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Il crowdfunding sta diventando una fonte di finanziamento interessante in molti settori, compreso quello immobiliare. A che punto siamo in Italia? idealista/news ne ha parlato con Marco Daviddi di EY.

Si dice crowdfunding e si legge “futuro”, o almeno si pensa ad una piattaforma di finanziamento non certo secondo i canoni tradizionali che passano per prestiti bancari o sottoscrizioni di azionisti. Processi spesso complessi che possono mettersi di traverso alla realizzazione di aziende innovative.

Anche il real estate, settore da sempre caratterizzato finanziariamente da una certa staticità, sta guardando con interesse alla possibilità di finanziare specifici progetti attraverso quelle che sono piattaforme basate sul web a cui qualsiasi piccolo e piccolissimo investitore (anche singole persone) possa connettersi per dare il proprio contributo. In questo modo si riducono le commissioni al finanziatore e i passaggi burocratici, mentre si assicura maggiore trasparenza dei dettagli del progetto, accessibili a tutti.

I numeri della crescita del crowdfunding immobiliare nel mondo parlano, se non di un fenomeno in assoluto rilevante (8 miliardi di finanziamento real estate su un totale di 84 miliardi, di cui i tre quarti negli Usa), sicuramente di un metodo di finanziamento che riscuote crescente interesse.

Un report di EY ha dedicato un focus particolare al crowdfunding immobiliare. idealista/news ha chiesto a Marco Daviddi, Mediterranean Transaction Advisory Services Leader di EY, di commentare alcuni aspetti del fenomeno.

Cosa è il crowdfunding e come si applica al settore immobiliare?

“In generale il crowdfunding si identifica nella raccolta di somme da parte di una molteplicità di investitori “retail”, effettuata tramite una piattaforma web-based, allo scopo di finanziare un determinato progetto promosso dalla piattaforma stessa. Nato negli USA nel 2008 in risposta alla difficoltà da parte di imprese e imprenditori nel trovare fonti di finanziamento, questa strategia di investimento alternativa si è progressivamente sviluppata nel resto del mondo”.

Quali tipologie operative vi risultano finora?

“I modelli di crowdfunding sono principalmente due, finanziario e non-finanziario, a seconda che il capitale impiegato venga remunerato tramite rendimento oppure no. Il modello finanziario include il lending e l’equity crowdfunding. Quello non-finanziario, invece, comprende le donazioni e il finanziamento basato su ricompense da parte di privati”.

Quale delle due risulta più interessante?

“La tipologia che sta via via prendendo sempre più piede è quella finanziaria, basata quindi sulla remunerazione del capitale tramite rendimento: il lending crowdfunding, infatti, permette all’investitore di diventare finanziatore nei confronti del promotore, in cambio di un interesse periodico fisso o indicizzato; l’equity crowdfunding, invece, permette all’investitore di diventare effettivamente socio della società promotrice del progetto, ricevendo la corrispondente quota di utile generato dal progetto stesso, sulla base di meccanismi di governance di volta in volta proposti agli investitori, assumendo comunque il rischio connesso con l’operazione stessa”.

Quali settori sono maggiormente interessati da questo genere di finanziamento?

“Ad oggi, le piattaforme di crowdfunding sono molto numerose e raccolgono capitale su industry molto diversificate, tra cui entertainment, music, social cause, imprenditoria. Sul settore real estate stiamo assistendo a un grande e veloce sviluppo, specie a livello internazionale e ora anche in Italia, a partire dalla fine 2017, quando è stata modificata la normativa italiana, aprendo la possibilità di utilizzare questo strumento anche al di là delle PMI innovative”.

Quanto è usato tale strumento nel real estate italiano? Quanto è “avanti” il nostro mercato rispetto a quello di altri Paesi?

“In Italia siamo ancora agli inizi, ma è un avvio promettente. Tra il 2015 e il 2018 sono stati raccolti complessivamente circa €250 milioni, con una quota di circa €112 milioni nel solo 2018, in tutti i settori, a fronte di un mercato mondiale che, sempre nel 2018, è valso una raccolta complessiva di circa 80 miliardi di dollari USA. Il settore immobiliare vale circa il 10% della raccolta complessiva fatta nel 2018 e la quota più significativa si concentra negli Stati Uniti (circa 6 miliardi di dollari), seguiti da Europa (circa 1,3 miliardi di dollari) e Asia. Comunque, sulla base dei dati registrati negli ultimi anni, la regione più promettente sembra essere l’Europa, come testimonia il tasso di crescita tra il 2012 e il 2017 pari a circa il 90%, con circa 50 piattaforme di real estate crowdfunding attualmente autorizzate nel nostro continente, contro le circa 35 sul mercato statunitense”.

