Cosa comporta il diritto di abitazione? Quello che c'è da sapere sugli obblighi, eventuale pagamento dell'affitto incluso
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Firma di un contratto di diritto di abitazione con in primo piano le chiavi di casa
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Con diritto di abitazione si intende un beneficio legale che attribuisce a una persona la possibilità di abitare all’interno di un immobile di proprietà altrui a titolo assolutamente gratuito. Una caratteristica, questa, che lo differenzia dalla normale locazione, ossia il contratto di affitto. Quindi chi ha diritto di abitazione non deve pagare l'affitto: il beneficiario non dovrà corrispondere alcun compenso al titolare dell'immobile. Ma a chi viene effettivamente attribuito il diritto di abitazione e cosa comporta?

Cos'è il diritto di abitazione

A stabilire la natura del diritto di abitazione è il Codice Civile. Nello specifico l’articolo 1022, lo definisce come il diritto di vivere un bene altrui in maniera limitata al proprio bisogno. Una dicitura molto chiara che non lascia ombre sul tipo di utilizzo. L’immobile, infatti, può essere utilizzato solo ed esclusivamente come abitazione e non impiegato per altri usi come ufficio o magazzino. In caso contrario può essere revocato per inadempienza nei confronti di uno dei doveri a carico di chi gode di questo privilegio.

Per questo motivo, dunque, a poter usufruire del diritto di abitazione sono esclusivamente delle persone fisiche e non giuridiche. Anzi, secondo l’art. 1023 del Codice Civile, è possibile ampliarlo anche ai figli, naturali, adottivi e riconosciuti dei titolari del diritto. A questi, poi, si aggiungono anche i soggetti che prestano servizi alla famiglia.

Una casa protetta tra due mani
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Cosa comporta il diritto di abitazione e come si acquisisce

Il diritto di abitazione è un diritto giuridico molto importante, visto che garantisce a determinate persone il diritto di avere una casa, anche se non ne sono proprietarie. Questo risulta essere particolarmente rilevante in alcune situazioni di crisi, come ad esempio, separazione o divorzio, o per tutelare le persone anziane o con disabilità. Stabilito questo, però, come si acquisisce il diritto di abitazione? I modi per ottenerlo sono diversi:

  • Testamento: il defunto può attribuire il diritto di abitazione su un suo immobile a una persona determinata, con o senza tempo limite.
  • Contratto: le parti possono stipulare un contratto nel quale il proprietario di un immobile attribuisce ad un'altra persona il diritto di abitarlo. Per essere valido, però, il contratto deve essere redatto sempre in forma scritta e registrato.
  • Sentenza: un giudice può attribuire il diritto di abitazione in seguito a una sentenza. Le più frequenti riguardano sicuramente casi di separazione e divorzio, andando a favore del coniuge cui è stata affidata la custodia dei figli. Si ricorda, infatti, che il domicilio viene sempre assegnato ai minori e, di conseguenza, al genitore che vive con loro.

Ottenere il diritto di abitazione, però, prevede anche alcuni doveri da adempiere. Il rispetto di questi è fondamentale per continuare ad essere il titolare di tale privilegio:

  • Utilizzo esclusivo per l'abitazione: l’immobile può essere utilizzato esclusivamente per soddisfare il proprio bisogno di abitazione, quindi non può essere destinato ad altri usi.
  • Diritto personale e inalienabile: il diritto di abitazione è strettamente legato alla persona del titolare e non può essere ceduto a terzi, né venduto o affittato.
  • Diritto limitato nel tempo: di norma ha una durata determinata, stabilita nell'atto che lo costituisce. Tuttavia, può anche essere a tempo indeterminato.
  • Estensione ai familiari: il diritto di abitazione si estende, di regola, anche ai familiari del titolare che convivono con lui.

Da quanto detto fino a questo momento, dunque, è chiaro che questo tipo di diritto non deve essere interpretato in nessun modo come un’occasione di guadagno o investimento come il diritto d'uso. In tal caso, infatti, verrebbe immediatamente revocato. Diritto d'uso e diritto di abitazione presentano infatti alcune analogie, ma anche tante differenze.

Chi ha il diritto di abitazione può affittare casa?

L’art. 1022 del Codice Civile mette in chiaro come il diritto di abitazione sia strettamente legato alla persona del titolare e ai suoi familiari conviventi. Questo vuol dire che la legge italiana non concede la possibilità di affitto da parte del titolare del diritto, a differenza di quanto accade con un usufruttuario che può affittare casa a terzi. L'obiettivo, infatti, è quello di garantire un tetto a chi ha necessità di una casa e non di consentire speculazioni immobiliari.

Tuttavia possono presentarsi dei casi particolari in grado di rappresentare un’eccezione. Uno di questi è la decisione del proprietario dell’immobile di stipulare un accordo specifico in cui viene derogato il divieto di affitto. Si tratta, comunque, di casistiche veramente eccezionali e che devono essere regolate da una figura legale professionale. Questo vuol dire che gli accordi privati in questo senso non hanno nessun tipo di valenza giuridica.

