In attesa della “vera” riforma delle pensioni e per non tornare di colpo alla riforma Fornero, il governo sta pensando ad una nuova “quota ponte” per le pensioni. L’ha spiegato in una intervista il sottosegretario al lavoro, Claudio Durigon. Si tratta della cosiddetta "quota 103”; ecco di cosa si tratta.
Quota 103, 41 anni di contributi e 62 anagrafici
Per andare in pensione con quota 103 occorrerà avere totalizzato 41 anni di contributi e 62 anni anagrafici. È la proposta per poter evitare un brusco ritorno alla riforma Fornero, posticipando una riforma delle pensioni che va fatta, secondo il sottosegretario al lavoro, con attenzione e senza fretta per evitare errori.
"Noi proporremo una quota ponte che è quota 41 che inizia con un paletto degli anni, - ha detto Durigon. - Questo credo che sia necessario perché un riforma pensionistica strutturale così complessa con tanti sistemi di fuoriuscita credo vada messa a regime con un confronto".
Precisa il sottosegretario: "Fare le cose di fretta avrebbe portato degli errori", ha aggiunto: ma serve una "riforma pensionistica complessiva che lanci definitivamente quota 41" e "ci prendiamo l'anno successivo per pensare questa norma insieme alle parti sociali".
Per il 2023 quindi si andrà in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni anagrafici. La nuova quota andrà a sostituire quota 102, in vigore per il 2022, mantenendo Opzione Donna e Ape sociale.
Pensioni, la novità di quota 41
L’idea della quota 103 come ponte è quella di approdare poi a una “quota 41” secca, ovvero l’andata in pensione con 41 anni di contributi senza requisiti anagrafici. Un progetto che deve però trovare appoggio nelle casse statali: il sottosegretario Durigon ha calcolato che una simile misura costerebbe 4 miliardi di euro già solo il primo anno, che potrebbero salire a 10 nel 2029. Col requisito anagrafico di 62 anni, invece, la misura costerà 800 milioni di euro nel 2023.
Indicizzazione delle pensioni 2023
Per finanziare le misure sulle pensioni e sugli altri provvedimenti previsti dalla legge di bilancio, mirati soprattutto a calmierare il caro bollette, potrebbe essere necessario poi rivedere l’indicizzazione delle pensioni. Per il 2023 si rivede un rialzo degli assegni pensionistici del 7,3 per cento; la rivalutazione del 100 per cento sia ha per gli assegni fino a quattro volte il minimo, si scende al 90 per cento per gli assegni tra i 4 e le 5 volte il minimo e al 75 per cento sopra il 5 per cento. Per quest’ultima fascia si starebbe pensando di limare gli aumenti per reperire le risorse necessarie alla legge di Bilancio.
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