"Stiamo scardinando il mondo: non c'è ancora un nuovo ordine, ma la frattura tra i Paesi democratici e gli altri rischia di creare divisioni permanenti", dice a Repubblica Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit. "La fase è drammatica, anche economicamente perché tutte le catene del valore vanno ricostruite. E il rischio maggiore è che la situazione degeneri, e le economie frenino molto più delle attese: anche se finora tutti gli indicatori non segnalano recessione". Se poi la recessione arrivasse, Unicredit "ci entrerà nel miglior modo possibile, con un modello che macina il 10% di redditività, è sempre più efficiente e da sei trimestri, contro le attese di molti, riesce a creare capitale oltre che utili sostenibili".
Orcel spiega le cause della perdita di Unicredit di quasi il 40% dall'inizio della crisi ucraina: "Ci sono tre cause. Una, i mercati in questi mesi sono molto preoccupati e agiscono anche d'impulso, vendendo le banche perché più cicliche. Due, chi investe guarda la resilienza dei titoli nelle crisi passate, e Unicredit non ha performato bene dal 2008 in poi. Tre, siamo percepiti come banca molto dipendente dall'Italia: e in questi anni, anche per motivi macro, non è mai stato facile convincere gli stranieri a comprare banche italiane nelle crisi. Non credo i timori degli investitori siano del tutto giustificati, è più un tema di percezione: l'Italia ha fondamentali robusti. E quanto a Unicredit, i conti mostrano che abbiamo livelli massimi di solidità, qualità dei rischi e redditività".
Sul voto anticipato aggiunge: "Ritengo che qualunque sia il prossimo governo non potrà deviare troppo dalla direzione di marcia attuale. A guidarlo in tal senso sarà la situazione economica, i fondi del Pnrr, i rischi di frammentazione finanziaria nell'Ue".
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