Negli ultimi anni, il fenomeno noto come “ospitalità extra-alberghiera” o “affitti brevi” sta trasformando città, borghi e località di villeggiatura, offrendo nuove opportunità ma anche generando problematiche su più livelli. Tra queste, è tornato d’attualità il tema della sicurezza pubblica, a seguito della recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, che ha annullato la circolare del Ministero dell’Interno che imponeva ad albergatori e locatori per periodi brevi l’obbligo di verificare di persona l’identità degli ospiti al check-in. Il parere dell'Avv. Donatella Marino, di Hospitality Law Lab.
Il laboratorio di accademici e studiosi di diritto del Real Estate e della Hospitality è molto attivo su questo tema, vedendo coinvolti, tra i membri, Donatella Marino, il Prof. Vincenzo Franceschelli, i penalisti Prof. Alessio Lanzi e Angelo Giuliani, nonché Guido Alberto Inzaghi, Tommaso Fiorentino e Luigi Nassivera per il Real Estate amministrativo, e infine Benedetta Mussini.
In particolare, per chiarimenti sulla sentenza del Tar del Lazio relativa agli affitti brevi, abbiamo fatto alcune domande a Donatella Marino.
Prima della sentenza del TAR Lazio, il check-in online era considerato illegale?
Non esattamente. La crescente diffusione del check-in online, in cui il gestore o locatore non incontra fisicamente l’ospite o l’inquilino, ha sollevato dubbi circa la sua compatibilità con l’art. 109 del TULPS (R.D. 773/31), che impone obblighi specifici di identificazione e comunicazione degli ospiti alle Forze dell’Ordine. L’obbligo, inizialmente previsto solo per gli albergatori, è stato esteso anche a chi concede in locazione immobili per meno di 30 giorni (art. 19-bis del D.L. 113/2018), includendo quindi anche i proprietari di appartamenti destinati a locazioni per brevi periodo. Tuttavia, l’obbligo di “dare alloggio solo a persone munite di documento d’identità” e di comunicare i dati entro 24 ore si scontra con la natura civilistica del contratto di locazione, in cui l’inquilino, una volta acquisito il possesso dell’immobile, ne gode in modo esclusivo e senza ingerenze del locatore. Inoltre, il contratto si perfeziona con il semplice accordo tra le parti, senza che l’ingresso fisico abbia rilievo giuridico.
Tali elementi rendono complessa l’applicazione dell’art. 109 TULPS al settore delle locazioni brevi, generando una tensione tra norma penale e struttura civilistica del contratto.
Cosa aveva deciso il Ministero dell’Interno con la Circolare sul check-in da remoto?
Nel novembre 2024, in vista del Giubileo e per garantire la sicurezza pubblica contro il “rischio di alloggiamento di soggetti pericolosi”, il Ministero dell’Interno aveva emesso la Circolare 38138/24 secondo cui, anche in caso di check-in online, i gestori delle strutture ricettive e i locatori di contratti inferiori ai 30 giorni dovevano comunque verificare di persona l’identità degli ospiti, accertando de visu la corrispondenza tra l’individuo e il documento di identità.
Secondo il Ministero, l’obbligo previsto dall’art. 109 TULPS si ritiene assolto solo mediante verifica fisica dell’identità, escludendo ogni forma di controllo da remoto.
Tuttavia, va ricordato che le circolari ministeriali hanno natura interpretativa e non possono istituire nuovi obblighi di legge, tantomeno su simili materie. Come già sottolineato in più occasioni su Hospitality Law Lab, un’interpretazione così restrittiva dell’art. 109, tale da introdurre nuovi obblighi, rischia di essere incompatibile con l’ordinamento giuridico e i principi costituzionali.
Cosa decide dunque la sentenza?
Il TAR Lazio (meglio, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Ter), con Sentenza 10210/2025 accoglie il ricorso della Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera (anche “F.A.R.E”) e conseguentemente annulla la Circolare n. 38138 del 18 novembre 2024, condannando la Pubblica Amministrazione anche al pagamento delle spese di giudizio.
