Si discute della misura contenuta nella bozza della legge di Bilancio e si cerca di capire chi ci guadagna veramente
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Taglio Irpef
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La bozza della legge di Bilancio 2026 prevede, tra le altre cose, il taglio dell’Irpef. Una misura rivolta al cosiddetto ceto medio, ovvero il secondo scaglione. Nello specifico, si tratta di una riduzione di due punti dell’aliquota Irpef per i redditi tra i 28mila e i 50mila euro. Si passerebbe così dal 35 al 33% sul secondo scaglione dell’imposta. Nei giorni scorsi, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che il taglio dell’Irpef farà sentire i suoi effetti su quasi 13,6 milioni di contribuenti. Ma chi ci guadagna veramente e chi ci perde? Vediamo cosa è emerso dai calcoli che sono stati fatti.

Taglio Irpef 2026, la simulazione 

L’organizzazione di consumatori Altroconsumo ha calcolato quanto rimarrebbe in più sul cedolino nel caso in cui venisse approvata la proposta di ridurre dal 35% al 33% l’Irpef per i redditi medi, tra i 28mila e i 50mila euro. Il beneficio andrebbe da 440 euro per chi guadagna 50mila euro lordi all’anno a 140 euro per chi ne percepisce 35mila, fino a circa 40 euro per chi guadagna 30mila euro. L’organizzazione di consumatori ha sottolineato che dovrà restituire allo Stato il beneficio ottenuto solo chi supera i 200mila euro di reddito.

Irpef 2026, le ipotesi e le criticità

Altroconsumo ha offerto il proprio contributo e ha fatto delle osservazioni agli articoli contenuti nella bozza della prossima legge di Bilancio. In particolare, ha fatto delle simulazioni per capire che cosa effettivamente accadrà alle entrate delle famiglie italiane. 

In base alle simulazioni dell’organizzazione di consumatori, considerando solo la variazione Irpef potremmo avere uno scenario di questo tipo:

  • Fino a 28mila euro: nessun effetto (già beneficiati dalla riforma 2024).
  • Tra 28mila e 50mila euro: riduzione di 2 punti percentuali sulla parte eccedente i 28.000 euro.
  • Oltre 50mila euro: il risparmio massimo si ferma a 440 euro, poiché oltre questa soglia l’aliquota resta al 43%.

Altroconsumo ha sottolineato che “le nuove aliquote Irpef avranno effetti sia sui lavoratori dipendenti sia sui pensionati. Tuttavia, per i dipendenti va considerato anche il taglio del cuneo fiscale, che dal 2025 ha cambiato forma. Fino al 2024, infatti, il cuneo era ridotto tramite una diminuzione dei contributi previdenziali per chi guadagnava fino a 25mila euro. Dal 2025, invece, è stato sostituito da una detrazione aggiuntiva, che in alcuni casi ha ridotto leggermente lo stipendio per i redditi più bassi. I pensionati, non essendo interessati dal cuneo fiscale, beneficeranno soltanto del taglio dell’aliquota Irpef”.

L’organizzazione di consumatori ha poi evidenziato che “si interviene anche sul sistema delle detrazioni per chi ha un reddito oltre i 75.000 euro, prevedendo un sistema complesso di rimodulazione per redditi che comporterà la restituzione di somme di denaro da parte dei contribuenti”. Nel dettaglio:

  • oltre 50mila euro: restituzione di 260 euro in dichiarazione;
  • da 75mila euro in su: tetto massimo di detrazioni pari a 14mila euro, calcolato con il sistema del quoziente familiare;
  • da 100mila euro: limite ridotto a 8mila euro;
  • da 120mila euro: ulteriore riduzione fino ad azzerarsi a 240mila euro;
  • oltre 200mila euro: restituzione dei 440 euro derivanti dal taglio Irpef 2026;
  • oltre i 240mila euro: azzeramento totale delle detrazioni.

