenibile. A patto, però, che il contesto di crescita moderata resti stabile. Quanto accade all’economia oggi pare infatti mettere a repentaglio una situazione che di per sé sarebbe assolutamente sostenibile, minacciando di rallentare o differire l’interesse all’acquisto.

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Dieci anni fa c’è stata la crisi dei mutui subprime; in Italia si pensava che non avrebbe influito, dato che da noi i mutui vengono concessi con diversi criteri, ma abbiamo dovuto scoprire che  la questione è andata ben al di là del solo mercato dei mutui. Nel 2008 il mercato immobiliare si trovava già in una fase di decrescita perché le compravendite hanno raggiunto il picco nel 2007. Con l’aggiunta della crisi finanziaria e della stretta del credito bancario, la crisi delle compravendite e il conseguente relativo crollo dei prezzi, soprattutto tra il 2012 e il 2014, è stato inevitabile.

Tuttavia, proprio dieci anni fa iniziava a Milano il progetto di ricostruzione di Porta Nuova, che, in totale controtendenza, ha posto le basi per quella che è diventata oggi la nuova domanda. Fu allora e nell’ambito di quel progetto che per la prima volta si senti parlare di servizi e spazi condivisi, che oggi sono la base dello stato dell’arte per quanto riguarda le nuove costruzioni.

Milano a parte, però, dieci anni fa il settore delle costruzioni ha perso il 60% dei fatturati, continuando a costruire alla vecchia maniera.  Ancora oggi, se a Milano il mercato del nuovo fa da traino, in altre zone siamo ancora nelle secche della crisi. I prezzi calano, anche se le compravendite salgono. Il mercato del nuovo è positivo nelle grandi città ma altrove parliamo solo di ristrutturazioni a basso prezzo, senza la ripresa di cui invece si sono rese protagoniste altre nazioni.

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Negli ultimi 10 anni, dal punto di vista dei numeri, il settore purtroppo è cambiato enormemente. Circa 10 anni fa i numeri di compravendite erano ben diversi, si attestavano attorno alle 850mila; poi abbiamo avuto il picco in ribasso, sotto le 400mila nel 2013-2014. Ora stiamo risalendo, anche se – secondo noi – molto difficilmente si tornerà a quei livelli, perché all’epoca c’era anche il tema dei subprime, quindi dei finanziamenti erogati anche al di sopra delle possibilità di chi doveva acquistare casa.

Il settore quindi è cambiato estremamente dal punto di vista del numero delle compravendite e i valori di mercato, come mostrato da tutti gli indicatori, sono calati da un 10 a un 30%. Questo ha sicuramente inciso negativamente sul comparto. A mio parare, inoltre, le scelte di politica economica hanno contribuito a penalizzare il settore. Perché è vero che si tratta di una crisi immobiliare internazionale trasversale, ma ci sono tanti settori – come quelli della tecnologia e dell’informatica – che hanno avuto un boom in questi anni, ciò significa che dipende molto dalle scelte che vengono fatte. E’ vero che nel settore immobiliare la grande crisi finanziaria del 2006/2007 ha portato strascichi fino al 2009, ma poi nel 2011 c’è stata la politica economica fiscale del governo Monti che ha praticamente triplicato il carico fiscale sulla proprietà immobiliare. E questo ha inciso.

Il settore immobiliare dunque è cambiato notevolmente dal punto di vista del mercato sia in termini di numero delle compravendite sia in termini di valori di mercato. Dall’altra parte, però, è cambiato se vogliamo positivamente nell’offerta abitativa, nella qualità costruttiva, intendendo con ciò tutto quello che è arrivato dal punto di vista dell’impatto ambientale, del risparmio energetico, dell’efficientamento. Oggi le nuove abitazioni vanno in direzione del consumo zero. Questo è sicuramente un cambiamento molto positivo, perché riguarda la qualità della vita di ognuno di noi. Quindi cose meno buone, ma cose anche molto positive dal punto di vista della vivibilità.

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In 10 anni il mercato immobiliare ha dovuto sopportare due crisi. La prima è quella di carattere internazionale che ha coinvolto tutti i settori della nostra economia come di quelle di tutti gli altri Paesi. La seconda crisi, invece, ce la siamo – per così dire – cercata nel momento in cui abbiamo deciso di scaricare sulla proprietà immobiliare quasi tutto il peso dell’aumento di tassazione utilizzato per fronteggiare la fase dello spread impazzito di fine 2011. Una scelta scellerata, che sarebbe stata meno grave se avesse comportato una patrimoniale una tantum, ma che si è rivelata addirittura masochistica nel momento in cui si è resa strutturale questa spropositata imposizione tributaria. Senza comprendere che ad essere danneggiata è stata tutta l’economia.

