
Con l’arrivo della bella stagione, e di temperature sempre più gradevoli, in molti progettano di cucinare sul balcone in condominio, si tratti di una veloce grigliata o di un barbecue con gli amici. Ma quando lo si può fare?
In linea generale, non vi sono vincoli specifici a utilizzare il terrazzo come cucina improvvisata, purché si rispettino i limiti stabiliti dall’articolo 844 del Codice Civile, che regola le immissioni - fumi, odori e rumori - evitando molestie intollerabili ai vicini. Ancora, potrebbero inoltre esservi limiti più rigidi e divieti stabiliti dal regolamento condominiale.
Quando si può cucinare sul balcone
Per chi può disporre di un balcone sufficientemente grande, cucinare rappresenta un’ottima occasione per trascorrere un po’ di tempo all’aria aperta, magari approfittando delle calde giornate primaverili ed estive. Eppure, non basta dotarsi di fornelli rimovibili o di un barbecue, bisogna prima vagliare eventuali divieti e limitazioni. Ma come procedere?
I vincoli di legge sulla cucina in balcone
Per rispondere al dubbio se si possa cucinare sul balcone in un condominio, è innanzitutto necessario prendere in considerazione i vincoli imposti dalla legge. Così come già accennato in apertura, armarsi di pentole e fornelli su un terrazzo non è generalmente vietato, tuttavia bisogna prestare attenzione a non arrecare disturbo agli altri.
Il principale riferimento è quello all’articolo 844 del Codice Civile, che spiega che le immissioni che possono propagarsi nelle proprietà altrui - come, ad esempio, il fumo, gli odori o i rumori - debbano rimanere entro i limiti della normale tollerabilità. Come facile intuire, il concetto di normale tollerabilità non è semplice da definire, poiché può dipendere anche da valutazioni soggettive. Di norma:
- per i rumori, si considerano eventuali limiti di decibel stabiliti a livello nazionale o locale;
- per fumi e odori, la valutazione avviene caso per caso, con il giudice che stabilisce se le immissioni superano la soglia di tollerabilità, considerando fattori come la frequenza, l’intensità e la distanza tra i balconi. Inoltre, il giudice può avvalersi di perizie tecniche per misurare l’impatto delle stesse immissioni.

È bene sapere che la Cassazione, con la sentenza 10929/2007, ha stabilito che le immissioni da cottura all’aperto possono essere moleste anche se saltuarie, quando risultano significativamente fastidiose per i vicini.
Il buon senso suggerisce, di conseguenza, di utilizzare il piano cottura sul balcone in modo parsimonioso, evitando di produrre fumi sgradevoli che potrebbero penetrare dalle finestre negli appartamenti altrui o, ancora, rilasciare odori particolarmente molesti.
Oltre al Codice Civile, è fondamentale verificare eventuali ordinanze comunali che regolano l’uso di barbecue o attrezzature da cucina all’aperto. Alcuni Comuni, specialmente in aree urbane dense, vietano infatti i barbecue a fiamma libera per motivi di sicurezza antincendio o, ancora, limitano l’uso di dispositivi a gas o elettrici.
Il ruolo del regolamento condominiale
Sebbene il Codice Civile non vieti espressamente di approfittare di un terrazzo per preparare dei gustosi manicaretti, un ruolo cruciale spetta alle regole di condominio sul cucinare in balcone. In particolare:
- il regolamento condominiale, approvato dall’assemblea, può introdurre vincoli specifici - ad esempio, specificando gli orari in cui si può cucinare o la tipologia di immissioni ammesse - così come precisi divieti;
- il regolamento contrattuale, approvato all’unanimità o stilato dal costruttore, può includere dei divieti o dei limiti ben più vincolanti.
È utile ricordare che, qualora il divieto fosse dovuto a un regolamento contrattuale, l’eventuale modifica richiede sempre l’unanimità dei condomini. Ancora, in assenza di limitazioni, bisogna comunque sempre evitare di mettere a repentaglio la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico dello stabile.
È legale fare il barbecue sul balcone?
Anche quando cucinare sul balcone è ammesso, è più che lecito sorgano fra i condomini dei dubbi sulle attività normalmente più fastidiose, come ad esempio il barbecue. D’altronde, i fumi e gli odori sprigionati da griglie e affini possono essere anche molto intensi, è quindi legale farlo?
Anche in questo caso, non vi sono divieti specifici, se non i limiti già visti dell’articolo 844 del Codice Civile e del regolamento condominiale. Ovviamente, i rischi sono maggiori: proprio poiché il barbecue tende a produrre una grande quantità di fumo, è più probabile che i vicini se ne lamentino. Per questo, è certamente indicato cautelarsi preventivamente, ad esempio scegliendo attrezzature elettriche, come i recenti barbecue senza fumo, oppure a gas, meno impattanti delle soluzioni a carbonella.
Indipendentemente dalla tecnologia scelta, rimane indispensabile rispettare le norme di sicurezza antincendio, ad esempio mantenendo il barbecue lontano da materiali infiammabili, come tende, mobili o piante ornamentali.

