Nel cercare di capire quali possono essere le prospettive dell’architettura, quale impatto possono avere i temi sempre più centrali relativi alla sostenibilità ambientale e all’efficienza energetica e come potranno essere gli edifici del futuro, idealista/news ha interpellato l’architetto Matteo Zambon, professionista e dottorando in Ingegneria civile-ambientale e Architettura all’Università degli Studi di Trieste UniTS. Tanti gli argomenti affrontati, che svelano un mondo in continua evoluzione e in costante sviluppo, sempre più attento all’ambiente e alle nuove esigenze, con uno sguardo puntato sull’intelligenza artificiale da vedere come strumento, “un’opportunità da sfruttare in maniera costruttiva”.
Soffermandosi proprio su come potranno essere gli edifici del futuro, Zambon ha spiegato: “Gli edifici non saranno più antropocentrici e finalizzati esclusivamente a risiedere o a lavorare, ma – in un senso più allargato – daranno luogo a sistemi di coesistenza, si concentreranno sulla qualità del ‘vivere’ e sul sentirsi parte di un sistema allargato all’ambiente che ci circonda”.
Parlando di architettura, che periodo stiamo vivendo? Quali sono i trend maggiormente seguiti e perché?
“Se si discute di architettura da un punto di vista funzionale, estetico e formale, in Italia risulta complicato riferirsi a specifici trend. Avendo il nostro Paese un inestimabile patrimonio storico legato indissolubilmente ad una prassi di conservatorismo è quantomeno arduo diffondere una cultura del contemporaneo, mancando tra l’altro una divulgazione scientifica di settore che non sia autoreferenziale.
Nonostante ciò, basta constatare l’interesse riversato verso città come Milano, anche perché epicentro frenetico di progetti edilizi di nuova ideazione (nel bene e nel male), per capire quanto sentirsi parte di un’entità urbana in trasformazione sia profondamente attrattivo, nonostante i controeffetti negativi quale l’aumento spropositato del prezzo degli immobili.
La necessità di vivere in un ambiente sociale che mostra una proiezione verso il futuro, anche riservando una particolare attenzione alle scelte ecosostenibili, fa certamente la differenza generando quelli che si possono definire trend”.
Il tema della sostenibilità ambientale - dell’efficienza energetica - sta assumendo un’importanza sempre maggiore. La questione delle case green è sotto i riflettori. L’architettura sta facendo i conti con questi cambiamenti? Se sì, in che modo?
“Sostenibilità ambientale ed efficienza energetica sono lemmi entrati a far parte del lessico comune ed anche in campo architettonico è palese, comunque, un rinato interesse per la questione ambientale;
bisognerebbe però fare attenzione e capire esattamente che cosa si intende per sostenibilità il cui reale significato è ‘condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri’.
Chiaramente nel dibattito architettonico nazionale e internazionale si è da decenni fatto i conti con le tematiche ambientali ed energetiche cercando soluzioni alternative alla speculazione edilizia portata avanti dal dopoguerra sino ad oggi. Quella che è cambiata nel frattempo è la sensibilità della gente rispetto alla tematica specifica, che si è acutizzata a seguito dell’inasprimento della situazione climatica dovuto al riscaldamento globale.
Riconoscere l’esistenza di un problema ambientale ed energetico significa proprio sostenibilità, ovvero comprendere che stiamo inevitabilmente mettendo a rischio i bisogni primari delle prossime generazioni e forse anche della nostra. Il mondo dell’architettura è sempre stato in ogni caso preparato”.
Si sta passando o si riuscirà effettivamente a passare dalla teoria alla pratica? Come sta cambiando o come cambierà la progettazione di spazi privati e di edifici?
“In realtà, se si parla di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica siamo già pienamente nel campo della pratica.
Occupandomi anche di edilizia pubblica, in particolare grandi poli scolastici e sportivi, faccio presente che sono vigenti e obbligatorie una serie di normative specifiche da seguire nella progettazione quali i CAM (Criteri Ambientali Minimi) e i DNSH (Do No Significant Harm) poco conosciute per chi non è del settore. Tali protocolli mirano a non arrecare alcun danno significativo all’ambiente attraverso svariati criteri che vanno dall’utilizzo di materiali riciclati, al risparmio idrico e al ridotto consumo di suolo, sino a soluzioni tecnologiche ed impiantistiche che permettono di raggiungere il grado Nzeb di progettazione (edifici ad energia quasi zero).
