La Spagna è attualmente in una fase d’oro che la pone alla testa della crescita europea. Merito di una combinazione di fondi europei straordinari, forte attrazione degli investimenti esteri, dinamismo demografico e recupero post-pandemico. Ma questa corsa ha anche una doppia faccia: se da un lato le prospettive rimangono favorevoli, dall’altro ci sono vari rischi — dal surriscaldamento immobiliare alla dipendenza dagli stimoli esterni — che potrebbero frenare il trend nei prossimi anni.
Occupazione record per la Spagna
Nel mese di ottobre, la Spagna ha registrato un aumento di occupati pari a 141.926 unità rispetto a settembre, ovvero un incremento dello 0,65%. Si tratta del secondo miglior risultato per un ottobre nella serie storica del Paese, superato solo da quello del 2021.
Parallelamente, anche la disoccupazione è cresciuta: +22.101 persone rispetto al mese precedente, con un aumento dello 0,91%. Tuttavia, questo incremento risulta essere circa il 65% in meno rispetto all’aumento medio degli ultimi anni nello stesso mese. Il numero totale dei disoccupati si è fermato a circa 2,44 milioni, il livello più basso registrato per un ottobre dal 2007.
Questi dati hanno portato il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez a sottolineare il ruolo della Spagna come “locomotiva” nella creazione di posti di lavoro in Europa.
Le ragioni del boom economico
Il Paese iberico sta crescendo ad un ritmo notevole: dal 2024 l’economia spagnola viaggia intorno al +3% annuo, rispetto a poco più dell’1% della media dell’area euro. Diversi fattori spiegano questo boom:
- I fondi del programma Next Generation EU (NGEU) dell’Unione europea, di cui la Spagna è il secondo maggior destinatario dopo l’Italia.
- Una struttura produttiva più diversificata e aperta agli investimenti stranieri: tra il 2015 e il 2024, la Spagna ha attratto circa 304 miliardi € di investimenti esteri diretti, contro i circa 191 miliardi italiani registrati nello stesso periodo.
- La forte ripresa del turismo dopo la pandemia.
- Il costo dell’elettricità comparativamente basso rispetto ad altri Paesi europei, nonché riforme del lavoro e un quadro normativo più favorevole agli investimenti stranieri.
Il fattore immigrazione
Secondo quanto riportato dal Financial Times, un elemento decisivo è stato l’approccio più “liberale” all’immigrazione. Dal 2022 la Spagna ha avuto un afflusso medio di circa 600.000 migranti all’anno.
Inoltre, molti degli immigrati provengono da Paesi dell’America Latina, il che facilita l’integrazione grazie a lingua e cultura comuni, secondo l’economista Carlo Cottarelli.
Prospettive e rischi all’orizzonte
Le previsioni per il futuro continuano ad essere positive: il International Monetary Fund (FMI) ha indicato la Spagna come l’economia avanzata in più rapida crescita, rivedendo al rialzo la crescita prevista per il 2025 al 2,9%, dopo un +3,5% nel 2024. Gli analisti di Goldman Sachs stimano una crescita dell’economia spagnola dell’1,9% nel 2026 e dell’1,7% nel 2027 (contro le precedenti previsioni di 1,5% e 1,6%). Tuttavia, non mancano i segnali di allarme:
- C’è una ripresa dei prezzi immobiliari che appare sostenuta e che potrebbe pesare negativamente sui consumi interni.
- Il termine dei fondi europei del Next Generation EU nel 2026 rappresenta un’incognita: senza quell’«arma» di stimolo, gli investimenti potrebbero rallentare significativamente.
- L’incertezza politica ha già rallentato, quest’anno, l’intensità di spesa di tali fondi: il 2025 potrebbe essere il primo anno in cui l’impiego di queste risorse non crescerà su base annua.
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