
Un sussidio che è anche misura per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro. Ma il paradosso del reddito di cittadinanza è che ci sono lavoratori che guadagnano meno di 780 euro.
Dove? Soprattutto al Sud, come ha sottolineato durante un’audizione in Senato il presidente dell’Inps Tito Boeri: “Secondo i dati Inps, quasi il 45% dei dipendenti privati nel Mezzogiorno ha redditi di lavoro netti inferiori a quelli garantiti dal reddito di cittadinanza a un individuo che dichiari di avere un reddito pari a zero”.
Da qui nasce il paradosso per il quale, a partire da aprile, un disoccupato che percepisce reddito di cittadinanza guadagnerebbe più di un lavoratore dipendente. Secondo i dati Inps del 2017, in Calabria l’11,2% dei lavoratori guadagna meno di 10mila euro annui (con il reddito di cittadinanza il massimo che si può raggiungere è 9360 euro).
Sicilia (9,89%) e Campania (9%) occupano rispettivamente secondo e terzo posto di questa classifica. Al contrario, le regioni con la percentuale più bassa di lavoratori che guadagnano meno di 10mila euro sono Emilia-Romagna (2,54%), Valle d’Aosta (3%) e Lombardia (3,21%).
La categoria più penalizzata è quella degli apprendisti (seguita da operai e impiegati), anche perché in molti casi i contratti sono part time. È bene sottolineare che secondo il regolamento chi si licenzia (o si è licenziato nei 12 mesi precedenti all’introduzione del reddito di cittadinanza).
Ma Boeri ha comunque sottolineato nel suo testo d’analisi: “Il problema è che il reddito di cittadinanza fissa un livello di prestazione molto elevato per un singolo”. E gli ha fatto eco il presidente dell’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio) Giuseppe Pisauro: “Per come è congegnato il reddito di cittadinanza è connotato dalla debolezza degli incentivi a partecipare spontaneamente all’attività lavorativa”.
“Questo disincentivo – ha specificato Pisauro – è aggravato dal fatto che il reddito di cittadinanza potrebbe spiazzare segmenti del mercato del lavoro, soprattutto al Sud, caratterizzati da retribuzioni particolarmente modeste eventualmente dovute a rapporti part-time o di collaborazione, per i quali l’attività lavorativa non risulterebbe economicamente conveniente”.
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