Nel campo dell’edilizia privata siamo certamente ancora distanti da tali obiettivi, ma le nuove edificazioni sono sicuramente spinte ad adattarvisi grazie alla rinata sensibilità verso il tema ambientale”.
Qual è a suo avviso il futuro dell’architettura?
“L’architettura è uno dei settori che uniscono tecnica, creatività e cultura che più di altri risulta in continua evoluzione.
L’architettura è anche sperimentazione, non solo formale e materica, ma soprattutto sociale e sono dell’avviso che la potenzialità di scelte architettoniche ed urbanistiche ponderate possa contribuire ad un’evoluzione positiva di quella che in Italia più che in altri luoghi possiamo definire comunità.
Credo ancora che il futuro dell’architettura risieda nella forza della socialità.
Se riusciamo a sfuggire alle logiche indotte dalla rivoluzione mediatica in una sorta di atto di resistenza all’autoisolamento dettato dai social media, ponendoci invece in un’ottica di convivenza e di fusione non solo tra esseri umani, ma anche con l’ambiente che ci circonda potremmo immaginare un futuro meno distopico e più rassicurante seppur profondamente trasformativo”.
Nello specifico, come saranno gli edifici nel futuro?
“Ho fondato assieme al mio collega architetto Jacopo Bonat il collettivo Archidrome proprio nell’ottica di una ricerca mirata all’esplorazione di nuovi scenari di convivenza interspecie. Attraverso pubblicazioni scientifiche e progetti in ambito accademico universitario ci proponiamo di raccontare lo spazio sociale e la fondazione di neo-collettività all’interno di un sistema ambientale in continuo mutamento. Gli edifici, per noi, nel futuro saranno questo, spazi ibridi espressione di una volontà psichica mutualistica alla ricerca di una inclusività totalizzante, che supera il preconcetto di genere, ma anche di specie.
Gli edifici non saranno più quindi antropocentrici e finalizzati esclusivamente a risiedere o a lavorare, ma – in un senso più allargato – daranno luogo a sistemi di coesistenza, si concentreranno sulla qualità del ‘vivere’ e sul sentirsi parte di un sistema allargato all’ambiente che ci circonda.
Lo stesso ‘Possible Maybe’ è un manifesto di sensibilizzazione che scaturisce da una necessità di avvicinare la gente all’architettura, non in quanto fenomeno esclusivo, ma in quanto consuetudine frutto di un immaginario collettivo capace di rispondere alle sempre più pressanti necessità dell’abitare attraverso nuove visioni, per dare vita a futuribili atmosfere vivibili attraverso tecnologia, materiali innovativi e la propensione ad un consumo minore di energia”.
Si parla sempre più di frequente di nuove tecnologie, ora di intelligenza artificiale. Avrà un ruolo anche in ambito architettonico? Se sì, di che tipo?
“Chiaramente l’intelligenza artificiale avrà un ruolo significativo anche in ambito architettonico. L’utilizzo di una tecnologia avanzata che pare sostituirsi all’operato umano suscita automaticamente una serie di perplessità e diffidenze, ma è mia opinione che debba essere vista come uno strumento, un’opportunità da sfruttare in maniera costruttiva.
Persino i puristi della fotografia analogica hanno una seconda macchina digitale perché questa consente di ottimizzare le tempistiche di sviluppo e soprattutto ha la capacità di produrre un numero infinito di scatti permettendo la scelta di quello più significativo.
L’intelligenza artificiale nel suo ruolo di strumento potrà avere tale potenzialità, riducendo le tempistiche della progettazione e implementando le possibilità di varianti tra cui scegliere.
Risulta che molte case produttrici di software per la progettazione BIM stiano sperimentando applicativi che contemplano l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per implementarne le funzionalità (per esempio semplicemente digitando un prompt posso variare in tempo reale le caratteristiche formali e materiche di un edificio).
Ho sinora fatto riferimento all’AI come ad uno strumento, ma se dovessimo spingerci a parlare in un certo qual senso di creatività, per esempio nel generare immagini, la questione diviene più complicata.
L’AI al momento si basa sui big data, ovvero sulla rielaborazione di immagini preesistenti attraverso processi logaritmici complessi, il suo funzionamento è quindi vincolato all’accesso a tali archivi composti ovviamente da fotografie o immagini create dall’uomo. Per ora ritengo che siamo ancora lontani dall’avverarsi di distopie con il sopravvento dell’AI sull’uomo, ma come stiamo constatando l’evoluzione tecnologica ha un andamento esponenziale forse più veloce di quanto noi riusciamo ad adattarci alle novità”.
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