Gli immobili sono legati a filo doppio con mille altri settori e affossarli vuol dire affossare tutti quei settori. Per non parlare degli effetti sui consumi (il cosiddetto “effetto ricchezza”: se so che i miei risparmi si assottigliano, spendo meno) e sulle garanzie bancarie (lo ha spiegato, da par suo, il professor Francesco Forte nella sua lectio magistralis al Festival della cultura della libertà di Piacenza).

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La crisi finanziaria ha determinato un passaggio storico nel comparto immobiliare. In questi 10 anni il paradigma culturale ed economico degli italiani è cambiato. Molti risparmiatori, infatti, stanno tornando a ragionare su basi di economia reale allontanandosi dai mercati finanziari per tornare ad investire negli immobili. Gli attuali prezzi, appetibili per la contrazione dei valori (negli ultimi otto anni si è registrato un calo medio del 22,1%), e i tassi dei mutui tuttora vantaggiosi hanno creato le condizioni ottimali per investire nella casa.

In questa proiezione e nell’attuale fase di offerta immobiliare, superiore alla richiesta, la domanda è diventata però più selettiva: gli italiani non cercano solo case centrali o di pregio, ma le vogliono moderne, con buona efficienza energetica, ben posizionate nell’ambito dei servizi, luminose e in contesti residenziali con giardino.

Nella recente indagine Fimaa-Nomisma sul “Ruolo dell’agente immobiliare” la clientela ha evidenziato per l’ennesima volta, l’importanza di rivolgersi agli operatori immobiliari in questa fase non semplice di mercato, per sentirsi guidata e maggiormente tutelata nelle compravendite dove far confluire i risparmi e i sacrifici di una vita.

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Il cambiamento più significativo del mercato immobiliare negli ultimi 10 anni lo vediamo in provincia, dove l’offerta degli immobili è molto più consistente rispetto ai centri vitali come Milano e Roma, dato il minor numero di transazioni concluse. Questo fenomeno ha cambiato l’atteggiamento degli acquirenti, i quali hanno la consapevolezza di non “perdere” l’unità immobiliare eventualmente vista o per la quale hanno espresso un interesse, bensì di avere il tempo per fare più visite e più sopralluoghi prima di decidere di comprare. Questo ha generato l’allungamento dei tempi di vendita, che si attestano ancora sui 9 mesi, prima di vedere conclusa la transazione. Ciò non si registra a Milano o Roma, dove invece vi è ancora una “corsa” all’affare e il più delle volte, quando le unità immobiliari poste sul mercato sono “a prezzo”, in 30 giorni si concludono le vendite.

Altro elemento di cambiamento è la “sensibilità energetica” degli acquirenti, che - a oltre un decennio dal varo dell’Ape - prima di acquistare si informano sulla qualità energetica e quindi di risparmio reddituale dell’immobile, quale metro di valutazione nella determinazione del prezzo finale. L’utente medio si orienta sempre più sulle nuove costruzioni, ritenendo il segmento più adeguato alle aspettative di affidabilità e di vivibilità dell’immobile. Anche le “belle ristrutturazioni” nei centri storici sono molto gettonate, ma devono collocarsi appunto in classe energetica non inferiore alla B.

Sul fronte dell’accesso al finanziamento, il cliente tipo è sempre più orientato all’utilizzo del mutuo come metodo di pagamento, con un indebitamento massimo del 75-80% del prezzo di stima, con una durata media tra i 20 e i 25 anni e una preferenza per il tasso fisso.

Quindi il cliente della prima casa è un cliente consapevole, meno ansioso ed esigente dal punto di vista tecnologico.

La seconda casa e il mercato dell’investimento a reddito attraggono molto le società e gli investitori per immobili destinati all’affitto transitorio e in gergo B&B. Per questo segmento le città attrattive sono Milano, Roma, Venezia, Firenze, Verona e Bologna.

Non vi è dubbio che l’utilizzo del web è diventato lo strumento principale per l’esplorazione del mercato e non meno del 77% degli acquirenti di casa si rivolge prima a Internet.

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