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Tagli alla spesa, cosa fanno i vicini europei?

Due settimane fa l'europa ha raggiunto uno storico accordo (vedi notizia) per salvare l'euro, la grecia e dare una risposta alla crisi economica. Dopo quella riunione l'ue non sarà più la stessa e la politica economica nazionale dei singoli stati non potrà ignorare il progetto comune

Per questo uno dei punti dell'accordo prevede che francia, grecia, irlanda, Italia, portogallo e spagna, i paesi con i peggiori risultati di deficit e debito pubblico, facciano immediatamente qualcosa per risanare i propri bilanci

Mentre in Italia si sentono per ora indiscrezioni sui giornali e nessuna in parlamento (vedremo poi quali saranno vere) alcuni vicini europei hanno già approvato delle correzioni drastiche. Vediamo quali sono e ricordiamo che la manovra italiana dovrà tagliare 27 miliardi di euro in due anni

Spagna: manovra da 15 miliardi. Il governo socialista di zapatero ha approvato un piano durissimo: taglio medio allo stipendio dei pubblici dipendenti al di sopra dei 1.200 euro al mese, dal 2% al 9%, in modo progressivo, per una media del 5%. Si partirà già da luglio 2010 e nel 2011 stipendi congelati per tutti. I ministri ridurrano i propri stipendi del 15%. Pensioni, tranne le minime, congelate. Soprressione si direttori generali e società pubbliche

Portogallo: i socialisti al governo hanno stretto un patto con l'opposizione per ridurre il deficit adesso al 9,4%. Taglio del 5% ai salari dei dipendenti pubblici, riduzione degli investimenti pubblici (tra cui l'alta velocità madrid-lisbona) e alcune nuove imposte

Grecia: è il paese che più deve tagliare. Drastica riduzione degli stipendi pubblici, soppressione delle tredicesime. Soppressione di società ed enti pubblici; riduzione del pil dedicato alla difesa, attualmente la percentuale più alta d'europa

Irlanda: è prevista la riduzione del numero dei dipendenti pubblici (oggi circa il 10% della popolazione attiva) e il taglio dei salari tra l’8 e il 34 per cento. La Ue ha rivisto al rialzo il deficit 2009 di Dublino al 14,3%, contro l’11,7% notificato dal governo. A pesare sono i 4 miliardi di euro stanziati per il salvataggio della Anglo Irish Bank

 

 

 

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3 Commenti:

18 Maggio 2010, 12:15

L'unica speranza per noi è che l'europa nomini un liquidatore come si fa con le aziende in crisi e licenzi il 70% della rappresentanza politica.
Alto che riduzioni del 5% sugli stipendi come "propone" la lega.

18 Maggio 2010, 20:00

In reply to by anonimo (not verified)

Concordo con te anonimo
Io propongo in alternativa:
Deputati da 630 a 400 con stip in base alle presenze...
Senatori % in base alle regioni max 200
Resettare o quasi i funzionari che gravitano a Roma intorno ai vari politici...
Se volete mi candido ahah

Riccardo

15 Maggio 2012, 18:35

E’ nostro dovere conoscere i nomi dei devastatori del nostro paese ed i danni procurati al’ Italia dalla introduzione della parita’ di bilancio.
12 maggio 2012

Un documento diretto ad obama su cui era fondamentale dibattere per difendere il nostro avvenire e’ stato volutamente ignorato dai giornalisti affiliati alle testate a partecipazione bancaria.

I premi nobel per l’ economia hanno scritto al presidente obama scongiurandolo di non inserire nella costituzione degli stati uniti il vincolo in materia di pareggio del bilancio.

Nel nostro paese in forte fase recessiva, senatori e deputati in carica, esclusi alcuni astenuti, invece di sottoporre ad un referendum popolare la modifica dell’ articolo 81 della costituzione e difenderci chiedendo investimenti in euro bond per rilanciare l’ economia, inseriscono il pareggio di bilancio nella costituzione in ossequio alle direttive della grande finanza che specula sui nostri conti e rende amara e insopportabile la vita di molti di noi.

