L’area di Fornace Zarattini, frazione del comune di Ravenna, è stata una delle più colpite dall’alluvione che nei giorni scorsi ha drammaticamente interessato l’Emilia-Romagna e in seguito alla quale il Consiglio del ministri che si è riunito ieri ha stanziato oltre 2 miliardi di euro, “al fine di garantire il soccorso e l’assistenza alle popolazioni e alle aziende colpite dall’alluvione e di procedere rapidamente al superamento della fase emergenziale”. Tutto è iniziato una settimana fa e ad oggi in alcune zone la situazione è ancora critica, sebbene l’acqua cominci a ritirarsi. Secondo quanto fatto sapere dalla Regione Emilia-Romagna, alle ore 12:00 di mercoledì 23 maggio erano ancora 23.067 le persone che avevano dovuto lasciare la propria casa: 16.445 nel ravennate, 4.462 in provincia di Forlì-Cesena e 2.160 nel bolognese. Senza contare gli ingenti danni, ai quali in queste ore si sta aggiungendo l'allarme sanitario. Per cercare di capire meglio cosa è accaduto, idealista/news ha parlato con Maria Febbo, titolare dell’agenzia immobiliare “Bella Casa”, che si trova proprio in quel territorio, nella frazione di Fornace Zarattini.
Qual è la situazione?
“Fornace Zarattini, prima periferia a ridosso del centro di Ravenna, è il punto più colpito. Per salvaguardare il centro e non permettere all’acqua di arrivare fino a lì, hanno messo delle barriere che hanno allagato tutta la frazione di Fornace. Siamo molto arrabbiati.
La parte nord ha registrato dei grossi danni a livello di taverne e di garage, mentre la parte sud, dall’altra parte della via Faentina, è completamente sommersa. Lì nelle case ci sono due metri di acqua, i piani terra sono allagati, i mobili galleggiano”.
Quando è scoppiata l’emergenza?
“Martedì 16 maggio sono passati vigili e polizia dicendo che dovevamo cominciare a sfollare, ad andare via. C’era brutto tempo, ma le case erano ancora agibili.
Mercoledì 17 maggio è poi andata via la luce, era sera e abbiamo sentito delle persone che urlavano ‘l’acqua sta arrivando’.
Io ho fatto subito venire da me mia figlia con i bambini, ma quando è mancata la corrente siamo andati via e abbiamo avuto dieci minuti per raggiungere il centro di accoglienza, dopodiché erigevano il muro che non permetteva più di uscire. Una volta che hanno chiuso, l’acqua è aumentata a dismisura nel giro di poche ore. I suoceri di mia figlia, che erano voluti rimanere in casa, si sono trasferiti dal piano terra al primo piano e quando hanno visto che l’acqua iniziava ad arrivare anche al primo piano hanno chiamato i soccorsi e sono stati tratti in salvo con i gommoni. Una cosa allucinante”.
Poi cosa è accaduto?
“Dove mi trovo io, in via Orioli, la situazione ha cominciato leggermente a migliorare lunedì 22 maggio, anche l’acqua nel campo circostante ha cominciato piano piano a ritirarsi. Lunedì è stato il primo giorno in cui a via Orioli i residenti hanno cominciato lavorare per svuotare le taverne. Ma è stato necessario lasciare nuovamente le abitazioni perché l’aria si era fatta irrespirabile, c’era una gran puzza di gasolio. Le persone sono allo stremo delle forze. Spostandosi invece a un chilometro verso il centro rispetto a dove mi trovo io c’è ancora molta acqua.
Gli ingegneri hanno cominciato a studiare un piano per far defluire l’acqua stagnante che è alta fino a 1,80 metri.
I volontari con i gommoni sono a costante disposizione delle persone che hanno bisogno di andare a recuperare qualcosa nelle case allagate”.
Vi hanno comunicato qualcosa?
“Dicono che c’è ancora pericolo. Nel frattempo, collegandosi a un generatore che viene dal centro, è stata riattaccata la corrente. Con alcuni colleghi, mio genero sta organizzando delle pompe di sollevamento delle acque.
I residente si stanno organizzando. Poi sono arrivati tantissimi volontari da Parma, da Reggio Emilia, da Mantova. Tanti ragazzi giovani che sono venuti qui a rimboccarsi le maniche, lavorando con tutto il corpo nel fango, andando nelle case a prestare soccorso con le tute da sommozzatore”.
La popolazione sta dimostrando una grande forza d’animo…
“Nonostante questo dramma che stiamo vivendo tutti, in particolare coloro che vivono al di là della Faentina, non ho visto nessuno piangere.
Qui non ho visto una sola lacrima, ma tanta voglia di lavorare. C’è tanta determinazione.
Io non sono di Fornace Zarattini, ci sono venuta a vivere venti anni fa, ma posso assolutamente dire che i fornacesi hanno una tempra invidiabile: nonostante abbiano le case completamente a mollo, nonostante debbano fare fronte a non so quanti danni economici e morali, non si abbattono.
Quando abbiamo dovuto lasciare l’abitazione, io e mia figlia, insieme ai miei tre nipoti e ai miei tre animali domestici, siamo andati in un hotel, l’Hotel Mattei, dove sono stati molto carini, ci hanno offerto accoglienza senza farci pagare alcunché. Ci hanno trattato benissimo, ci hanno dato delle camere bellissime, pranzo e cena. Anche al primo centro di accoglienza i volontari ci hanno trattato benissimo, c’è stato chi si è occupato dei bambini, chi dei miei cani. A livello umano è stata un’esperienza molto profonda. Poi il dramma economico purtroppo c’è, ma a livello umano ho visto tanta voglia di aiutare. È importante che adesso si diano da fare le autorità”.
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