
Come si procede alla cancellazione dell’usufrutto, ad esempio quando si vuole procedere con la vendita dell’immobile in uso a terzi? Per quanto si tratti di un dubbio decisamente diffuso, è necessario rispettare alcune casistiche di legge che permettono di estinguere il diritto reale gravante sull’immobile.
L’usufrutto può infatti essere terminato con il consenso dell’usufruttuario o, ancora, in caso di morte dello stesso o alla scadenza concordata. Vi possono però essere ulteriori casi, quali la cessazione per negligenza o per mancato uso.
Le caratteristiche dell’usufrutto
Innanzitutto, è utile ricordare brevemente quali siano le caratteristiche essenziali dell’usufrutto. Regolato dagli articoli 978 e successivi del Codice Civile, l’usufrutto è sostanzialmente il diritto reale che viene concesso a una persona - fisica o giuridica - di disporre di un bene senza esserne proprietario. In ambito immobiliare, ciò si traduce con il nudo proprietario di un immobile che decide di offrirlo a terzi indipendentemente da accordi monetari o non monetari, ad esempio per vincoli affettivi. Un caso frequente è quello dei genitori che rimangono usufruttuari dopo aver intestato un immobile al figlio.
Affinché l’usufrutto sia valido, è però necessario rispettare alcune specifiche condizioni. L’usufrutto, infatti:
- deve essere una precisa scadenza, che può essere temporalmente determinata oppure coincidere con la morte dell’usufruttuario: in questo caso, si parla di usufrutto a vita. Se l’immobile viene concesso a una persona giuridica, invece, la durata massima è di 30 anni, come previsto dall’articolo 979 del Codice Civile;
- non può essere soggetto a eredità e successioni, ma si estingue sempre con la morte del beneficiario;
- non può inibire la vendita dell’immobile, purché l’acquirente ne sia debitamente informato.

Di conseguenza, i nudi proprietari che volessero vendere un immobile in presenza di un contratto di usufrutto:
- possono venderlo come tale, lasciando il diritto di usufrutto attivo anche con il trasferimento di proprietà;
- possono cancellarlo, nei casi previsti dalla legge.
Cosa bisogna fare per togliere l’usufrutto
Indicate le caratteristiche generali dell’usufrutto, come si procede per cancellarlo? Come già accennato, vi sono delle specifiche casistiche di legge da rispettare, così come anche altrettanto specifiche procedure, per poter estinguere un usufrutto.
Quando l’usufrutto può essere cancellato
In caso si desiderasse togliere un usufrutto concesso su un’immobile, in un’ottica di futura vendita, è innanzitutto necessario verificare di ritrovarsi in alcune casistiche previste a livello normativo. In linea generale, l’accordo tra proprietario e usufruttuario si interrompe:
- alla scadenza del diritto, secondo quanto stabilito dalle parti;
- alla scomparsa dell’usufruttuario, in caso di usufrutto a vita, in questo caso si parla di estinzione naturale.
Entrambe le situazioni elencate, pur interrompendo di fatto l’usufrutto, richiedono comunque una procedura formale di comunicazione di cessazione del diritto all’Agenzia delle Entrate e di aggiornamento dei registri catastali, così come si spiegherà nei prossimi paragrafi.
Vi possono poi essere anche delle situazioni in cui è ammissibile procedere alla cancellazione anticipata dello stesso usufrutto. In particolare:
- per cancellazione in vita, ovvero per rinuncia volontaria da parte dell’usufruttuario, in base a quanto definito dall’articolo 1350 del Codice Civile;
- per prescrizione, ovvero quando non si gode del diritto di usufrutto per 20 anni consecutivi e ininterrotti, ai sensi dell’articolo 1014 del Codice Civile;
- per distruzione del bene immobile;
- per negligenza o abuso da parte dell’usufruttuario, in base a quanto stabilito dagli articoli 1015 e 1018 del Codice Civile. Il caso tipico è quello dell’usufruttuario che, senza vagliare preventivamente il parere del nudo proprietario, procede al cambio di destinazione d’uso dell’immobile.
