Il diniego del condono edilizio può portare a conseguenze anche gravi, come alla demolizione dell'opera abusiva: ecco cosa fare.
Commenti: 0
Diniego al condono edilizio
Pexels

Per i proprietari di immobili che presentano opere abusive, il processo di regolarizzazione non è sempre semplice, né immediato. Può infatti capitare che, nonostante la presentazione dell’opportuna documentazione e il pagamento dei relativi oneri, si riceva un diniego al condono edilizio. Ma in quali casi il condono può essere rifiutato, quali sono le conseguenze principali e, soprattutto, quali percorsi alternativi intraprendere?

In quali casi il condono edilizio viene respinto

Quando si ottiene un rifiuto alla sanatoria di un abuso, è innanzitutto necessario comprendere la motivazione del diniego al condono edilizio. Secondo quanto stabilito dalla Legge 241/1990, un’eventuale bocciatura deve essere sempre esplicitata dalle autorità preposte, con indicazioni chiare e specifiche. Tra le principali ragioni che possono portare a una bocciatura, si elencano:

  • il diniego al condono edilizio per carenza documentale, ovvero per la presentazione di un’istanza completa o priva di documenti essenziali, quali planimetrie, certificati di pagamento o relazioni tecniche;
  • la non conformità urbanistica o paesaggistica, ad esempio per opere abusive realizzate in aree vincolate o in contrasto con il Piano Regolatore Generale: nel caso del terzo condono edilizio del 2003, disciplinato dal D.L. 269/2023, tali situazioni non sono generalmente condonabili, salvo eccezioni previste dalla normativa. I condoni precedenti, del 1985 e del 1994, seguono invece proprie regole;
  • la presenza di abusi non sanabili, ad esempio perché l’opera è stata realizzata dopo il termine massimo previsto dal relativo condono o, ancora, in totale difformità ai requisiti normativi vigenti;
  • l’errato rispetto dei termini, come ad esempio il mancato pagamento delle oblazioni previste per legge o un’integrazione documentale avvenuta oltre le scadenze previste.

Come facile intuire, termini e requisiti dipendono dalla tipologia di condono edilizio di riferimento, anche in relazione ai principali tre promossi in Italia, rispettivamente nel 1985, nel 1994 e nel 2003.

Quando va in prescrizione il condono edilizio

Quando ci si trova a dover affrontare una sanatoria rifiutata, un dubbio comune è relativo alla possibilità di prescrizione del diniego al condono edilizio. Infatti, molti ritengono che l’eventuale bocciatura possa avere una scadenza, così da sanare l’abuso in un secondo momento o, ancora, veder cadere automaticamente l’illecito.

Verifica di un abuso edilizio
Pexels

In realtà, il condono edilizio non va in prescrizione in senso stretto, perché la domanda è presentata dal proprietario dell’immobile ed è quindi soggetta, dopo la stessa presentazione, a valutazione da parte dell’autorità competente. Quel che può essere prescritto è invece lo stesso abuso e, ancora, alcune conseguenze del diniego al condono.

In linea generale, in base all’articolo 157 del Codice Penale, la prescrizione penale relativa all’abuso:

  • si verifica entro 4 anni dalla data di ultimazione dell’opera abusiva o dalla condotta illecita, estendibili a 5 anni in caso di atti interruttivi;
  • non è invece prevista prescrizione per l’eventuale ordine di demolizione, che può essere richiesto in qualsiasi momento dall’amministrazione, così come per alcune sanzioni amministrative.

È inoltre utile sapere che, per gli abusi edilizi ante 1967, la regolarizzazione può seguire procedure semplificate, mentre per il condono edilizio del 1985 non chiuso, la mancata integrazione documentale entro i termini previsti può portare al diniego automatico, senza però che vi sia una prescrizione dell’abuso sottostante.

In merito alle conseguenze, va invece segnalato che il diritto alla restituzione degli oneri di condono, ovvero quelli versati a titolo di oblazione, si prescrive in 10 anni dalla notifica del diniego definitivo, così come confermato anche dalla sentenza 698/2023 del TAR del Lazio. Ancora, l’eventuale impugnazione del diniego deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica: oltre a questa data, il provvedimento diventa definitivo.

Cosa succede se non si può sanare un abuso edilizio

Comprese le ragioni del rifiuto al condono, così come le eventuali prescrizioni, cosa accade quando non si può procedere a sanatoria di un abuso edilizio?

