Commenti: 0
milano porta nuova
Creative commons

Sono 5,3 i miliardi di euro investiti, in termini di volumi, nel mercato italiano degli immobili commerciali nei primi 9 mesi di quest’anno, con un valore atteso complessivo per il 2018 di circa 9 miliardi di euro. Lo dicono i dati presentati lo scorso 25 ottobre a Milano al settimo Forum di Coima, la piattaforma d’investimento guidata da Manfredi Catella che sta cambiando da decenni il volto di Milano. Il dato è in leggero calo rispetto al valore record registrato nel 2017, ma comunque superiore rispetto alla media registrata negli ultimi 5 anni.

Milano, occhi puntati dagli investitori esteri

In Italia i capitali investiti provengono solo per il 25% dai confini nazionali. Per il 75%, invece, si tratta di capitali esteri: il 24% dal Nord America, il 10% dalla Francia, il 9% dal Regno Unito, e poi Germania (8%), Asia Pacific (3%) e altri investimenti parcellizzati dalle restanti piazze finanziarie (21%).

Con quasi nove milioni di visitatori (è la quinta città più visitata a livello europeo), oltre 4 mila aziende multinazionali, una crescita di Pil del 6,2% nel corso degli ultimi quattro anni (contro una media nazionale del 3,6%) e un reddito medio pro capite di 36,6 mila euro (superiore del 32% rispetto al valore medio italiano), Milano si conferma la piazza su cui la grande fetta di investitori d’oltreconfine punta gli occhi con sempre crescente interesse. Nei primi 9 mesi del 2018 sono stati registrati circa 2 miliardi di euro di nuovi investimenti nel mercato degli immobili commerciali del capoluogo lombardo, un dato sostanzialmente stabile rispetto a quello del 2017.

Come la crisi di Lehman Brothers ha cambiato l'immobiliare

“E’ un dato positivo che gli investitori non vedano l’Italia come una nazione di cui preoccuparsi ma in cui investire a lungo termine, pur se limitatamente ad alcune città – rimarca il fondatore di Coima, Manfredi Catella, che ha poi delineato le maggiori trasformazioni non solo finanziarie ma anche e soprattutto culturali che hanno profondamente modificato il mercato immobiliare nell’era post-Lehman. – Se da un lato si sono visti aumento del terrorismo, del populismo, delle ineguaglianze sociali, dall’altro si è modificato il modo di lavorare: non più massimizzare per il singolo, ma cooperare per la società. E ciò si vede anche nelle costruzioni: non più iconici grattacieli, ma architettura connessa alla città, attenta ai nuovi bisogni”. Le richieste di spazi si stanno infatti molto modificando, e quelli che erano definiti “asset alternativi” stanno ormai diventando ciò su cui puntare. “La concezione tradizionale di immobili è ormai sorpassata; i trend ora sono l’importanza dei servizi e del buon vivere, mentalità comunitaria, digitalizzazione e robotica nella riorganizzazione della supply chain. Di conseguenza si richiedono meno spazi privati, più spazi pubblici. Il real estate sarà sempre più un servizio e un’esperienza, in cui la sostenibilità ambientale non potrà più essere un valore da cui prescindere”.

Investire in asset immobiliari alternativi

In tale contesto, Coima punta ad un investimento complessivo di oltre 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. La scelta di orientarsi verso asset alternativi, peraltro, si è rivelata vincente. Secondo i dati presentati da Jesse Frietag-Akselrod (Senior Vice President di Green Street Advisors), tali investimenti si sono rivelati molto più redditizi rispetto ai “tradizionali”, con un ritorno assoluto del 12,1% per gli shareholder contro l’8,6% in 10 anni. Un trend in crescita: il valore degli investimenti alternativi è al momento oltre 5 volte (550 bn di dollari) rispetto a 10 anni fa, per quanto riguarda gli asset alternativi quotati in Europa. Per quanto riguarda Porta Nuova, i rendimenti della zona rispetto ad un investimento in Btp a dieci anni si distanziano di 110 punti base (se un Btp ha reso il 3,30% gli investimenti in Porta Nuova hanno reso il 5,4%).

Nel nostro Paese, infine, secondo i dati mostrati da Gabriele Bonfiglioli, Managing Director di Coima, si sta registrando una forte domanda su asset class come l’hospitality – che nel 2016 ha superato i 1.600 milioni di euro, rispetto ai 630 milioni di euro del 2014 – e gli spazi di co-working, che vedono Milano e Roma in coda alla classifica delle principali città europee – meno di 1% rispetto al 6% di Amsterdam, a fronte di una richiesta a livello nazionale che nel 2018 dovrebbe superare i 30 mila mq dai 4 mila del 2015 – e soprattutto sta crescendo in maniera importante il settore della logistica, in cui gli investimenti si sono quadruplicati dai 300 milioni di euro nel 2015 agli 1,24 miliardi di euro (di cui oltre il 90% da investitori internazionali) nel 2017. Il trend dell’ecommerce mostra in Italia un turnover da 35 miliardi di euro nel 2017 che mostra però grandi margini di crescita: quelle on line sono infatti solo il 3,4% delle vendite totali

Milano, trend degli uffici

Per quanto riguarda infine il settore uffici, i trend evidenziati per la città di Milano mostrano rendimenti alla pari con il resto d’Europa (3,4% contro un 3% di Parigi, 3,25% di Madrid, 3,50% di Londra). A fare  del capoluogo lombardo un buon punto di ingresso per chi desideri un quartier generale in Europa, secondo Bonfiglioli, i prezzi convenienti; il trend in aumento degli affitti “prime” (che sono previsti in crescita del 4% entro il 2021 fino a sfiorare i 650 euro al metro quadro annui in media); i flussi occupazionali che prevedono 62 mila nuove assunzioni entro il 2022 con una disponibilità di 740 mila metri quadri di nuovi spazi nello stesso orizzonte temporale.

Vedi i commenti (0) / Commento

per commentare devi effettuare il login con il tuo account

Pubblicità