Bocciata l’introduzione nel Decreto semplificazioni dell’emendamento proposto per aiutare le imprese edili in difficoltà a sanare i debiti. L’intervento del vice presidente Ance Rudy Girardi.
Decreto semplificazioni, no al fondo di garanzia per le imprese edili
Con l’approvazione al Senato del Decreto Semplificazioni, è stato bocciato l’inserimento dell’emendamento, proposto tra gli altri da Ance, che avrebbe consentito alle piccole e medie imprese edili, con debiti ma anche con crediti verso la Pubblica Amministrazione, di accedere ad un Fondo di Garanzia. Ciò avrebbe consentito di rinegoziare i debiti con le banche, evitando l’esproprio degli immobili. Con la bocciatura dell’emendamento, tali immobili andranno invece ad alimentare il patrimonio immobiliare sottostante agli Npl detenuti dalle banche.
Una possibilità in meno per il mercato immobiliare, che invece vedrà accrescere gli immobili italiani che entreranno in possesso dei veicoli finanziari a cui gli Npl vengono spesso ceduti, e che non di rado sono fondi esteri. Un patrimonio che, stando agli ultimi dati sulle aste, ammonta ad almeno 30 miliardi di euro e che potrebbe vedere il proprio valore calare anche dell’80%. Non certo un aiuto per il mercato immobiliare, né per le imprese edili. E nemmeno per lo Stato, che incassa in questo modo minori imposte di quanto accadrebbe se il debito fosse ripagato interamente, rinegoziato, alla banca originaria.
Imprese edili, serve un fondo di ristrutturazione dei debiti
“L’eredità degli ultimi dieci anni di crisi è stata una enorme massa di crediti deteriorati, i Non Performing Loans – ricorda Rudy Girardi, vicepresidente Ance. – La cessione di questi crediti a veicoli terzi, per favorire le banche nella gestione dei crediti inesigibili, è stata agevolata dal meccanismo delle Gacs, ovvero della garanzia cartolarizzazione delle sofferenze”.
I Gacs, in poche parole, sono delle garanzie statali fornite agli acquirenti di titoli cartolarizzati, in modo che questi non siano danneggiati dalla perdita di valore del credito sottostante, perché lo Stato ne rifonde la differenza col prezzo di acquisto. In questo modo i veicoli terzi possono acquistare crediti deteriorati dalle banche che non riescono più a gestirli (e relativi sottostanti immobiliari) a prezzo di occasione e senza rimetterci nulla.
“Lo strumento dei Gacs – prosegue Girardi, - dovrebbe essere prorogato ed esteso anche agli Utp, ovvero i crediti “unlikely to pay”, in sofferenza sì ma con una ragionevole probabilità di tornare in bonis. Questo non sarebbe accettabile. L’acquisto di crediti deteriorati infatti guarda alla liquidazione dell’azienda, non al suo rilancio”.
Cosa si dovrebbe fare, invece? “Nei mesi scorsi Ance ha auspicato la creazione di un fondo per la ristrutturazione dei debiti in difficoltà che sarebbe un aiuto al ritorno in bonis delle imprese edili – risponde Girardi. - L’emendamento al Decreto Semplificazioni che andava in questa direzione, invece, è stato soppresso. Questo è un segno di grave sottovalutazione del problema e di una mancanza di attenzione verso le conseguenze che ciò può avere sull’economia reale. E’ necessario invece che le risorse statali tornino verso quel tessuto imprenditoriale senza il quale il Pil del nostro Paese difficilmente si risolleverà”.
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