
A volte si tratta di semplici rami che si estendono oltre al confine o ai balconi delle singole unità immobiliari, altri di grandi alberi o siepi ormai ingestibili: le controversie relative alle piante che invadono la proprietà altrui sono di certo fra le più comuni nei contesti condominiali. Ma come si affrontano le questioni relative alla vegetazione troppo cresciuta? E, soprattutto, chi deve intervenire per ripristinare le porzioni invase al loro stato originario?
Cosa fare se i rami del vicino invadono la mia proprietà
Nei contesti condominiali, una delle situazioni più frequenti riguarda le piante del vicino che invadono la proprietà altrui. Nella maggior parte dei casi si tratta di rami che, data una crescita incontrollata, raggiungono il giardino, il balcone o le finestre delle unità immobiliari limitrofe. Cosa fare in questi casi?
Quando i rami raggiungono il balcone o il giardino
Quando i rami delle piante del vicino si estendono fino al proprio balcone, coprono le finestre oppure invadono il giardino, il primo passo è contattare il proprietario in modo informale, spiegando il proprio disagio. I rami non potati potrebbero infatti impedire la normale fruizione dei terrazzi, determinare un’ombreggiatura non voluta o, ancora, impedire la corretta apertura delle finestre.
Se il tentativo non dovesse avere gli effetti sperati, è possibile procedere con una lettera di diffida, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Quest’ultima dovrà indicare:
- il termine massimo per la potatura dei rami, ad esempio 15 giorni;
- l’articolo 896 del Codice Civile, che disciplina appunto la gestione dei rami e delle radici sporgenti. Quest’ultimo prevede che il proprietario di un fondo, o di un’unità immobiliare, può imporre al vicino di potare i rami delle piante che varcano il confine.

Non si potrà procedere autonomamente alla rimozione della vegetazione in eccesso: tagliare i rami dell’albero del vicino è reato in caso di dolo e danno grave, ai sensi dell’articolo 635 del Codice Penale, e costituisce comunque un illecito civile per danneggiamento della proprietà altrui. L’articolo 896 consente di tagliare autonomamente solo le radici che superano il confine, ma non i rami, salvo espressa autorizzazione del proprietario o del giudice.
Se nemmeno la lettera di diffida dovesse sortire gli effetti sperati, si potrà adire le vie legali per gestire le piante del vicino che invadono il proprio giardino. Attraverso una causa civile, il giudice potrebbe imporre l’intervento di potatura e concedere l'eventuale risarcimento dei danni subiti, ai sensi dell’articolo 2043 del Codice Civile.
Il ruolo dell’amministratore di condominio
È più che lecito chiedersi se l’amministratore, all’interno di un contenzioso per i rami del vicino nel proprio giardino, possa avere un ruolo attivo. L’amministratore può intervenire su casi specifici, ad esempio se i rami si estendono nelle parti comuni o se la loro presenza è contraria alle norme del regolamento. L’articolo 1130 del Codice Civile, infatti, attribuisce allo stesso amministratore il ruolo di tutelare le parti comuni e il rispetto del regolamento condominiale.
In questi casi, il professionista può:
- assumere un ruolo di mediazione fra le due contrapposte parti;
- sollecitare il proprietario degli alberi a intervenire.
Tuttavia, in controversie tra proprietà esclusive, l’amministratore non ha poteri coercitivi diretti per obbligare il proprietario alla potatura, salvo che il problema non coinvolga il decoro architettonico o la sicurezza delle parti comuni.
Anche in questo caso, è bene specificare che per le piante del vicino nel proprio giardino non è possibile intraprendere iniziative autonome quali la potatura dei rami, per evitare la già citata probabilità di un illecito civile per danneggiamento o, in presenza di dolo o danno grave, conseguenze penali.