Con il diritto di abitazione si possono ospitare altre persone?

La risposta a questa domanda non è immediata e univoca. Per questo motivo necessita di un approfondimento e di alcune precisazioni. In linea generale il titolare del diritto di abitazione può ospitare altre persone all'interno dell'immobile, anche in modo stabile. Questo dipende dal fatto che non sono previsti limiti quantitativi all’utilizzo, ma solo qualitativi. Nonostante questo, però, ci sono delle specifiche da rispettare.

La più importante ed essenziale riguarda proprio la natura dell’uso che deve rimanere strettamente personale. Nella pratica questo vuol dire che non è possibile affittare camere o subaffittare l’intero appartamento ad altri. In questo modo, infatti, si andrebbe a cedere il proprio diritto a terzi, contravvenendo alla clausola essenziale e rischiando di subire delle conseguenze poco piacevoli. In virtù di questo, infatti, il proprietario dell’immobile può agire legalmente per far cessare la situazione, chiedendo la revoca del diritto assegnato.

Un portachiavi rosso a forma di casa su di un tavolo di legno
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Cosa deve pagare chi ha il diritto di abitazione?

Il titolare di un diritto di abitazione trae una chiara agevolazione economica da questo privilegio. Per questo motivo, dunque, è giusto che sostenga delle spese per la manutenzione dell’immobile. Nello specifico alcune voci sono dichiaratamente a suo carico come il pagamento delle spese condominiali, le utenze e l’IMU.

Ma come affrontare i lavori di manutenzione straordinaria come la sostituzione del tetto o dell’impianto elettrico? In un normale modello di contratto di locazione questi interventi sarebbero a carico del proprietario dell’immobile. In questo caso, però, sussiste un diritto abitativo totalmente gratuito. Questo vuol dire che il titolare del diritto dovrà partecipare alle spese straordinarie in proporzione al valore della sua quota, se si trova all’interno di un condominio. Lo stesso vale nel caso di una abitazione indipendente. In quest’ultimo caso, però, è possibile giungere a un accordo con il proprietario dell’immobile attraverso un precedente accordo scritto e piuttosto dettagliato.

Quando scade il diritto di abitazione?

Nulla è per sempre, neanche il diritto di abitazione. D’altronde la sua stessa natura personale legata a una precisa necessità, nasconde in sé l’esistenza di un termine. Andiamo a vedere nello specifico, però, quali sono i casi in cui il diritto di abitazione scade facendo una prima distinzione tra durata determinata e indeterminata:

  • Durata determinata: prevede il diritto solo per un periodo di tempo preciso. Alla sua scadenza cessa automaticamente. Un esempio potrebbe essere rappresentato da una sentenza di divorzio in cui l’uso dell’immobile viene assegnato all’ex coniuge fino al raggiungimento della maggiore età dei figli o fino al termine del loro corso scolastico, compreso quello universitario.
  • Durata indeterminata: in assenza di un termine, il diritto può durare a tempo indeterminato per garantire, ad esempio, un’abitazione a una persona anziana o a una categoria socialmente fragile.

La durata, ovviamente, viene stabilita all'attribuzione del privilegio.

Quando si perde il diritto di abitazione

Stabilito questo, però, è il caso di andare a vedere nello specifico le cause che possono portare all’estinzione del diritto di abitazione:

  • Decesso del titolare: la scomparsa del titolare del diritto, porta ad estinguere qualsiasi privilegio, salvo che sia stato previsto diversamente nel testamento o in altri atti.
  • Rinuncia del titolare: si ricorda che il titolare può rinunciare in qualsiasi momento al diritto di abitazione.
  • Perdita dei requisiti: il diritto di abitazione si fonda sul bisogno di una casa. Se il titolare cessa di avere questa necessità per soddisfare le proprie esigenze abitative, il diritto può essere revocato.
  • Revoca giudiziale: in alcuni casi, un giudice può revocare il diritto di abitazione, ad esempio se il titolare non rispetta gli obblighi connessi al diritto stesso.

Un caso particolare è rappresentato, poi, dalle separazioni e divorzi. Il coniuge che ha ottenuto il diritto di abitazione, infatti, può perderlo in conseguenza alla convivenza con un nuovo partner e per il mancato pagamento delle spese. A questo si aggiunge una casistica positiva, ma piuttosto rara. Si tratta della riconciliazione dei coniugi, che decidono di sospendere qualsiasi tipo di azione legale.

Il titolare può registrare presso l’Agenzia delle Entrate un contratto che sia già stato firmato in maniera digitale. Idealista offre ai proprietari e agli agenti immobiliari un servizio gratuito per la creazione di contratti di affitto con firma online.

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