Lettera inviata dai premi nobel al presidente u.s.a. Su cui e’ necessario riflettere.

Cari presidente obama, presidente boehner, capogruppo della minoranza pelosi, capogruppo della maggioranza reid, capogruppo della minoranza al senato mcconnell, noi sottoscritti economisti sollecitiamo che venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la costituzione degli stati uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose.

1. Un emendamento sul pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.

2. A differenza delle costituzioni di molti stati che consentono di ricorrere al credito per finanziare la spesa in conto capitale, il bilancio federale non prevede alcuna differenza tra investimenti e spesa corrente. Le aziende private e le famiglie ricorrono continuamente al credito per finanziare le loro spese. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio impedirebbe al governo federale di ricorrere al credito per finanziare il costo delle infrastrutture, dell’istruzione, della ricerca e sviluppo, della tutela dell’ambiente e di altri investimenti vitali per il futuro benessere della nazione.

3. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio incoraggerebbe il congresso ad approvare provvedimenti privi di copertura finanziaria delegando gli stati, gli enti locali e le aziende private a trovare le risorse finanziarie al posto del governo federale. Inoltre favorirebbe dubbie manovre finanziarie (quali la vendita di terreni demaniali e di altri beni pubblici contabilizzando i ricavi come introiti destinati alla riduzione del deficit) e altri espedienti contabili. Le controversie derivanti dall’interpretazione del concetto di pareggio di bilancio finirebbero probabilmente dinanzi ai tribunali con il risultato di affidare alla magistratura il compito di decidere la politica economica. E altrettanto si verificherebbe in caso di controversie riguardanti il modo in cui rimettere in equilibrio un bilancio dissestato nei casi in cui il congresso non disponesse dei voti necessari per approvare tagli dolorosi.

4. Quasi sempre le proposte di introduzione per via costituzionale del vincolo di pareggio di bilancio prevedono delle scappatoie, ma in tempo di pace sono necessarie in entrambi i rami del congresso maggioranze molto ampie per approvare un bilancio non in ordine o per innalzare il tetto del debito. Sono disposizioni che tendono a paralizzare l’attività dell’esecutivo.

5. Un tetto di spesa, previsto da alcune delle proposte di emendamento, limiterebbe ulteriormente la capacità del congresso di contrastare eventuali recessioni vuoi con gli ammortizzatori già previsti vuoi con apposite modifiche della politica in materia di bilancio. Anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perché gli incrementi degli investimenti ad elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza.

6. Per pareggiare il bilancio non è necessario un emendamento costituzionale. Il bilancio non solo si chiuse in pareggio, ma fece registrare un avanzo e una riduzione del debito per quattro anni consecutivi dopo l’approvazione da parte del congresso negli anni ’90 di alcuni provvedimenti che riducevano la crescita della spesa pubblica e incrementavano le entrate. Lo si fece con l’attuale costituzione e senza modificarla e lo si può fare ancora. Nessun altro paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di bilancio. Non c’è alcuna necessità di mettere al paese una camicia di forza economica. Lasciamo che presidente e congresso adottino le politiche monetarie, economiche e di bilancio idonee a far fronte ai bisogni e alle priorità, così come saggiamente previsto dai nostri padri costituenti.

7. Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole.

Kenneth arrow, premio nobel per l’economia 1972
Peter diamond, premio nobel per l’economia 2010
William sharpe, premio nobel per l’economia 1990
Charles schultze, consigliere economico di j.f. Kennedy e lindon johnson, animatore della great society agenda
Alan blinder, direttore del centro per le ricerche economiche della princeton university
Eric maskin, premio nobel per l’economia 2007
Robert solow, premio nobel per l’economia 1987
Laa tyson, ex direttrice del national economic council

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