Nessun nuovo caso Lehman Brothers, ma è da segnalare il fatto che il PIL cinese va incontro a un rallentamento. È troppo presto però per dire quali saranno le conseguenze per le altre economie
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Stefano Caselli, Direttore della SDA Bocconi School of Management e professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi
Stefano Caselli, Direttore della SDA Bocconi School of Management e professore ordinario di Economia degli intermediari finanzia

In crisi dal 2021, il colosso immobiliare cinese Evergrande ha presentato a metà agosto la richiesta di protezione dal fallimento secondo il capitolo 15 in un tribunale di New York, a Manhattan, destando preoccupazioni per le possibili conseguenze sul sistema finanziario globale. Per cercare di capire cosa sta accadendo, quali potrebbero essere i rischi e i risvolti di questa vicenda, idealista/news ha intervistato Stefano Caselli, Direttore della SDA Bocconi School of Management e professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi.

Ha fatto notizia la presentazione a New York della richiesta di protezione dal fallimento da parte del colosso immobiliare cinese Evergrande, da tempo in grande difficoltà, e si sono temute conseguenze sul sistema finanziario globale. Timori infondati?

“Secondo quanto sta emergendo, ad oggi non si vedono all’orizzonte dei rischi di contagio come è avvenuto – se vogliamo fare un paragone – ai tempi di Lehman Brothers. Ovviamente si tratta di un fatto molto serio, perché stiamo parlando di un operatore di dimensioni gigantesche. Stiamo parlando della Cina, del 2/3% del PIL cinese. Ma parlare oggi di un effetto contagio è difficile”.

Perché?

“Principalmente per due aspetti:

innanzitutto, in questa vicenda – pur essendo la società quotata a New York – i finanziatori sono prevalentemente cinesi, quindi le banche esposte sono prevalentemente cinesi, e questo riduce i rischi di contagio;

poi questo operatore lavora su un mercato specifico, costituito dagli immobili residenziali cinesi, i quali sono stati di fatto acquistati soltanto da cittadini cinesi. Quindi, sia sul lato dei finanziamenti che sul lato degli acquisti, Evergrande è un sistema ‘chiuso’”.

Questo mette al riparo dal rischio di contagio?

“In base a quanto emerso finora, il rischio di contagio è molto limitato. Certo è che, se si dovesse scoprire che sono coinvolte delle banche non cinesi, ad esempio delle banche europee o americane, allora la prospettiva cambierebbe. Ma questo non sta emergendo ed Evergrande i problemi li ha già da due anni.

Sono mesi che si sta parlando di questo colosso immobiliare cinese e non sembra esserci un coinvolgimento di questo tipo. Soprattutto, non sono coinvolti investitori nell’acquisto di immobili, quindi i rischi di contagio ad oggi sono limitati.

In senso finanziario, oggi non ci sono gli elementi per parlare di un ‘effetto contagio’.

Quello che può accadere è che Evergrande venga utilizzato come ‘pretesto’, come ‘segnale’, per cominciare a rallentare la corsa del prezzo degli immobili. Ciò è probabile, ma è difficile chiamare contagio questo effetto, in quanto è qualcosa che fa parte della normale dinamica economica e dei cicli di mercato”.

Non c’è dunque una rischiosa similitudine con la crisi del 2008 di Lehman Brothers?

“No, perché questa è una vicenda chiaramente circoscritta alla Cina. I finanziatori e gli investitori sono cinesi, quindi è difficile ad oggi parlare di ‘effetto contagio’. Questa vicenda genererà delle conseguenze pesanti in Cina, ma non oltre i suoi confini. Lo stiamo vedendo in questi giorni, in queste settimane: non stanno emergendo altre vicende analoghe, non stanno crollando altri prezzi di Borsa, questo perché il mercato sta leggendo correttamente la vicenda, che è una vicenda cinese”.

Lo stesso discorso vale per Country Garden?

“Lo schema di gioco è lo stesso. Certamente, questi due casi porteranno delle conseguenze in Cina”.

Di che tipo?

“Ci sarà un rallentamento del PIL.

Continuo a pensare che la Cina crescerà meno del 5% annunciato, che è già poco. È difficile quantificare la portata di questo rallentamento, ma è probabile una frenata del PIL. Ci saranno sicuramente delle forti conseguenze interne, perché Evergrande aveva investito in aziende in Cina”.

E quali sono le possibili conseguenze della frenata del PIL cinese sull’economia globale?

“È troppo presto per dire che conseguenze avrà questa frenata del PIL cinese per le altre economie. Ma che non abbia conseguenze lo dubito.

L’ipotesi che il PIL cinese freni e che il resto delle economie mondiali rimanga immune direi che è da escludere, ma è troppo presto per dire quali effetti la frenata cinese avrà sugli altri PIL. Sicuramente avrà un effetto sul commercio internazionale. 

Non necessariamente sarà una conseguenza negativa. Una delle possibili conseguenze potrebbe essere infatti che diversi Paesi decidano di riportare all’interno delle attività che oggi sono in Cina”.

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Cosa può insegnare questa vicenda?

“La vicenda secondo me è importante per il sistema BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Quello che sta emergendo è che le economie possono crescere, ma a un certo punto hanno bisogno veramente del mercato.

La Cina presta molta attenzione alla crescita del patrimonio immobiliare, ma questo patrimonio immobiliare per funzionare ha bisogno di un mercato, di persone che possano comprare e vendere e che non siano solo cinesi.

Questa vicenda ci insegna che per svilupparsi in modo compiuto un Paese ha bisogno del mercato e il mercato ha bisogno di democrazia, che i diritti esistano.

Ecco perché questa vicenda è potenzialmente interessante – ed anche un monito - soprattutto per gli altri BRICS”.

Evergrande ha ripreso le contrattazioni alla Borsa di Hong Kong e nella prima giornata il titolo è crollato. Ha inoltre rinviato gli incontri con i creditori. Cosa significa tutto questo?

“Sono trascorsi pochi giorni, quindi il fatto che non si stia ancora arrivando all’accordo con i creditori non è un segnale particolare. Ma è chiaro che senza l’accordo con i creditori è difficile che il prezzo di Borsa voli. Non è una sorpresa.

C’è però un particolare aspetto da capire e che determinerà il tipo di partita che si andrà a giocare: con il prezzo caduto dell’80%, Evergrande – lo dico con molta cautela – paradossalmente può diventare molto interessante. Bisogna quindi vedere che partita giocheranno gli investitori internazionali nel voler comprare a poco un patrimonio che potrebbe essere interessante.

Questo potrebbe aprire degli scenari abbastanza nuovi. I cinesi consentiranno che degli investitori internazionali mettano le mani sul loro patrimonio immobiliare? L’interrogativo è di notevole interesse”.

Come andrebbe risolta questa crisi?

“Questa crisi andrebbe risolta come tutte le crisi, ossia far sì che gli investitori facciano il loro lavoro, realizzando una ristrutturazione con regole di mercato. Così però la Cina si troverebbe con un pezzo del proprio patrimonio immobiliare in mano ad altri. È disposta ad accettarlo? Questo è il grande interrogativo.

La Cina è a un bivio, si trova di fronte a due scenari difficili.

Per risolvere questa vicenda brutta ed enorme o continua a fare la Cina di sempre, per cui è lo Stato che si compra tutto e quindi il Paese finisce per chiudersi ancora di più, ma questo non sarebbe un bel segnale; oppure accetta che gli investitori internazionali comprino e questo sarebbe un fatto sorprendente perché vorrebbe dire una vera apertura. La Cina è a un bivio molto importante”.

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