Come facile intuire, queste considerazioni valgono anche per altre tipologie di cucina potenzialmente fastidiose. Ad esempio, si può friggere sul balcone? O, ancora, si può arrostire sempre sul balcone? Anche in questi casi, il criterio principale è sempre quello delle immissioni oltre la normale tollerabilità: se arrostendo si producono dei fumi particolarmenti fastidiosi, oppure l’odore di fritto invade gli appartamenti altrui, si rischiano quantomeno le lamentele dei propri dirimpettai.
Casi specifici di attività culinarie in balcone
Infine, è utile anche analizzare casi specifici di attività di cucina che, se realizzate su un balcone o una terrazza, potrebbero esporre a problemi.
La prima evenienza è quella della cucina sul balcone verandato. Poiché si tratta di un ambiente chiuso, l’installazione di attrezzature per cucinare in questa area potrebbe essere soggetta ad autorizzazioni specifiche.
Seppur la valutazione sia caso per caso, la trasformazione di una veranda in quella che, di fatto, sarebbe una cucina abitabile, potrebbe richiedere permessi edilizi, perché comporta una modifica della destinazione d’uso dello spazio. Ancora, l’installazione di gas o apparecchi elettrici potrebbe essere soggetta alle norme antincendio previste dal D.M. 37/2008. Queste norme però si applicano soprattutto a installazioni fisse, mentre l’uso di barbecue o fornelli portatili non richiede autorizzazioni particolari, oltre al rispetto delle regole condominiali e di sicurezza.
Il secondo caso, invece, riguarda un aspetto mai preso in considerazione dai condomini: la possibilità di mangiare sul balcone. Per quanto l’attività non sia vietata, bisogna sempre accertarsi di non produrre rumori, odori o fumi che potrebbero essere intollerabili per i vicini, in base a quanto previsto dal già citato articolo 844 del Codice Civile.
I rischi del cucinare sul balcone in condominio
Ma quali sono i rischi di cucinare sul balcone? In altre parole, cosa può accadere al condomino che, in barba al regolamento condominiale o ai vincoli di legge, decide di procedere comunque con griglie, barbecue e fornelli?
La violazione del regolamento condominiale
Quando il regolamento condominiale vieta questa attività, ma il condomino decide arbitrariamente di procedere comunque, si configura una violazione. In questo caso, l’amministratore di condominio può inoltrare un richiamo scritto al responsabile, intimandolo di cessare con la cottura di cibi in balcone.

In caso l’avvertimento da parte dell’amministratore non sortisse alcun effetto, l’assemblea condominiale può:
- deliberare delle sanzioni, se previste dal regolamento condominiale, come stabilito dall’articolo 70 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile. Possono essere previste multe fino a 200 euro per la violazione del regolamento approvato a maggioranza, che possono salire a 800 in caso di recidiva;
- avviare un’azione legale affinché il divieto venga rispettato.
I singoli condomini, invece, possono invece citare in giudizio il condominio per immissioni moleste, in base al già illustrato articolo 844 del Codice Civile.
Quando si può far causa a chi cucina sul balcone
Come già specificato nei precedenti paragrafi, i condomini possono citare in giudizio il vicino di casa che cucina in balcone, se le immissioni superano la normale tollerabilità. Come già visto, non vi sono criteri universali di valutazione, è però sufficiente che fumi oppure odori causino una molestia intollerabile. Ad esempio:
- il fumo prodotto dal vicino rende l’aria di casa irrespirabile, minacciando la salute dei residenti;
- l’odore delle pietanze o di bruciato è tanto intollerabile, da costringere i vicini a tenere le finestre perennemente chiuse;
- i rumori molesti, come il chiacchiericcio, impediscono di riposare o di condurre le proprie attività domestiche e lavorative.
La valutazione del caso spetta al giudice che, se necessario, disporrà misurazioni e sopralluoghi per comprendere l’intensità del disagio subito. Per questa ragione, prima di avviare una causa è sempre consigliato chiedere un parere preliminare al proprio avvocato di fiducia.
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