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La tettoia è edilizia libera? Dipende da dimensioni, conformazione e utilizzo
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Con la sentenza 58/2019, il Tar della Campania ha chiarito che l’installazione di una tettoia può rientrare tra gli interventi di edilizia libera solo in poche circostanze. Vediamo quali.

Si tratta, innanzitutto, di un intervento che nella maggior parte dei casi richiede il permesso di costruire. Ma ci sono talune circostanze in cui l’installazione di una tettoia rientra nell’edilizia libera.

Secondo quanto ricordato dai giudici, gli interventi consistenti nella realizzazione di tettoie o di altre strutture apposte a parti di preesistenti edifici – come strutture accessorie di protezione o i ripari di spazi liberi – non sono soggetti al permesso di costruire solo se dalla loro conformazione o dalle dimensioni ridotte emerge in modo chiaro che sono destinati a semplice decoro, arredo o riparo e protezione della parte dell’immobile cui accedono.

Se invece le dimensioni sono di entità tali da escludere il carattere di accessorietà o arrecare una visibile alterazione dell’edificio o alle parti dello stesso su cui viene inserita, per l’installazione della tettoia è richiesto il permesso di costruire.

Per capire quale titolo abilitativo utilizzare è indispensabile considerare il momento in cui è realizzata la tettoia sulla base del principio “tempus regit actum”: il regime sanzionatorio cui l’opera è assoggettata deve essere determinato alla luce della qualificazione che essa riceve alla data in cui il potere sanzionatorio è esercitato.

Nel caso in esame, il proprietario di un immobile aveva realizzato senza alcun permesso edilizio una serie di tettoie e dei corpi di fabbrica adibiti a cucina, lavatoio, deposito e garage. Date le loro dimensioni, il Comune aveva affermato che sarebbe stato necessario il permesso di costruire e ne aveva ordinato la demolizione.

Il proprietario dell’immobile aveva obiettato affermando che si trattava di tettoie e di un gazebo di modeste dimensioni per la protezione e il riparo di spazi liberi all’interno di un cortile e di un giardino di sua proprietà. A suo avviso, gli interventi rientravano nel novero dell’edilizia libera o, al massimo, in quelli soggetti a Dia (oggi Scia).

Alla luce di queste considerazioni, il proprietario dell’immobile riteneva che la realizzazione “abusiva” dei manufatti dovesse essere punita ai sensi dell’articolo 37 del Dpr 380/2001, quindi con una multa, e non con la demolizione prevista dall’articolo 31. Il ricorrente sosteneva infine che nella definizione di pergotenda, inserita al numero 50 del DM 2 marzo 2018 contenente il Glossario con l’elenco non esaustivo delle opere realizzabili in regime di edilizia libera, potessero rientrare anche le piccole tettoie.

Ma il Tar della Campania si è espresso diversamente ribadendo che, per le loro dimensioni, le opere realizzate non potevano qualificarsi come intervento di edilizia libera. I giudici hanno poi affermato che il DM 2 marzo 2018 non poteva essere preso come riferimento dal momento che le opere erano state realizzate molto prima. Sulla base di questi motivi, il Tar ha confermato l’ordine di demolizione emesso dal Comune.

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