Il preliminare di vendita rischia la risoluzione se l’immobile perde l’agibilità a causa di difformità edilizie? La risposta l’ha fornita la Cassazione, sottolineando che in questi casi bisogna verificare quale inadempimento ha causato il pregiudizio maggiore. Vediamo, nel dettaglio, i termini della vicenda e quanto chiarito. Si ricorda che il preliminare è il contratto con il quale le parti assumono le reciproche obbligazioni. Con questo contratto, venditore e compratore si vincolano ad arrivare in un secondo momento alla stipula dell’atto definitivo.
Come riportato da Edil portale, che ha trattato la vicenda, il caso giunto in Cassazione ha riguardato un contratto preliminare di compravendita di un immobile reso difforme dalle condizioni per le quali era stata rilasciata l’agibilità in seguito ad alcune opere eseguite dal promittente venditore.
Il promissario acquirente ha così presentato ricorso, sostenendo che il venditore ha violato gli obblighi assunti con il contratto preliminare. In seguito al ricorso presentato dal promissario acquirente, il Tribunale ordinario ha ordinato la risoluzione del contratto, la restituzione della caparra e il pagamento di una penale.
Ma il promissario venditore ha deciso di ricorre in appello, affermando “che le difformità edilizie sono di modesta entità e che il promissario acquirente, non lasciandogli il tempo di ripristinare le condizioni iniziali dell’immobile, non ha tenuto un comportamento corretto”.
Il caso è così arrivato in Cassazione. Con la sentenza 18051/2023, la Corte Suprema ha innanzitutto spiegato che in questi casi bisogna verificare quale inadempimento ha causato il pregiudizio maggiore. Secondo i giudici, il fatto che il promissario venditore non abbia consegnato il certificato di agibilità non implica automaticamente la risoluzione del contratto a favore del promissario acquirente e prima di dichiarare la risoluzione del contratto è necessario accertare se la mancanza del certificato di agibilità e le difformità abbiano compromesso la commerciabilità del bene.
I giudici hanno quindi sottolineato che, se nel giudizio emerge che l’immobile presenta tutte le caratteristiche che ne consentono il corretto utilizzo e le difformità edilizie rispetto al progetto originario sono state sanate, il preliminare di compravendita resta valido. La Cassazione ha anche chiarito che, se le difformità edilizie non sono state ancora sanate, “il promissario acquirente deve concedere al promissario venditore il tempo necessario per realizzare gli interventi di ripristino”. Se questo non avviene, “la condotta del promissario acquirente è considerata contraria alla buona fede”.
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