Quali potenzialità ha questo strumento per il settore immobiliare?

“In generale le potenzialità connesse con il crowdfunding nel settore immobiliare appaiono rilevanti. Seppure i numeri in Italia ad oggi siano ancora contenuti, la visibilità che stanno acquisendo le piattaforme specializzate ci rende confidenti sulle aspettative di crescita. Del resto, è un settore non solo dinamico, ma anche molto giovane, tenendo conto che il crowdfunding è stato ufficialmente approvato dalla regolamentazione vigente come fonte di finanziamento per le PMI non innovative e quindi anche per il finanziamento di operazioni immobiliari, solo nel 2017”.

Ci sono realtà di spicco in Italia?

“Sulla base dei dati Consob, in Italia sono presenti in totale 30 piattaforme di crowdfunding, di cui 3 specifiche per il settore immobiliare (si tratta di Walliance, Concrete e House4Crowd, ndR). Il dato complessivo sulla raccolta negli ultimi 18 mesi ci risulta pari a circa 10 milioni di euro. Chiaramente numeri molto contenuti, ma, ripeto, siamo all’inizio e le potenzialità sono rilevanti”.

Quali sono i benefici dell’utilizzare questa forma di finanziamento per opere immobiliari?

“Fattori critici di successo per questi progetti sono: la presenza di un partner operativo con un track record consolidato e dimostrabile (generalmente beneficiario dell’investimento); ridotta complessità amministrativa, che si traduce in basso rischio urbanistico e, quindi, nella immeditata cantierabilità del progetto; meccanismi di allineamento di interesse tra promotore / sponsor / piattaforma e investitore. Poiché l’oggetto della raccolta è principalmente rappresentato da immobili value add o sviluppi, il grado di rischio sarà strettamente collegato al rispetto delle tempistiche, in particolare di quelle di vendita, determinanti per la remunerazione degli investitori”.

A quali ambiti si potrebbe potenzialmente applicare il crowdfunding, sempre restando nell’area real estate e servizi annessi?

“Il real estate crowdfunding è un’industria con un fortissimo potenziale di crescita grazie alla sua flessibilità come strumento di investimento e finanziamento. Oltre ai progetti cosiddetti value add o agli sviluppi immobiliari, abbiamo identificato almeno altre due opportunità per cui il crowdfunding può rappresentare una soluzione. Si tratta dell’applicazione del crowdfunding ai crediti Unlikely To Pay (UTP) e Non Performing Loans (NPL) e agli immobili appartenenti alla Pubblica Amministrazione. Nel primo caso il crowdfunding viene applicato al finanziamento di sviluppi immobiliari in cui i costruttori si trovano in difficoltà finanziaria e non dispongono di risorse terminare i loro progetti e ripagare il debito bancario. In questo caso il crowdfunding può colmare questo gap. Nel secondo caso il crowdfunding può essere uno strumento per la ristrutturazione di beni immobiliari appartenenti alla Pubblica Amministrazione, anche in alcuni casi per finalità sociali”.

Si tratta di uno strumento che può avere un futuro in Italia? Perché?

“In Italia, il crowdfunding immobiliare è uno dei settori più promettenti. Mentre per le PMI l'accesso al credito è più facilitato, per il settore delle infrastrutture e per quello immobiliare ci sono ancora numerose difficoltà di accesso. Per questo motivo, il crowdfunding può essere considerato uno strumento aggiuntivo per il finanziamento di progetti immobiliari. Inoltre, l'Italia è stato il primo paese in Europa ad attuare un regolamento completo sull'equity crowdfunding. In questa direzione riteniamo che le piattaforme di crowdfunding possano svolgere un ruolo importante, sia su base nazionale, ma spesso anche su base locale, avvicinando e mettendo a fattor comune progetti sul territorio e la capacità del territorio stesso di fornire risorse, con ampi margini di crescita a supporto dei processi di valorizzazione del patrimonio immobiliare italiano sia pubblico che privato”.

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