Secondo il TAR Lazio, la Circolare “è viziata, sia perché risulta in contrasto con l’attuale disposto dell’art. 109 TULPS, sia per la violazione del principio di proporzionalità, sia, ancora, per eccesso di potere collegato ad una carenza di istruttoria”.
Quali sono le ragioni dell’annullamento della Circolare?
Semplificando, il TAR Lazio percorre essenzialmente quattro ragionamenti. In primo luogo, la Circolare impugnata non si limiterebbe a proporre una interpretazione dell’Art. 109 TULPS ma introdurrebbe un nuovo obbligo, generando così “un contenuto già lesivo della sfera giuridica dei ricorrenti”, e come tale immediatamente impugnabile. Inoltre, la Circolare non terrebbe conto delle modifiche legislative poste a favore della semplificazione amministrativa, reintroducendo un vecchio (e superato) obbligo di identificazione de visu a carico dei gestori di strutture ricettive. Ancora, secondo il TAR Lazio, “l’identificazione de visu non risulta di per sé in grado di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica cui mira esplicitamente la Circolare, in funzione anche della ratio dell’art. 109 TULPS” in quanto non fa venire meno il rischio che l’alloggio possa essere utilizzato anche da soggetti non identificati dal gestore/proprietario dell’immobile locato anche dopo il primo contatto.
Infine, la Circolare non contiene “giustificazioni adeguate” rispetto all’obbligo imposto, in quanto propone generici riferimenti (al Giubileo e ad altre preoccupazioni poco specifiche e dimostrate) senza supportarvi con i dati necessari a dimostrare la proporzionalità della misura adottata.
Tornano legali, dunque, i locker?
I c.d. locker, spesso installati su cancelli o recinzioni, pongono problemi di decoro urbano e sicurezza. Rischiano infatti di facilitare accessi non autorizzati e compromettere la gestione degli spazi pubblici.
Una soluzione più sicura potrebbe essere rappresentata da sistemi biometrici, come serrature intelligenti con riconoscimento facciale o impronte digitali, che eliminano la necessità di chiavi fisiche e garantiscono un accesso più controllato.
Utili anche i sistemi di videosorveglianza, purché conformi al GDPR (e alle norme sulla riservatezza previste nel nostro ordinamento) e rispettosi dei diritti degli altri condomini. La giurisprudenza li ammette, se proporzionati e destinati a tutelare la sicurezza personale e patrimoniale.
Non si pone, a questo punto, un problema di sicurezza pubblica all’interno dei condomini?
Nei contesti condominiali, le contestazioni al check-in automatizzato si fondano spesso su presunte violazioni della tranquillità e sicurezza, ma la giurisprudenza richiede prove concrete del danno. I limiti alle proprietà esclusive possono essere imposti solo da clausole chiare nei regolamenti contrattuali, la cui violazione va valutata caso per caso in quanto non è sufficiente invocare un rischio generico. E i giudici civili hanno più volte chiarito che la presenza di turisti non comporta di per sé una maggiore pericolosità. Da considerare, invece, che l’obbligo di comunicazione alle Questure offre un presidio aggiuntivo rispetto alla locazione ordinaria, consentendo una maggiore tracciabilità degli ospiti, grazie alla raccolta e trasmissione dei dati agli organi competenti. I problemi che si presentano nei casi di Hospitality nei condomini sono certamente seri ma di altra natura.
In conclusione, come si presenta oggi il problema del check-in on line da remoto?
Il check-in online è ormai una realtà consolidata, frutto di esigenze di flessibilità e innovazione. Purtroppo, però, continua a scontrarsi con una normativa obsoleta e disorganica, tanto nel diritto penale quanto in quello civile e amministrativo. Un aggiornamento legislativo è auspicabile, per garantire maggiore chiarezza e certezza del diritto, contemperando le esigenze di sicurezza pubblica, semplificazione amministrativa, tutela della privacy e libertà contrattuale.
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