Siepi e alberi che invadono la proprietà altrui
Nei contesti condominiali, si verificano di frequente diatribe sulla gestione di siepi e interi alberi che invadono la proprietà altrui, ad esempio fra due giardini privati adiacenti. Innanzitutto, è bene sapere che l’articolo 892 del Codice Civile stabilisce le distanze minime delle piante dal confine tra proprietà private:
- tre metri per gli alberi ad alto fusto, come noci, castagni, querce, pini, cipressi, olmi, pioppi, platani e simili;
- un metro e mezzo per gli alberi non ad alto fuso;
- mezzo metro per viti, arbusti, siepi vive e piante da frutto di altezza non superiore ai due metri e mezzo;
- un metro per siepi di ontano, castagno o piante simili, recise ciclicamente vicino al ceppo;
- due metri per le siepi di robinie.
Queste distanze si applicano però solo tra proprietà private e non nei confronti di aree pubblico o condominiali, salvo diversa previsione regolamentare, e possono anche variare in base a regolamenti locali o consuetudini di zona.
Cosa posso fare se la siepe del vicino invade la mia proprietà
Similmente a quanto accade per i rami del vicino nel proprio giardino, anche per le siepi oltre il confine, il proprietario del fondo invaso può richiedere la potatura, come previsto dall’articolo 896 del Codice Civile.
Mentre il taglio dei rami non può avvenire senza autorizzazione, oppure per decisione del giudice, il già citato articolo 896 prevede una gestione diversa per le radici. Queste ultime possono essere tagliate autonomamente dal proprietario del giardino invaso.
In caso si renda necessario un intervento da parte del vicino, la procedura è la medesima vista in precedenza:
- si può inoltrare una lettera di diffida, tramite raccomandata, chiedendo la potatura delle siepi, indicando un tempo massimo e l’articolo 896 del Codice Civile. Se necessario o utile, si può chiedere anche la mediazione da parte dell’amministratore di condominio;
- se la richiesta viene disattesa, si potrà procedere con una richiesta in tribunale, incluso l’eventuale risarcimento dei danni, sempre come previsti dall’articolo 2043 del Codice Civile.
Cosa posso fare se il vicino non pota le piante
Cosa fare, invece, se il vicino non procede alla ciclica necessità di potatura delle piante, lasciando alberi e siepi privi di manutenzione, tali da arrecare fastidio o danno alle proprietà limitrofe?

Anche in questo caso, si procede sempre con la lettera di diffida, citando l’articolo 896 del Codice Civile, valutando poi un’azione legale se la richiesta non dovesse sortire alcun effetto. Tuttavia, possono essere previste delle azioni aggiuntive:
- se il disturbo è subito da più condomini, è in violazione del regolamento condominiale o riguarda anche le parti comuni dello stabile, può intervenire l’amministratore, ad esempio convocando l’assemblea condominiale per discutere della questione;
- se l'incuria di piante, rami e siepi può rappresentare un pericolo a terzi - ad esempio, causano ostruzioni alle limitrofe strade o sono pericolanti - oppure alla salute pubblica, si può richiedere l’intervento delle autorità.
Foglie, cortecce e detriti nel proprio giardino
Vi è poi un ulteriore problema da considerare: se le piante del vicino sporcano, la caduta di foglie, cortecce, frutti o detriti può rendere inutilizzabili balconi, giardini di proprietà o aree comuni del condominio.
L’articolo 844 del Codice Civile tutela i proprietari dalle immissioni altrui che superano la normale tollerabilità, come odori sgradevoli o sporcizia eccessiva. In genere, l’orientamento della giurisprudenza è quello di considerare la normale caduta delle foglie come un disagio tollerabile, tuttavia effetti più gravi - l’ostruzione delle grondaie oppure l’accumulo di detriti che attirano animali pericolosi per l’igiene - possono giustificare un intervento.
Si consiglia di documentare il problema con fotografie o testimonianze e inviare una diffida scritta al vicino, richiedendo la potatura o la pulizia periodica. Se necessario, si può coinvolgere l’amministratore di condominio per una mediazione, soprattutto se il problema riguarda le parti comuni. Qualora la diffida non abbia effetto, si può intentare causa per ottenere un provvedimento dal giudice, che valuterà se le immissioni superano la normale tollerabilità.
In presenza di controversie, è opportuno chiedere un parere al proprio legale di fiducia o, se il problema riguarda le parti comuni, all’amministratore di condominio, per scegliere il percorso più adatto per affrontare la questione definitivamente.
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