Le conseguenze del diniego

Le conseguenze del diniego alla sanatoria edilizia possono essere anche molto importanti per i proprietari degli immobili che presentano opere abusive. In base a quanto previsto dal Testo Unico dell’Edilizia, ovvero del D.P.R. 380/2001, tra le misure previste si elencano:

  • l’ordine di demolizione, con il Comune che ordina la rimozione delle opere abusive e, nei caso gravi, dell’intero immobile;
  • le sanzioni pecuniarie, di varia entità a seconda della gravità della violazione, che possono ad esempio essere comminate per abusi minori, quando la demolizione non è proporzionata. 

È bene sottolineare che la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione può determinare l’emissione di ulteriori multe. Inoltre, il Comune può avvalersi della possibilità di acquisire gratuitamente l’immobile e l’area pertinente.

Gli effetti sulla commerciabilità dell’immobile

Una delle conseguenze, spesso valutate, della mancata regolarizzazione di opere abusive riguarda la commerciabilità dell’immobile. Opere non sanate compromettono l’ottenimento dei certificati di agibilità o altre autorizzazioni edilizie, limitandone fortemente le possibilità di vendita sul mercato immobiliare.

Ancora, anche qualora non si volesse vendere l’immobile, la presenza di irregolarità non risolte ne riduce il valore di mercato e, inoltre, sostanzialmente esclude la possibilità che lo stesso immobile possa essere offerto a garanzia di mutui o prestiti.

Cosa fare se viene respinto il condono

Ma cosa fare se si riceve il diniego al condono edilizio? L’impossibilità di sanare eventuali abusi non esclude alcune azioni da parte dei proprietari, pur rimanendo limitate le opzioni a disposizione.

Le strategie legali e amministrative

Innanzitutto, è necessario verificare la possibilità di seguire alcune strategie legali e amministrative, allo scopo di modificare la situazione di rifiuto. Ad esempio:

  • è indispensabile analizzare il provvedimento, perché il diniego deve essere motivato in modo chiaro, come previsto dalla Legge 241/1990. Motivazioni errate o vaghe possono infatti aprire la strada all’impugnazione, che deve avvenire con provvedimento davanti al TAR entro 60 giorni;
  • è utile verificare che si sia ricevuto il preavviso di rigetto, sempre previsto dalla Legge 241/1990, che deve essere inoltrato prima del rifiuto definitivo, per permettere al proprietario di integrare la documentazione o presentare osservazioni.
Costruzione abusiva
Unsplash

Ancora, per evitare sanzioni o l’acquisizione gratuita da parte del Comune, il proprietario può procedere a demolizione volontaria delle opere abusive. In alternativa, se la gravità e la tipologia dell’abuso lo permette, si può tentare di sanare parzialmente l’abuso, ad esempio con una SCIA in sanatoria o un accertamento di conformità.

Le possibilità di sanatoria alternativa

Come anticipato nel precedente paragrafo, quando il condono viene rifiutato, si possono valutare altre modalità di sanatoria delle opere abusive sul proprio immobile. Ad esempio, si può tentare di procedere con la sanatoria ordinaria che, come previsto sempre dal D.P.R. 380/2001, richiede una doppia conformità dell’opera alle norme urbanistiche vigenti:

  • al momento della realizzazione;
  • al momento della presentazione della domanda.

La sanatoria ordinaria non è però ammessa su aree vincolate o per abusi in totale difformità. Tuttavia, per effetto della Legge 105/2024 - che ha convertito il D.L. 69/2024, ovvero il Decreto Salva Casa - sono state introdotte semplificazioni per gli abusi minori, come la possibilità di regolarizzazione tramite SCIA in sanatoria senza la necessità di doppia conformità in alcuni specifici casi, anche in zone vincolate, purché conformi alle norme urbanistiche vigenti al momento della domanda.

Come recuperare il condono edilizio

Ma quando la richiesta di sanatoria viene respinta, come si recuperano le somme investite per la procedura? Ad esempio, come si ottiene la restituzione dell’oblazione per la rinuncia al condono edilizio?

In caso di diniego del condono edilizio, la restituzione degli oneri può essere richiesta direttamente dal proprietario dell’immobile, secondo la procedura regolata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Di norma, è necessario:

  • presentare la domanda di rimborso, con marca da bollo da 16 euro;
  • allegare una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che attesti l’assenza di sentenze penali di estinzione del reato, di procedimenti penali pendenti o di ricorsi amministrativi e giurisdizionali;
  • includere la copia dei bollettini di pagamento;
  • allegare l’attestazione del Comune sul diniego e l’eventuale ordine di demolizione. 

Il termine per il rimborso è di 180 giorni dalla domanda, con la possibilità di sospensione per eventuali integrazioni. Come già spiegato, il diritto al rimborso si prescrive in 10 anni dal diniego definitivo al condono.

Vedi i commenti (0) / Commento

per commentare devi effettuare il login con il tuo account