Altroconsumo ha quindi evidenziato alcuni problemi:

  • la disparità di trattamento: questo meccanismo, se applicato, perpetuerebbe la criticità in cui a parità di reddito, due persone potrebbero subire trattamenti differenti; chi non ha spese detraibili (o le cui spese detraibili si salvano dal taglio) si terrebbe il beneficio, mentre chi sostiene spese detraibili (es. scuola dei figli, mutuo) vedrebbe il suo rimborso ridotto;
  • l’incentivo all’economia sommersa: la riduzione della convenienza nel portare spese in detrazione potrebbe spingere una parte dei pagamenti a ritornare nell’economia sommersa, con conseguente perdita di gettito per lo Stato;
  • l’incertezza del netto: la complessità delle regole applicative rende incerto l’effettivo beneficio netto sul reddito disponibile, rimandando alla dichiarazione dei redditi il conguaglio che potrebbe essere notevolmente ridotto;
  • la complessità e gestione: il sistema fiscale italiano tende a diventare sempre più complesso con l’introduzione di meccanismi di “restituzione” o compensazione, rendendo difficile per il contribuente medio comprendere il proprio effettivo guadagno o perdita.

L’organizzazione di consumatori ha affermato che “dal 2025 il sistema di incentivazione pensato per produrre un taglio del cuneo fiscale è passato dalla riduzione delle aliquote previdenziali a carico del lavoratore dipendente a quello di introduzione di detrazioni ad hoc. Il novellato sistema ha creato disparità di trattamento e, in certi casi una riduzione dello stipendio netto, oltre alla necessità di ricalcolo dell’agevolazione realmente spettante in sede di dichiarazione dei redditi”.

La richiesta è dunque quella di reintrodurre l’agevolazione per il taglio del cuneo fiscale in vigore fino a dicembre 2024. Altroconsumo ha poi sottolineato: “Allo stesso modo, le modifiche alle aliquote e agli scaglioni Irpef, uniti all’introduzione di una pseudo valutazione del nucleo famigliare per la concessione di detrazioni per redditi oltre i 75mila euro hanno comportato la totale incertezza sulla reale imposizione fiscale personale e l’amplificazione dell’iniquità fiscale orizzontale. Troviamo profondamente scorretto ridurre le aliquote Irpef e prevedere che questa agevolazione debba esser restituita in fase di dichiarazione dei redditi, con calcoli incomprensibili dalla maggioranza degli italiani che si situano al di sopra della soglia di 50mila euro di reddito lordo personale. Inoltre, e non da ultimo, l’indicizzazione della soglia di detrazioni massime utilizzabili alla sola presenza di figli, senza la valutazione di eventuali redditi di altri componenti famigliari, introduce una ulteriore discriminazione per le famiglie monoreddito”.

Irpef 2026, chi ci guadagna

Secondo l’Istat, così come pensato, il taglio dell’Irpef di due punti per i redditi tra i 28mila e i 50mila euro va a beneficio degli italiani più ricchi. Della stessa opinione la Banca d’Italia, secondo la quale la legge di Bilancio non riduce le disuguaglianze dei redditi e per le famiglie “dal 2019 al 2023 c’è stata un’ampia perdita di potere d’acquisto del 10%, recuperata solo di 3 punti”. 

La presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, ha poi evidenziato: “Circa il 50% del risparmio di imposta va ai contribuenti con reddito superiore ai 48.000 euro, che rappresentano l’8% del totale. Il beneficio medio è pari a 408 euro per i dirigenti, 123 per gli impiegati e 23 euro per gli operai; per i lavoratori autonomi è di 124 euro e per i pensionati di 55 euro”.

La replica del ministro Giorgetti

Intervistato dal vicedirettore del Corriere della Sera, il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha replicato alle critiche avanzate dall'Istat, dalla Banca d'Italia e dalla Corte dei Conti e ha detto: "Bisogna capirsi su che cosa si intende per ricco. E se ricco è colui che guadagna 45mila euro lordi all'anno... Forse l'Istat, la Banca d'Italia hanno una concezione della vita un po' diversa. Noi siamo intervenuti quest'anno sul ceto medio perché eravamo già intervenuti negli anni scorsi sui ceti più svantaggiati. Abbiamo messo circa 18 miliardi l'anno scorso e li abbiamo rimessi quest'anno per i redditi inferiori a 35mila euro. Abbiamo poi fatto uno sforzo ulteriore e abbiamo coperto quest'anno la fascia di redditi fino a 50mila euro. È una logica assolutamente sensata se si considera l'orizzonte pluriennale". 

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