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“Vorrei ma non posto”: agenti immobiliari alla difficile conquista del mondo digitale
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Se si pensa al rapporto tra il mestiere di agente immobiliare e mondo digitale, la sintesi è: vorrei ma non posto. E’ la tesi di Gianluca Capone, fondatore della società di marketing real estate Coachimmobiliare.it, che ha cercato, con un sondaggio, di fotografare quale sia l’atteggiamento degli agenti immobiliari verso la tecnologia, in particolare dopo la pandemia. Il ritratto che ne emerge è quello di un mondo in piena evoluzione, con tanta strada ancora da percorrere verso la piena padronanza del mezzo digitale.

Dopo due anni di pandemia, come è mutato il mestiere di agente immobiliare?

In sintesi: vorrei ma non posto. La pandemia ha svelato tutte le potenzialità del mezzo digitale per il mestiere di agente immobiliare, ma non sempre i professionisti sono attrezzati per coglierne appieno tutte le opportunità. Il presupposto è che abbiamo una popolazione mediamente molto matura di agenti immobiliari, il che può essere un bene per la maggiore esperienza sul territorio e nel gestire alcune problematiche inerenti alle transazioni immobiliari. Però in alcune occasioni questo rappresenta anche un freno all’innovazione.

Qual è l’atteggiamento degli agenti immobiliari nei confronti della tecnologia?

Secondo la survey condotta di recente da Coachimmobiliare.it, il 72,9 per cento degli agenti immobiliari ha maggiore coscienza, rispetto all’inizio della pandemia due anni fa, del fatto che la tecnologia non sia solo utile ma addirittura imprescindibile. Il dato però si scontra col fatto che il 16 per cento dei rispondenti non abbia nemmeno un sito web, e il 43 per cento di chi lo ha lo usa solo come etichetta da mettere sul biglietto da visita e poco altro, senza una vera e propria strategia di marketing collegata. Il 67 per cento ad esempio non ha nemmeno mai sperimentato una campagna su Google. Sono dati che fanno riflettere.

Cosa blocca l’apertura degli agenti immobiliari al mondo digitale?

Innanzitutto la questione anagrafica a cui accennavamo sopra; il 51,4 per cento degli agenti immobiliari ha più di 44 anni, e i giovani sono molto pochi, solo per il 9 per cento hanno meno di 35 anni. Manca forse una intera generazione nella classe degli agenti immobiliari, e per questo manca linfa vitale. Inoltre c’è la diffusa convinzione che avere in portafoglio gli immobili “giusti” renda superfluo avere una strategia web. L’immobile giusto si vende praticamente da solo. Però il 70 per cento degli intervistati riconosce che il portale immobiliare è  irrinunciabile e nel 48,2 per cento afferma addirittura che da esso dipende almeno la metà del fatturato. Quindi probabilmente c’è un problema di lettura dei dati: chi non apprezza l’attività on line è convinto che da essa debbano dipendere – automaticamente – tantissimi lead. Ma non è detto che tanti lead generino fatturato: l’attività on line può generare un solo lead, che però porta la metà del fatturato. In altre parole, non si tratta di avere una strategia web per generare molti contatti, ma per generare quelli di valore. Molti agenti invece non vedono moltiplicarsi i contatti, si scoraggiano e di conseguenza rifiutano l’attività web.

Quali sono gli strumenti tecnologici usati dagli agenti immobiliari?

Gli agenti immobiliari usano i portali web immobiliari e soprattutto il gestionale, utilizzato dal 73 per cento dei rispondenti. Il che però  vuol dire che un 26 per cento non lo usa, e ciò non va bene, perché il gestionale è fondamentale per mappare la clientela, far capire le sue esigenze, aiutare a rispondere a tempo reale fornendo un livello di qualità del servizio che oggi è irrinunciabile. Dopo la pandemia infatti, con i vari servizi di e-commerce on demand,  si è accelerata la digitalizzazione dal basso e il cliente è diventato sempre più esigente e consapevole.

Qual è il rapporto degli agenti immobiliari con i social network?

Anche in questo caso si tende a sottovalutare i social network per le campagne di marketing, ad esempio è latente Linkedin perché si pensa che un curriculum non serva per vendere case; invece non è così, perché condividere le proprie competenze è fondamentale per attrarre la clientela desiderata. Allo stesso modo si sottovalutano le campagne su Google o Facebook, perché si crede che da una campagna social debbano nascere necessariamente una pioggia di lead, e quando questo non succede subentra l’insoddisfazione. Occorre invece capire che i social sono utili per accelerare la comunicazione ma non sono una bacchetta magica, occorre avere una competenza e una base preesistente, che poi i social aiutano a potenziare.

Cosa serve perché il mestiere di agente immobiliare evolva verso il modello digitale?

C’è bisogno di un nuovo modello organizzativo aziendale. Il modello della microagenzia non è più sostenibile perché per fare alcune attività serve budget, partner digitali, aggregazione, nuova organizzazione. Il “piccolo è bello” è finito, come idealista con le sue recenti acquisizioni, da Casa.it a Regold dimostra. Significa che tante piccole realtà individuali entrano in grossi gruppi per avere migliore organizzazione e accedere a utenze maggiori, per poter sostenere progetti di maggiore respiro. Il modello dell’agenzia immobiliare è quindi in evoluzione e le reti digitali potrebbero essere un’alternativa perché permettono di fare rete anche con altri mestieri complementari a quello di vendere case. Ad esempio fotografi, esperti di software, legali: tutte figure che non svolgono propriamente il mestiere dell’agente, ma lo facilitano e ne potenziano la forza. E occorre prendere in seria considerazione la comunicazione, perché da essa dipende la gran parte del successo. Se sei bravo ma non sai comunicare, non esisti. I social network sono imprescindibili, e prima ce ne accorgeremo, meglio sarà.

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