Come togliere l’usufrutto alla morte dell’usufruttuario
Come già accennato nel precedente paragrafo, alla sua naturale scadenza - si tratti per limiti temporali di contratto o per la scomparsa dell’usufruttuario - l’usufrutto si estingue automaticamente. Tuttavia, prima di procedere alla vendita dell’immobile, per effettivamente togliere l’usufrutto per morte è necessario:
- presentare la dichiarazione di successione presso l’Agenzia delle Entrare, per espletare tutte le necessità ai soli fini fiscali;
- richiedere contestualmente la cancellazione della trascrizione dello stesso usufrutto dai registri immobiliari, con il deposito dell’atto di morte o della dichiarazione di successione;
- procedere anche all’aggiornamento catastale sull’immobile, se necessario.
Come togliere l’usufrutto in vita
Se, invece, si vuole procedere alla cancellazione dell’usufrutto in vita, per poi procedere alla vendita dell’immobile, è necessario che vi sia il consenso dello stesso usufruttuario. In altre parole, il soggetto che gode dell’immobile dovrà procedere con una rinuncia volontaria, che trasferisce nuovamente il godimento del bene al nudo proprietario. Questa operazione prevede:
- la stipula di un atto notarile, per attestare ufficialmente la rinuncia;
- la trasmissione dell’atto presso i registri immobiliari dell’Agenzia delle Entrate;
- l’eventuale aggiornamento catastale dell’immobile.
Può essere anche necessario ricordare che la legge non vieta di vendere l'immobile con usufrutto attivo. In questo caso, gli accordi presi con l’usufruttuario verranno trasferiti al nuovo proprietario, tuttavia si tratta di una casistica non eccessivamente frequente, poiché proprio la presenza di un usufruttuario può rendere la compravendita più difficile o, ancora, ridurre il valore di mercato dello stesso immobile.

Con l’usufruttuario ancora in vita, si può procedere anche alla cancellazione per prescrizione, purché si dimostri che il titolare dei diritti di godimento non ne abbia approfittato per 20 anni in modo continuativo. Ciò è possibile tramite dichiarazioni scritte e autenticate di eventuali testimoni o, ancora, per conferma scritta da parte dello stesso usufruttuario.
Come togliere l’usufrutto per negligenza o abuso
Se, invece, si vuole cancellare l’usufrutto per negligenza o abuso, ai sensi dell’articolo 1015 del Codice Civile, bisognerà rivolgersi al tribunale per ottenere una sentenza di decadenza del diritto di usufrutto stesso. Per poter procedere, l’usufruttuario deve:
- danneggiare gravemente l’immobile;
- opporsi alla manutenzione ordinaria a suo carico;
- cambiare la destinazione d’uso dell’immobile senza l’autorizzazione del proprietario;
- rendersi responsabile di altri comportamenti negligenti.
Inoltre, è bene sapere che nei casi di negligenza o abuso è possibile anche ottenere lo sfratto dell’usufruttuario.
Quanto costa la cancellazione di un usufrutto
Analizzati i casi e le procedure che permettono di approfittare della cancellazione di un usufrutto, per poi procedere alla vendita dell’immobile, quali sono i costi da prendere in considerazione? L’entità della spesa varia sia a seconda della casistica di estinzione che dell’eventuale necessità di rivolgersi a professionisti, ad esempio il notaio.
In linea generale, per una cancellazione automatica - quindi alla scadenza o alla morte dell’usufruttuario - si dovrà considerare che:
- se si procede autonomamente alla comunicazione e alla richiesta di aggiornamento catastale all’Agenzia delle Entrate, i costi sono irrisori, in molti casi anche del tutto gratuiti;
- se ci si avvale dell’aiuto di un professionista, invece, si potrebbero sostenere dei costi tra i 300 e i 600 euro di media.
In caso la rinuncia fosse volontaria da parte dello stesso usufruttuario, si dovranno invece sostenere:
- un onorario del notaio, variabile a seconda del valore del diritto di usufrutto, solitamente tra 1.000 e 2.000 euro;
- un’imposta di registro del 2% sul valore catastale del diritto di usufrutto;
- tra i 200 e i 300 euro per le spese di trascrizione o catastali.
È bene anche specificare che, nei casi di abuso o negligenza, l’annullamento dell’usufrutto viene definito tramite sentenza. Potrebbero comunque essere dovuti, però, gli oneri di trascrizione o catastali. Per questa ragione, è sempre indicato chiedere un parere al proprio legale di fiducia, prima di avviare l’operazione.
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